In quel piccolo appartamento non c'era nessuno tranne il proprietario di casa, il quale non si sorprese di essere solo. Sul tavolo c'era il suo telefono, chissà come ci era arrivato fin lì, magari ci aveva pensato Higuchi o la polizia o chissà chi altro mentre lui era addormentato. Riteneva che non fosse stato per nulla necessario sedarlo addirittura per iniezione, insomma era un ragazzo non una belva. Che bastardi. Una depressione senza eguali lo pervase mentre cercava di raggiungere l'apparecchio elettronico per controllarne le notifiche, e pian piano quella tristezza si concentrava all'interno del suo petto, cominciando a pesare più del mercurio, tanto che si accasciò a terra e pianse, pianse come se potesse in qualche modo far uscire da sé quel peso sottoforma di acqua, ma non funzionava: ogni volta che ripensava a Dazai una lama lo trafiggeva. Il mercurio pian pano cominciò a insinuarsi nei suoi nervi arrivando a fargli pizzicare le mani. La desolazione, la solitudine, l'amore, tutti fattori che aumentavano a dismisura il peso specifico di quel dolore che era diventato fisico, lo percepiva al tatto, lo percepiva uscire da dentro.
Perché
perché
perché
perché
perché è finita così?
Cosa faccio se non posso più vederlo?Tutto ciò che riusciva a percepire era il vuoto. Il vuoto dell'odio che provava verso Higuchi, verso quei poliziotti, verso se stesso e verso Dazai: non avrebbe mai dovuto parlargli, non doveva seguirlo, non avrebbe dovuto permettergli di affezionarsi così. A questo punto avrebbe preferito essere ucciso proprio come era successo ad Atsushi, e ci era anche andato vicino dissanguandosi, e ora odiava anche il bianco perché l'aveva salvato, odiava il castano per averlo lasciato morire, odiava se stesso perché alla fine Dazai non sapeva che le sue azioni avrebbero portato a ciò.
Decise dunque di smettere di piangere, stava soffrendo troppo non lo avrebbe sopportato, così si rialzò da terra e si diresse in cucina, aprì l'anta dei medicinali e ne prese i sonniferi. Riempì un bicchiere con l'acqua del rubinetto e senza nemmeno contarle versò in una mano le pastigliette, dose che superava di gran lunga quella prescritta, e in un gesto le mise tutte in bocca ingoiandole aiutandosi con l'acqua. In quel momento nella sua mente non c'era nulla se non l'attesa che il medicinale facesse effetto. Aspettò circa dieci minuti, tempo che usò per coricarsi sul divano, poi un capogiro lo pervase, come una sbornia, sentì il battito rallentare, percepiva i tessuti del suo corpo distendersi, gli occhi gli facevano male, la mente era sveglia ma il corpo dormiva, così smise di pensare e si addormentò soffrendo un po' la sensazione di morte che il suo corpo stava sperimentando.
L'esperienza era paragonabile a quella che ti dà una droga, dopotutto i medicinali sono droghe legalizzate perché se presi in piccole dosi aiutano col dolore, esattamente come le droghe pesanti che ti sballano. Chuuya non era solito a prendere medicine quando stava male, aveva alcuni ansiolitici e sonniferi prescritti dalla sua vecchia psicologa ma nulla d'altro. Durante il suo sonno era difficile distinguere e fosse vivo o no: a malapena respirava e non si mosse di un millimetro nemmeno per scherzo. Guren (il suo coniglietto di peluche) era appoggiato per terra vicino a lui, intriso del profumo di sua madre, nessuno aveva toccato il pupazzo per quasi nove mesi. Tutta la casa era impolverata e i piatti ancora sporchi nel lavandino non avevano fatto le formiche per il semplice fatto che era inverno, durante l'estate invece avevano fatto addirittura i vermi (fattore di cui il roso non era a conoscenza e mai ne sarebbe venuto) ma con l'arrivare della stagione fredda erano tutti morti anche per il fatto che il riscaldamento rimase ovviamente spento, quell'appartamento era paragonabile ad una ghiacciaia. Le condizioni del box doccia, della vasca e dei lavandini erano accettabili se ben questi fossero ricoperti da uno strato di calcare. Il suo letto era stato pulito e rifatto (probabilmente da Higuchi prima che lo infilassero dentro dopo averlo sedato) ma il resto della camera era nelle stesse condizioni nelle quali riversava l'abitacolo. Il suo telefono era ancora sul tavolo, era scarico, il caricatore chissà dov'era finito, magari in un cassetto.
