🌻~ 15 Pugnale inciso ~🌻

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Blame's on me - Alexander Stewart

You will be found - Sam Smith, Summer Walker

My Life - Imagine Dragons

Hero - Alan Walker, Sasha Alex Sloan

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Arrivai a casa dei miei genitori dopo un viaggio interminabile, intervallato da lunghe soste nel deserto, trascorse a leggere più e più volte il papiro di papà. Tornare al mio quartiere era bello, una volta, quando era ancora possibile abbracciare mio padre e perdersi nello zaffiro dei suoi occhi. Ma quella sera di bello non c'era nulla, perché quando iniziai a intravedere il vialetto alberato di casa, nel quartiere residenziale di Garden City, al Cairo, giurai di sentire il mio cuore salire in gola. Non era emozione. Era disgusto. Perché l'ultima volta che lo avevo percorso, avevo perso mio padre. Non sentivo più le campane nell'aria, non sentivo il miele in bocca perché quel momento aveva tutt'altro sapore: quel momento era amaro come un caffè che credevo di aver zuccherato. E nell' avvicinarmi a casa vidi frammenti della mia vita passata come se stessi osservando degli spiriti evanescenti compiere le stesse azioni in un copione già scritto e ormai immutabile: vedevo me stessa mentre correvo in giardino dopo aver sentito il rombo della moto di papà. Vedevo papà, sul dondolo insieme a mamma, alla luce della luna, a mangiare un gelato. E lo vedevo leggere un libro con me, sulle sdraio al primo sole estivo. Vivevo continuamente quelle immagini e le riportai alla mente come una mano che si trascina su un finestrino appannato per poi trovarlo nuovamente opaco.

Quando parcheggiai davanti allo stabile in cortina, mi presi un istante per farmi coraggio ed entrare finalmente in casa, cercando con gli occhi la mia Sirio.

Sopdet.

Strizzai gli occhi scuotendo la testa a quel ricordo, tornando a guardare fuori dal finestrino. E quella sera era pura magia, perché il buio aveva coperto il cielo come una trapunta e come una piccola fiaccolata, ne aveva riempito il tessuto di stelle. Scesi dall'auto osservando le ville a schiera brillare di calore accanto alla mia come un piccolo presepe: da ogni finestra avrei potuto osservare lo spaccato di vita di ciascuno. Non che fossi una guardona, quello no, ma mi aveva sempre incuriosito vedere quanta vita ci fosse nelle altre famiglie. Capire quanto fossero felici gli altri: vedere una mamma cucinare per la propria famiglia, una coppia guardare insieme la TV o una bimba che gioca con il nonno sul tappeto.

Mi girai verso casa dei miei e vidi solo un velo invisibile di tristezza, avvolgerla come una busta. Niente aria. Niente vita. Solo morte.

Finché non vidi Mariam, una ragazza egiziana della mia età, uscire sul vialetto privato per portare a spasso il suo cagnolino, Pin. Ma Mariam non era solo questo. Perché è sul divano dei suoi genitori che ho vissuto gli ultimi mesi di papà. Intercettò il mio corpo ammaccato, racchiuso nella felpa di Amos, assieme all'espressione tipica di chi aveva perso tutto, di nuovo.

«Raj?! Sei tu?»

Raj.

«Mari!» Tirai fuori il mio sorriso migliore, timida, nella speranza che non vedesse le bende sulle gambe. O i pugnali. Perciò allungai la felpa come fosse un vestito troppo corto.

«Oh, vieni qui! Fatti abbracciare!» Mi persi nella delicatezza del suo hijab blu notte e nella forza del suo abbraccio, perché lei era questo: brezza estiva e tornado. E per un breve istante respirai aria di casa: quella dei miei diciotto anni e del nostro primo incontro, quando vidi i suoi occhiali da vista spuntare sotto la porta basculante semiaperta del mio garage, mentre ruotavo letteralmente sulla piccola trave da ginnastica.

꘡ᥨ کഠᥨ୧ ꘡ῃ۷ỉيỉⰓỉᥨ୧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora