Capitolo XXVII

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Era fuori, e allora? Ciò non significava nulla. Dov'era Dazai? Ma la cosa che lo colpì di più fu rivedere dopo quasi otto mesi uno spazio così ampio e colorato. Si sentì un pochetto a disagio a tornare nel "mondo" e ogni passo era una prova al suo coraggio. Restò in silenzio, il pavimento era caldo nonostante fosse inverno, e in lontananza percepiva movimenti. Così quasi corse e arrivò di fronte a colui che stava cercando.

- "Dazai... "

- "Chuuya-kun, vieni qui e prendi un po' di roba, aiutami a portarla in cucina"

Il castano non sembrò stupito nel vedere il rosso gironzolare in giro, anzi, sembrava lo stesse aspettando. Gli lasciò in braccio un sacco nero molto pesante un po' tiepido che conteneva grossi pezzi di qualcosa. Il ragazzo senza farselo ripetere lo seguì e poggiò i sacchi nel luogo indicato.

- "Cosa c'è dentro?"

- "Sushi"

S-sushi...
ATSUSHI

- "M-mi hai appena fatto trasportare un corpo mutilato...?"

- "Sì, capitavi a fagiolo e quel fannullone pesava veramente tanto."

Un brivido pervase la schiena del rosso, un po' di nausea e lacrime spinsero per uscire ma fortunatamente si trattenne.
Chuuya voleva bene ad Atsushi, insomma era piacevole la sua presenza, eppure era strano il modo in cui aveva accettato la sua morte. Fosse perché era moribondo? O magari perché lo riteneva veramente solo come un intrattenimento? Decise di non pensarci e lasciò che le braccia del più grande lo avvolgessero in un abbraccio.

- "Tranquillo Chuuya, prometto che non farò più giochini di gelosia del genere."

- "Mi dispiace"

- "E per cosa?"

- "Non avrei dovuto farti arrabbiare così"

- "Vero anche questo, ma ora non ci pensare è tutto passato"

A malincuore si staccarono da quel contatto per poi guardarsi negli occhi. Erano entrambi rilassati. Come se avessero appena superato una tempesta e si stessero godendo il dondolare delle onde. Non parlarono per qualche istante, finché Dazai non ruppe il ghiaccio.

- "Ce ne hai messo di tempo ad uscire"

- "Io, beh-

- "Dai vieni, andiamo a vederci qualcosa."

Lo prese per mano e con delicatezza lo portò con lui sul divano. Era quasi ora di pranzo e stavano guardando un true crime sul portatile. Non c'era la televisione, Dazai nemmeno aveva un telefono, usava uno di quelli vecchi a conchiglia. Il telefono di Chuuya chissà dov'era finito, ma tanto sapeva non avrebbe trovato messaggi. Fuori il sole splendeva bianco con quella fredda luce tipica dell'inverno. La sensazione di pace li pervase quando si avvolsero entrambi sotto la stessa coperta. O almeno era quello che stava provando il rosso. Tutto pareva idilliaco, perfetto, il suo petto si espandeva in una enorme sensazione di gratitudine. L'episodio durò circa quaranta minuti, dopodiché spensero il portatile e Dazai si girò con gli occhi lucidi

- "Non è come con lei... Scusa Chuuya, ci ho provato."

Con lei...?
Forse si riferisce alla donna della storiella. Doveva amarla veramente molto...

- "Vuoi parlarmene?"

- "Sì. Ma se la condividessi con te ho paura che potrei vederla in modo diverso, di realizzare che le cose hanno meno senso rispetto a come ho creduto questi anni. Quindi resterà nella mia mente, protetta e amata."

Amata... Chissà se è ancora viva...

- "Chuuya, posso morderti?"

- "Certamente.."

Il più grande, con ancora l'aria malinconica in volto gli prese il braccio e ne alzò la manica per poi cercare un punto pulito vicino alla spalla. Strinse i denti con una presa tale da permettere al sangue di uscire, e attorno si creò un alone violaceo. A Chuuya non fece male, non dopo tutto quello che aveva passato, ma sentì che Dazai aveva bisogno di quel contatto, come se volesse sfogarsi ma allo stesso tempo trattenere ciò a cui più teneva. Non era brutto, era un legame, sebbene fosse banale come un morso, sebbene fossero in salotto in una comunissima giornata. La percezione di quella violenza era diventata così intrinseca del loro amore che ormai ne confondevano i significati: in quel momento per loro fu come se stessero facendo l'amore. Era un'allegoria, un simbolo, un rito.
Quando il castano si staccò sembrava stare meglio, come se avesse pianto.

- "Ti ha fatto male?"

- "No, è stato bello. Spero resti la cicatrice"

- "Tranquillo, resterà."

Dopo ciò si alzò e andò a preparare da mangiare, canticchiando una melodia che pareva avere ormai molti anni.

"Ci ho provato..."
Cosa vuol dire? Magari sta provando a rimpiazzarla con me. Forse è a questo che serve tutta questa messa in scena, per rendermi come lei.
Non voglio diventare un'altra persona, ma se questo basterà per farmi amare allora ci sto. Voglio solo la sua felicità.

L'attesa sembrò lunghissima, sebbene fossero passati solo una decina di minuti. Stanco di starsene lì fermo il rosso si alzò e raggiunse il suo padroncino in cucina.
I sacchi erano ancora per terra e ben chiusi: la consapevolezza che non avrebbero mangiato carne umana lo sollevò. Un'ulteriore conferma fu il profumo di soffritto che invadeva la stanza. Prese posto su uno sgabello a lato del lungo tavolo bianco, e attese che un piatto di riso allo zafferano gli venisse servito.
Era molto gustoso, dentro non c'era nulla di ambiguo, era un pasto casalingo comune e quotidiano. Il rosso attese prima di poter addentare il suo cibo, non sapeva se gli fosse permesso mangiare insieme al più grande, solitamente chi sta in basso aspetta dopo. Invece egli lo invitò ad unirsi a lui e nonostante il lieve disagio si godettero il pasto.

- "Chuuya sei capace a lavare i piatti?"

- "Certamente, vivo da solo da tre anni."

Così una volta sparecchiato il rosso si appropinquò al suo lavoro. Dopo un po' sentì il più grande avvolgerlo da dietro e appoggiargli il mento sulla spalla, e in un sussurro confessò un fardello che si portava dentro da un po'.

- "Chuuya, goditi questo momento. Ho come il sentore che sarà l'ultimo che passeremo insieme così."

Non si staccò. Il rosso non rispose, finì di lavare i piatti poi si girò.

- "E perché mai dovrebbe essere l'ultimo?"

- "Chuuya tu hai ancora una richiesta da potermi rivolgere. Immagino sia di poter restare qui con me ogni giorno."

- "In realtà non avevo ancora deciso, ma insomma, non mi dispiacerebbe..."

- "Puoi. Solo, occupati della casa, e per favore, ricordati questa parola.....

L'ultima parte gli venne sussurrata piano nell'orecchio. Nemmeno io riuscii a sentirla, ma sicuramente era abbastanza facile da dimenticare, era una parola corta ma complessa. Difatti il giovane si trovò costretto a ripetersela nella mente più e più volte per memorizzarla.
Dopodiché Dazai si rinchiuse nelle sue stanze e lasciò a Chuuya le faccende domestiche, il quale (abituato com'era) le svolse con piacere e con una punta di amaro in bocca per via della previsione del più grande.

Non sei abbastanza || SoukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora