Capitolo LIII

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Passò una settimana senza che nulla accadesse. Magari aveva solo cominciato a dormire più pesantemente, stando sveglio fino a notte fonda ogni volta per continuare quel libro, o magari veramente non accadeva nulla.
Essendo ormai agosto il caldo torrido era passato, e la sera si era addirittura fatto necessario l'uso del lenzuolo.
Non era ancora uscito di casa, non sapeva il perché, anche se sapeva di poterlo fare. Probabilmente si sentiva più al sicuro nella sua scatola e uscire gli avrebbe solo provocato un senso di smarrimento dal momento che non poteva usare alcun tipo di navigatore.
Aveva pensato più volte alla possibilità di chiedere al castano di restituirgli il cellulare, ma in realtà nemmeno era sicuro lo avesse; magari era rimasto a casa sua.
Casa sua... Un luogo che non vedeva da tanto. Aveva smesso di sognare i suoi genitori, in realtà aveva smesso di pensarci del tutto ora che aveva risolto il dilemma.
Non ci rifletté mai più di tanto, ma sapeva dentro di sé che in fondo non gli mancavano per nulla quelle due figure. Strano a dirsi, dopotutto sono i genitori, ma furono così assenti e distaccati che la mancanza non gli provocava tristezza, quanto più un vuoto.
Vuoto che Dazai riempiva alla perfezione.
Ma se ora il suo nido era il castano, prima o poi avrebbe comunque dovuto spiccare il volo.
Sapeva che non poteva stare lì per sempre, anche se l'idea gli piaceva molto, ma sapeva anche che lì ci sarebbe morto comunque prima o poi per mano del castano o di se stesso.
Non aveva mai realmente avuto istinti suicidi, ma sovente capitava che di notte sentisse il peso della vita schiacciarlo così tanto da fermargli il respiro. Non riusciva ad identificarsi come un essere umano: ormai aveva sedici anni inoltrati e ancora dipendeva dai sentimenti di qualcun altro. Che vita era?
Non aveva speranze, sogni, nemmeno si ricordava più i volti delle persone che conosceva, non ricordava più che aspetto avesse una pelle liscia, non riusciva più a concepire cosa spingesse le persone a uscire di casa.
Pian piano si accorse di stare sempre di più diventando apatico ed estraneo a qualunque cosa.
Quella casa era diventata veramente piccola, ma allo stesso tempo così grande da essere tutto il suo mondo.
Quanto tempo era che non vedeva un gatto o anche solo una lucertola? Quanto tempo era che non vedeva un marciapiede o un negozio?
Spesso si trovò indeciso sulla questione del "esco oppure no?" e la lasciava sempre in sospeso.
Uscire da quella porta ora aveva lo stesso significato di quando uscì per la prima volta dalla stanza in cui Dazai l'aveva rinchiuso per otto mesi.
Anche se non vedeva le manette si sentiva comunque costretto lì dentro.
Cosa avrebbe fatto se una volta uscito avesse avuto voglia di andare dalla polizia? Cosa avrebbe fatto se qualcuno gli avesse chiesto perché era così mal ridotto?
Non avrebbe fatto nulla, sarebbe stato succube di qualunque cosa avesse scelto di fare.
Ironico: essere succubi di sé. Era possibile? Se sì, sarebbe stata la sua mente alle dipendenze del suo corpo o sarebbe stato il suo corpo costretto alla sua mente?
Il corpo dopotutto è sempre dipendente dalla mente, o forse è il contrario.

