🌻~ 18 Anubi ~🌻

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All That Really Matters - ILLENIUM, Teddy Swims

Read All About it - Emeli Sandé

Bad Liar - Imagine Dragons

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Era la prima volta che mi ritrovavo lì davanti a lui, senza spettatori, senza falsi sorrisi e occhi di pietà. Fu come un primo appuntamento, un disastroso primo appuntamento. Non sapevo cosa dire. Non trovavo argomenti. Volevo dire tutto e non dire niente. Perciò mi presi un momento, o forse qualche ora, prima di ritrovare le parole. Girai attorno alla lapide di papà, alle cui spalle, nello stesso blocco c'era mamma.

Fui la prima a non volere che lei stesse per terra, come le lapidi attorno a me. Perché nel mio immaginario volevo che continuasse a vedere la luce del sole, che non stesse al di sotto dei piedi di noi mortali, o che non fosse chiusa a chiave come una reliquia. Attorno a quel piccolo tempio avevamo ricreato un cortiletto in ciottoli bianchi, separando il resto del mondo con un cancelletto in ferro laccato di bianco, alto fino alle ginocchia.

Tutti erano i benvenuti e la luce aveva l'accesso prioritario. Quanto al mio sole, tornai finalmente da lui, facendo scorrere la mano su quell'immagine così sorridente e così piena di vita. Avevamo appena comprato la sua moto: io e mamma gli scattammo quella foto nell'istante in cui era montato per la prima volta sulla sella. Tutto era perfetto nel suo sguardo: gli occhi sorridenti, lo sguardo sognante, le guance piene che rendevano il suo viso ancora più tondo e dolce. Era vita. Una vita di gioia incassata nel freddo del marmo. Quella sera prendemmo la pizza, perché era abitudine per noi celebrare tutto ciò che la fortuna ci offriva. Eravamo felici, avevamo tutto e per tutto non parlo di ricchezze di un milionario, perché la vera ricchezza ce l'avevamo noi. Perché avevamo le nostre passioni, le nostre sere d'estate sul dondolo di casa. Avevamo le notti d'inverno passate sotto le coperte, al caldo, tra le coccole.

«Odio vederti così, dal basso» dissi carezzando la sua foto, alzandomi in punta di piedi.

Rimasi in silenzio per quella che sembrò un'eternità, per poi parlare di nuovo, con una mano nella tasca e l'altra che stringeva il thermos: «sono pessima, ti ho portato un caffè che non sa di niente e nemmeno un girasole.» Guardai la punta delle mie sneaker a disagio per non prestare attenzione al vaso di fiori vuoto. «Perché non mi hai detto niente?» Tornai al suo sorriso, cercando in qualche modo di rimproverarlo. «Della maledizione, di me? Dell'ankh?» chiesi con un nodo alla gola. Ma sapevo che la risposta da quella foto non sarebbe mai arrivata, finché qualcos'altro, dietro il vaso non attirò la mia attenzione.

Un girasole stabilizzato.

«Cosa?» Ne sfiorai la superficie quadrata.

«Ti avevo detto che ai fiori ci avrei pensato io.»

Amos.

Mi voltai verso di lui, mentre mi osservava poggiato al lampione nero come la rabbia che provavo nei suoi confronti, circondato da una nebbia fitta improvvisamente caduta su di noi.


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