Capitolo XL

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Tornare come prima? Intendeva il prima di prima? Quel prima che Chuuya rimpiangeva ogni notte? Il prima in cui nessuno dei due aveva paranoie, in cui non dovevano pensare, in cui sapevano che ruolo avevano ed erano felici.
In tutta la casa era presente un leggero profumo di vaniglia e cannella, e i mobili quasi non c'erano. Solo la cucina era molto grande.
Mentre vagava di stanza in stanza il rosso cominciò ad avere un brutto presentimento, e un po' ci restò male quando ci pensò

- "Hai intenzione di chiudermi di nuovo in una stanza?"

- "No. Non ce ne sarà bisogno."

Meno male...

Le parole  e la calma del tono sorpresero un po' il rosso, che però rimase sollevato.
Dopo aver risposto, il castano si avviò verso il bagno di quella che presumibilmente doveva essere la sua camera. Quando uscì sembrava essere in pigiama nonostante fosse pieno pomeriggio. Quello che disse fu improvviso, quasi non sembrava appartenergli. Aveva gli occhi contornati da occhiaie e il suo corpo si muoveva in maniera estremamente lenta mentre parlò, segno che aveva scaricato tutta l'adrenalina della fuga.

- "È tutto finito. Ora possiamo rilassarci. Vieni, siediti accanto a me."

Entrambi si accomodarono su quell'enorme divano il quale da solo aveva il compito di arredare quello spoglio soggiorno. Faceva tremendamente caldo ma si accoccolarono lo stesso uno accanto all'altro. Il profumo dell'aria, i cuscini morbidi, la dolcezza di quelle carezze: tutto insieme procurò a Chuuya una calma tale che smise di pensare. Pensò solo che avrebbe voluto vestiti più comodi, anche se in realtà già stava in tuta essendo la prima cosa che aveva trovato nell'armadio prima di essere trascinato fuori di casa.

Quindi di nuovo non vedrò più Higuchi.
Non vedrò più Aku e Gin.
Forse non vedrò più nemmeno la luce del sole, l'erba dei prati, le nuvole sopra di me... Almeno non da fuori di qui.
Però lui è qui.
Voglio solo lui.
Anche se ciò comporta sacrificare tutto.

Cullato dalla situazione si addormentò tra le braccia di colui che gli dava più sicurezza di chiunque. Sperava nel profondo con tutto se stesso che questa volta le cose avrebbero funzionato. Che sarebbero stati felici come quando erano distanti. Sperava che potessero uscire, farsi regalini scemi alle festività, condividere un gelato.... Stava dormendo ma dentro di sé capì che quel sentimento era lo stesso che fino a una settimana prima provava per la sua compagna di classe. Dazai gli piaceva sinceramente. Non è scontato come ragionamento, prima d'ora non aveva mai provato sentimenti per un ragazzo, nemmeno per Dazai. Nel castano aveva sempre cercato un rifugio nel quale nascondersi dal terribile incubo che gli stava facendo passare, e nel vedere in lui una possibilità di salvezza ne venne ossessionato. Ora invece lo sentiva, lo amava proprio. Amava come si ricordasse sempre di lui, di come, anche nei momenti più incasinati, pensava sempre a come evitare che lo portassero via dalle sue braccia. Amava sentirsi al suo posto, sentirsi voluto. Amava quando sorrideva, quando gli portava il cibo preparato con molta cura, quando cercava in lui conforto

Regola 6... Quando avrò bisogno, tu sarai la miglior compagnia desiderabile.