Decise anche quel giorno di starsene in casa. Come sempre pulì tutto, mise in ordine, e attese il ritorno del Castano.
Nel tempo che ebbe libero pensò di concedersi un po' di piacere dal momento che Dazai non ci pensava più, e un certo senso nostalgico gli attraversò la pelle.
Si appropriò del divano e ci si stese comodo, nella sua mente partirono immagini piacevoli, e si lasciò cullare finché notò l'erezione farsi presente.
Dal momento che ormai era abituato, prese la lametta e pensò da solo a tagliarsi noncurante delle conseguenze: oramai era tappezzato dalla testa ai piedi di solchi bianchicci, violacei e rossicci; semplicemente si ferì dove più gli andava. Spesso quando scopava con Dazai il farsi del male era un gesto reciproco, e ciò aumentava il legame tra i due in maniera esponenziale. Chuuya pensò che fosse la ragione per cui il più grande aveva cominciato a vederlo come un suo simile.
Inebriato dalla sensazione di bruciore, il rosso sentì quasi la presenza dell'altro, e guardando le grosse gocce rosse scivolare verso la gravità, cominciò a toccarsi.
Mentre si dava piacere, vittima dei suoi vizi, non pensava di star commettendo un peccato; anzi, si godette quel momento più unico che raro. Spesso quando lo faceva con Dazai nemmeno riusciva a venire: un po' perché l'altro non si curava di lui, un po' perché lui stesso era più concentrato al piacere del castano che del suo.
In quel momento però tutta l'attenzione era su di lui, e man mano che i movimenti si facevano più rapidi e poi più lenti, sentiva la punta bagnarsi, e così (senza pensare a nulla oltre a se stesso) emetteva gemiti leggeri.
Era così concentrato che non sentì i passi nel corridoio, né la chiave girare nella serratura.
Quando il castano entrò lo trovò in una posizione indecente, e anche se ormai il rosso si era accorto della sua presenza era troppo tardi per coprirsi in alcun modo.
Dazai scoppiò a ridere alla scena, e Chuuya imbarazzato cercò di accovacciarsi su se stesso, ma alla fine rise pure lui.

- "Oggi volevo arrivare prima per farti una sorpresa ma mi sa che la prossima volta ti avverto"

Nel frattempo si era coperto con un cuscino.

- "Sì diciamo che non me l'aspettavo."

Senza più dire nulla poi, il castano poggiò il sacchetto accanto all'entrata e si diresse verso di lui.
Lo baciò, e da lì non si scollarono, così il più piccolo procedette a svestirlo, e a porgergli la lametta.

- "No, questa volta non ti taglio."

- "Sicuro?"

- "Sì, è da tanto che non lo facciamo. Non voglio perdere tempo."

Una volta lasciato cadere a terra l'oggetto tagliente, tornarono a baciarsi. Questa volta con meno foga rispetto alle altre. Probabilmente c'entrava il fatto che fossero sobri, eppure Chuuya trovò quel contatto estremamente più dolce rispetto a qualunque altra volta.
Non ci volle molto prima che cominciarono ufficialmente a consumare il loro amore, e tra gemiti e movimenti, l'aria si fece incredibilmente calda.
Questa volta vennero entrambi, e ricominciarono per due o tre volte.
Alla fine Chuuya si sentiva esausto.

- "Basta, ho sete."

- "Sei già stanco? Pensare che sono io quello che se ne sta fuori tutto il giorno."

Rispondendo solo con un sorriso il rosso si alzò e andò a bere, mentre l'altro annunciava ad alta voce che sarebbe andato a farsi una doccia.
Dopodiché anche Chuuya fece lo stesso, con un'aria soddisfatta e allegra

L'abbiamo fatto senza aver bevuto.
L'ABBIAMO FATTO SENZA AVER BEVUTO.
Ed è stato cento volte meglio delle altre volte.
Posso ritenermi soddisfatto.

Per qualche ragione poi, finì di lavarsi incredibilmente più in fretta rispetto al castano, e dal momento che all'ora di cena mancava ancora molto, tornò in soggiorno per frugare nella busta che Dazai aveva lasciato all'entrata.

Vediamo...
Un accendino...
Dell'alcol etilico...? A che cazzo gli serve?

Poi si ricordò che il più grande stava conservando i semi di mela, e pensò al fatto che volesse fare del sidro.

Una corda...
Oh eccolo!

In fondo a tutto c'era un libro, che ovviamente prese all'istante. Questa volta non era più un noioso giallo ma bensì il secondo volume di un libro fantasy che aveva letto. Ne fu incredibilmente felice.
Si recò sul divano e cominciò a leggere.
Attorno a lui si era creato un silenzio religioso, e poteva sentire perfettamente in sottofondo l'acqua della doccia del castano e...

tik tik tik

Uno strano picchiettare rimbombava in lontananza, e pareva provenire da sopra la sua testa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 09 ⏰

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