Maledetta connessione.
Il ciondolo bruciava sotto la pressione dei polpastrelli e credetti di spezzarlo assieme ai denti, quando un tonfo sordo attirò il mio sguardo verso l'ingresso.
Fa che non sia l'ennesimo telegramma.Alzai gli occhi al cielo abbandonando lo sfondo bianco del sito web andato in tilt.
Non avrei mai fatto in tempo.
Calanthe sarebbe tornata a minuti.Scesi controvoglia dal divano, inciampando nella valigia aperta come una trappola a scatto, complice della coperta aggrappata attorno alla mia gamba dimagrita e dei panni ancora gelidi di quella passeggiata mattutina.
Iniziai a studiare il rettangolo lanciato attraverso la fessura dorata della porta come fosse una molotov proveniente da un universo parallelo di cui ero stanca di leggere missive dal fronte.
Non era una lettera.
Troppo grande.In quelle tre settimane ne avevo ricevute fin troppe. Mi strinsi nella vestaglia a gufo appena indossata, prima di prendere tra le mani il pacchetto in carta Kraft pesante e malconcio che mi implorava di aprirlo. Ma non diedi retta a quella voce. Perché il problema non era il biglietto che lo accompagnava, ma il timbro cremisi che rese il contorno di quella stanza improvvisamente sfocato.
Era egiziano.
Quanto alla data... Impossibile.
Sgranai gli occhi.
Era uno scherzo. E di cattivo gusto.Aprii la porta di casa con l'avambraccio bendato ancora dolorante, con la speranza che Shay fosse ancora nei paraggi. L'aria gelida del mattino mi investì il viso come l'acqua di un ruscello. Osservai la poesia dell'autunno newyorkese prendere vita con i suoi colori, mentre guanti di foglie dalle striature aranciate, rosse e gialle, salutavano il cielo. E poi lo vidi. Scovai il rame delle sue ciocche in quel cumulo di venature cadenti.
«SHAY!»
«RAJAH!»Okay, forse ho urlato un po' troppo.
Mi sorrise con l'aria dolce dei suoi occhi artici mentre infilava la busta nella porta bianca di fronte alla mia, lungo quella via così silenziosa e fuori dal tempo nel quartiere di Park Slope, a Brooklyn. Il mio rifugio. La cornice di una favola moderna, teatro di vicini sorridenti che si salutano da scale ornate da eleganti corrimano neri in contrasto con le facciate di mattoni rossi.
Agitai il pacchetto nella mano come fosse un saluto, abbassando la voce, per la gioia di quel vicinato dormiente.«Vuoi entrare per un caffè al volo?» Dovevo chiedergli di quel timbro. «Devi accontentarti di quello della macchinetta, però. Oggi niente moka» dissi in un sorriso rilassato. «Ho perso la cognizione del tempo.»
«Alla fine l'hai fatto.» Sorrise indicando l'avambraccio col mento.
Misi un dito davanti alla bocca. «Stamattina» dissi fiera.
«Ma non lo sa nessuno, nemmeno Calanthe» sussurrai guardandomi intorno sperando non fosse nelle vicinanze.
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꘡ᥨ کഠᥨ୧ ꘡ῃ۷ỉيỉⰓỉᥨ୧
FantasiaDue filamenti di DNA, due trame dello stesso destino, intrecciate nella storia fino ad arrivare ai giorni nostri. O più precisamente, all'anno in cui Seth, il dio del deserto e del caos mi trovò. Questa è la mia maledizione. E quella di mio padre. S...