Adorava sentire la sua voce dopo lunghi periodi. Si sentiva così protetto, così fortunato. Adorava il suo viso, quanto era carino, quanto (anche se cercava di non darlo a vedere) ci tenesse a curare i capelli in modo che restassero sempre morbidi. Sentì, anche se inconsciamente, che il più grande lo stesse accarezzando anche mentre dormiva.
Certo non avrebbe perdonato le bugie, anche se erano a fin di bene. Continuava a mentirgli, gli aveva mentito così tanto che ora non sapeva più nemmeno a cosa credere. Chissà se era vero che aveva solo un anno in più, chissà se era vera la storia dei suoi genitori. Chissà se era vero che lo amava sinceramente come aveva spergiurato di fare decine di volte. Chissà se era vero che aveva provato a suicidarsi. L'ultimo punto però lo trovò vero per certo: non avrebbe avuto così tanta difficoltà, tale da costringerlo ad inventarsi una storiella, a raccontare un fatto invero. Forse quella era stata l'unica cosa vera che gli avesse mai raccontato. Allora perché si sentiva così al sicuro tra le sue braccia?
Forse i sentimenti si parlano da soli in una lingua muta. Parole inaudibili che però ti scavano dentro e plasmano l'idea che puoi avere su una persona. Sono anche le parole più pericolose: come un bacio è la massima espressione d'amore, uno schiaffo è l'estrema manifestazione d'odio. E non importa il contesto, l'argomento, il luogo, se ce lo siamo meritato o no. Questi gesti parlano. Parlano più di qualunque suono possa emettere la bocca. Bisogna fare attenzione ai gesti. Uno sguardo può cambiare tutto. Gli occhi sanno far comunicare tra loro i cuori di chi si sta osservando. Sono mezzi diretti dei sentimenti. Uno sguardo muto comunica più di un lamento sincero. Di queste cose Chuuya se n'era accorto, anche se inconsciamente. Gli occhi non possono mentire, lo sguardo sinceramente preoccupato o bisognoso del castano lo trovava ogni volta che guardava attentamente nel castano spento delle sue iridi. Era spento anche contro la luce del sole. Era spento anche quando i raggi colpivano in pieno e il colore splendeva. Erano spenti i suoi occhi, così bui che parevano non aver osservato quelli di nessun altro per anni. Eppure ogni volta che si trovarono in situazioni critiche, quelli si accendevano. Non cambiavano colore, non spendevano, semplicemente erano umani. Erano capaci di nuovo di connettersi con altre vite. Poi tutto finiva quando la situazione si ristabilizzava. E questo il rosso l'ha notato.
Non c'è niente al mondo che qualcuno desideri più di uno sguardo. Non ci possiamo fare nulla, è scienza. Uno sguardo ci identifica, uno sguardo ci colloca nella società, uno sguardo decreta quanto pensiamo di valere. Non esiste anima viva che non abbia bisogno di sguardi.  Non si può vivere senza. I problemi relazionali sono causati da una profonda insicurezza proveniente da un mancato sguardo materno, da quella sensazione che cova all'interno del passato che ci dice che non siamo abbastanza. Tutti i problemi, la mancata autostima, la depressione, riconducono sempre alla paura di provare di nuovo quel sentimento di disprezzo di quello sguardo nocivo, fosse esso causato da idiozie o faccende serie. Il non sentirsi amati sin da piccoli corrompe l'anima a tal punto che se non la si cura si inizia ad odiare il prossimo, si inizia a dare la colpa alla sfiga, si ha paura di venire abbandonati.
Quello sguardo amorevole Chuuya non lo ricevette da sua madre, e quando lo trovò in Dazai, su quel divano, in quell'istante prima di addormentarsi, decise che non se ne sarebbe più privato.













Angolo me.
La cara sottoscritta mentre scriveva il capitolo si è interrotta e ha cominciato puramente a caso a scrivere una poesia. È venuta bene quindi la lascio qui.
(Tra l'altro pur di finire sto capitolo che mi porto appresso da due settimane sto sacrificando le ore di sonno)

Sei bellissima.
Come te nessuno prima
aveva compiuto un viaggio così lungo.
Il profondo lo vedo, voglio toccarlo.
Ma ho timore che mi ci perdo e che tu
non rispondi.
Senza il tempo poi, come una bambina
mi sfuggi:
La perseveranza nei miei errori
è il vizio in cui ti ho fatta cadere.

Non sei abbastanza || SoukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora