Capitlo XLVIII

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Chuuya provò a girare lo sguardo verso il suo interlocutore ma non ce la faceva, era sballottato da troppe sensazioni schifose. Di certo voleva arrivare al bagno il prima possibile, così a carponi ricominciò il suo viaggio della speranza verso quel luogo così vicino ma così lontano. Dazai continuava a fissarlo dall'uscio della stanza, senza entrarci, per paura di contaminare lo spazio privato di quell'essere che all'apparenza sembrava più un verme che una persona.
Quando finalmente il rosso riuscì ad aggrapparsi al lavandino si alzò in piedi a fatica e si sciacquò con l'acqua tiepida. Avrebbe preferito quella fredda ma era estate e il sole picchiava forte dappertutto.

Che faccia orrenda.

Ho di nuovo i miei ricordi.

Meglio dimenticarli, non ci voglio pensare.

Mi sento uno schifo.

Sebbene di per sé non sentisse chissà quale dolore interiore, né esteriore, nella sua testa c'era la consapevolezza che peggio di così non potesse stare. Senza averci nemmeno pensato, con la mente tornò a prima, a cinque minuti fa quando l'unica soluzione sembrava tagliarsi.

Dovrei farlo?
Basta non mi interessa.

Non pensava più ai suoi successi, non pensava alle conquiste a cui era arrivato: ora pensava solo a farsi tremendamente male.
Aprì i cassetti che c'erano in bagno uno ad uno ma erano vuoti. Si ricordò nuovamente di non essere a casa sua. Aprì per ultima l'anta vicino allo specchio, e lì trovò ironicamente delle lame di.... chissà cosa, dei dischetti, il disinfettante, garze e bende.
Nel frattempo per via dei rumori il castano (che già aveva intuito) invase la stanza entrando e appoggiandosi con la spalla allo stipite della porta del bagno in una posizione che gli consentiva di guardare il rosso.

- "Li hai messi tu questi?"

- "Sì. Speravo li trovassi."

- "Cosa ti fa pensare che io abbia intenzione di usarli?"

- "Basta guardarti in faccia. Ci sei davvero rimasto così male prima?"

Il rosso non rispose. Pensò solo al fatto che Dazai fosse sempre un passo avanti. Noncurante della presenza dell'altro, Chuuya prese in mano uno di quei cosi che sembravano decisamente più spessi rispetto alle solite lamette da rasoio.
Il castano lo guardava incredibilmente interessato: non era come le altre volte. La differenza ora era lampante, Chuuya non stava per farsi del male solo perché pensava di meritarlo, o perché volesse attirare l'attenzione. Questa volta stava per farlo per il puro piacere di farlo. Come se fosse spinto dalla stessa motivazione che può dare un orgasmo.
Dazai restò zitto in attesa che succedesse qualcosa, speranzoso che le sue premonizioni si avverassero. Rimase a braccia conserte ad analizzare il più piccolo, il quale non si stava minimamente curando di lui, mentre finalmente con decisione si incise nel profondo la carne. La lama non era affilata come le altre volte, non fu rischioso, ma il risultato di certo fu meritevole di tutta quella attesa: goccioloni di sangue correvano lungo il braccio del rosso quasi scavandone il percorso. Un sospiro tra dolore e sollievo lasciò la bocca del più piccolo al quale prese un brivido lungo la schiena. Stupito dalla difficoltà con cui si tagliasse la carne (e dal dolore più intenso) proseguì a farne altri. Sempre più profondi. Ad ogni taglio emetteva un gemito di dolore che veniva seguito da una inebriante sensazione di piacere.
Dazai lo ammirava, estasiato. Non osò parlare per paura di interromperlo; ammirava come si sforzasse di farsi sempre più male, non voleva toccarlo per nessuna ragione, quasi come fosse un'opera in un museo. Pensò tra sé che se a Chuuya quel momento stava piacendo, allora era vero che stavano diventando la stessa cosa.
Quando il rosso ebbe finito tirò un sospiro di sollievo, posò la lama sul lavandino e senza esitazione si avvicinò al castano, il quale restò immobile, e lo baciò.
Il gesto venne ricambiato e lentamente si amalgamarono tra loro attraverso le labbra, la lingua, gli abbracci. In quel momento non pensavano a nulla, solo a rincorrersi in quel gioco al quale nessuno stava provando a vincere. Era la rappresentazione di tutto quel che non si erano detti litigando, delle parole che non potevano uscire per orgoglio; era il loro modo di dire ti amo senza mai veramente dirlo. Perché le parole sarebbero state una promessa, un impegno, mentre quel gesto non era altro che uno tra i tanti fraintendibili e senza un vero significato.
D'un tratto il rosso spinse delicatamente l'altro verso il suo letto, azione che venne subito capita e appoggiata. Chuuya finì con la schiena sul materasso e Dazai su di lui.
Fecero in fretta a spogliarsi dati i pochi vestiti che indossavano, e senza proferir parola cominciarono la loro danza; bastò uno sguardo per capirsi.
Mentre il castano gli lasciava baci sul collo, Chuuya sentiva le fredde mani passargli su tutto il corpo. Si inebriò un po' al contatto, ma non più di quanto non provò fino a quel momento durante quel bacio, il quale (inutile dirlo) accese entrambi in pochi secondi. Essendo dunque già pronti lasciarono da parte le cerimonie e il castano partì subito a preparare il più piccolo.
Ci volle un po' vista la quantità di tempo passata dall'ultima volta, ma una volta partiti tutto fu incredibilmente nuovo e diverso.
Un velo di imbarazzo li seguiva nei loro respiri pesanti e ansimanti, e anche se le scene un po' goffe erano inevitabili, la stanza si riempì comunque dei loro gemiti ininterrotti. Andarono lentamente e in sincrono, non ci fu bisogno di essere aggressivi o di imporre un qualche controllo. Ovviamente Dazai ne approfittò per guardare meglio quei tagli, toccarli, e anche se ciò provocava un po' di dolore al rosso, lui non si lamentò, anzi lo trovava piacevole. Per primo venne Chuuya, poi qualche secondo dopo il castano. Lì si baciarono di nuovo.
Quella fu ufficialmente la prima volta che fecero l'amore in maniera normale e completa.