Chuuya sognò durante il suo periodo di morte/dormita, quasi come se la droga gli stesse facendo avere una visione:
Nel salotto erano presenti Chuuya, sua madre e suo padre. La figura in piedi stava gridando prepotentemente, mentre con una mano faceva girare un coltello per aria, le altre due figure erano sedute per terra.
"Andiamo tesoro, lascia andare quella femminuccia che è nostro figlio, devo insegnargli una lezione.."
"Hai bevuto e non ragioni! Ti prego calmati!"
La figura in piedi fece qualche passo in avanti, Chuuya era protetto tra le braccia del genitore seduto a terra con lui, che con un gesto fugace vide strapparsi via di dosso.
"Mi hai proprio rotto, se non ti levi di mezzo mi tocca ammazzarti"
"Cosa dici aspetta -
In quel momento il piccolo Chuuya alzò gli occhi e vide i volti delle due figure: papà era in terra con un coltello in petto, mamma si stava avvicinando a lui per tirargli uno schiaffo, l'ennesimo sommato a quelli che ricevette prima che l'altra figura lo proteggesse
"Dunque sei un piccolo frocetto eh? Mi fa schifo anche solo l'idea di averti partorito... La prossima volta le tue riviste oscene nascondile meglio"In quell'istante il rosso volle svegliarsi, ma l'effetto delle pillole non era ancora nemmeno a metà della sua durata dunque rimase con gli occhi chiusi in uno stato di trance continuando a pensare a quel sogno consapevole del fatto che ci fosse qualcosa che non andava ma allo stesso tempo non capiva cosa ci fosse di sbagliato. Continuava a domandarsi cosa fosse quella sensazione di inadeguatezza, poi realizzò che aveva appena rivisto la morte di suo padre in sogno
aspetta... mio padre è morto così?
No, era mamma quella che era stata maltrattata...Cominciarono a scorrergli a fiume nella mente tutti i ricordi d'infanzia nei quali sua madre si rendeva succube di suo marito, ma più ci pensava e più i ruoli erano invertiti.
Non è possibile... Lei, lei è sempre stata gentile...
Ricordò di uno schiaffo preso per colpa di un bicchiere pieno d'acqua caduto, ed era lei. Ricordò gli insulti e le grida di quando gli insegnarono ad andare in bici, ed era lei. Ricordò dei primi giorni di scuola, e lei non c'era... "Lei" non c'era mai, era sempre lui, sempre papà.
Bah, saranno i sonniferi...
Poi si rigirò sul divano sul quale era sdraiato, e dal momento che non era più abituato a dormire su una superficie che non fosse quel futon matrimoniale cadde a terra, e si ritrovò col viso vicino a Guren, inevitabilmente ne aspirò il profumo che di solito trovava rassicurante, ma in un attimo una sensazione di terrore lo pervase.
Che io abbia confuso mamma e papà per tutto questo tempo?
Angolo me
Ammetto che la tentazione di far suicidare Chuuya era veramente tanta, però sarebbe finita la storia e non potevo più traumatizzare nessuno, quindi eccoci qua.
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Non sei abbastanza || Soukoku
Fiksi PenggemarChuuya, un ragazzo solo, conosce un suo coetaneo in una caffetteria. Dazai lo convincerà a far visita a casa sua: un luogo dal quale sarà difficile uscire... All'inizio la storia potrà sembrare abbastanza frettolosa lo so, ma erano i miei primi capi...