Volevano dirsi un po' di cose ma tacquero. Almeno per i primi minuti in cui restarono abbracciati nel letto.
La luce dalla finestra entrava prepotente e riscaldava tutto senza pietà, salvo il letto che era in ombra. Si sentirono in paradiso.
Momento che venne interrotto dal castano, che non era abituato a questo genere di cose.

- "Meglio se vado a farmi la doccia"

Un po' deluso il rosso annuì, avrebbe voluto stare così per più tempo, ma d'altronde cos'aveva di cui lamentarsi? Senza contare che giugno stava finendo e faceva incredibilmente caldo.
Ripensò alla scuola, al fatto che forse avrebbe potuto convincere Dazai a farlo tornare. Anche se in effetti sarebbe stata un'idea pessima dal momento che lo stavano cercando.

Quindi è un addio? Aku, Gin, Higuchi, tutti?
Tecnicamente sono cominciate le vacanze, non ho perso nessun giorno di scuola.
Potrei tornarci a settembre, ma tanto anche quest'anno l'ho fatto a metà, mi boccerebbero di nuovo.
O meglio, mi farebbero rifare il test d'ingresso che forse questa volta passerei.

Io devo tornare a scuola. Non è detto che il mio futuro possa esistere qui. Dazai non mi vorrà per sempre.

Nel frattempo il più grande era tornato tutto pulito ma con gli stessi abiti di prima, ora un po' sporchi di sangue per via del braccio del rosso, ma non ne avevano altri. Pure le lenzuola erano macchiate. Avrebbe pulito (fatto pulire a Chuuya) tutto dopo.

- "A che pensi?"

- "Non so se voglio veramente lasciare la scuola. Poi che ne sarà di me?"

- "Quello non è un tuo problema. Ho già un piano per, sai, garantirti un futuro. Piuttosto adesso lavati perché dobbiamo assolutamente comprare dei vestiti."

- "Intendi io e te?"

- "E chi sennò. Il vicino?"

- "No intendo, posso venire con te?"

- "Sì, perché no. Muoviti che dobbiamo anche fare pranzo."

Mi ha veramente chiesto di uscire?
Caspita come mi sento bene.
Forse c'è veramente ancora speranza.

Il ragazzo allora, emozionato, corse in bagno. Per prima cosa si medicò lo scempio che si era fatto. Gli fece parecchio male passarci su il disinfettante, ma grazie al castano era abituato a ben peggio, poi ci mise sopra quelle garze asciutte e sottili, infine ci passò la benda attorno. Non era bello come quando lo faceva Dazai ma poteva funzionare anche così. Dopodiché andò a lavarsi facendo molta attenzione a non bagnarsi in quella zona.





















Angolo me
sti giorni sto scrivendo troppo non è normale. Ho già il prossimo capitolo pronto.
Penso aspetterò qualche giorno.
Mi manca la mia routine settimanale di scrittura. La noia fa brutte cose alla gente.

Non sei abbastanza || SoukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora