"Vaffanculo." Disse Harley. "VAFFANCULO!" urló piú forte.
"Stai zitta scema o qualcuno ci sentirá!" Disse Akash.
"E che senso ha? Tanto lui sa giá dove siamo!"
"Questo non significa che devi continuare a strillare come una gallina." Dissi con una smorfia.
"Tu taci!"
"Io? Neanche per sogno! Mi son stufata del tuo caratterino di merda!"
"Perché tu sei meglio? Frigni ogni volta che non devi e adesso sei tranquilla come un ghiro! Sei tu per caso il Demone di Stoccolma?!"
"Ma che cazzo ti viene in mente? Ma sei drogata?"
Liam le si avvicinó. "Devi calmarti."
Ancora una volta lei cercó di avventarsi contro di me. Io restai ferma mentre Diana e Liam la trattenevano. Akash si mise in mezzo. "Stai calma Harley!"
"Chi siete voi?" Chiese una voce maschile, adulta e affascinante.
Tutti ci voltammo da dove veniva la domanda, ad alcuni metri alla nostra sinistra.
Lí c'era un uomo alto, forse due metri, con il capo coperto da un cappuccio nero che si estendeva in un mantello lungo che sfiorava le sue caviglie. Portava dei pantaloni scuri lunghi fino al ginocchio e una faretra dietro la schiena. Il petto era mezzo nudo e il mantello incorniciava i suoi addominali monumentali e scolpiti. Scalzo, ci puntava addosso una balestra carica di freccia.
"Chi. Siete. Voi?" Ripeté, scandendo bene le parole.
Liam alzó le mani in segno di resa, insieme a Diana, Akash e Harley. Io non feci niente.
"Siamo dei ragazzi provenienti dall'istituto superiore Coltrane High School di Denver. Siamo venuti a Stoccolma per una gita scolastica e ci siamo persi." Disse Liam.
"Perché siete venuti qui?" Chiese l'uomo.
"Volevamo esplorare un po' la foresta e ci siamo persi." Rispose lui.
Dopo un paio di secondi di riflessione, l'uomo abbassó la balestra.
"Avete fame?"
Annuimmo.
Abbassó il cappuccio, rivelando il volto.
Aveva gli zigomi alti, la mascella rigida e priva di barba. I capelli erano lunghi fin'oltre la spalla, neri e lisci. Le sue labbra erano sottili ma carnose, e i suoi occhi erano violacei come pietre preziose. Ci ti perdevi in un'oceano di sfumature.
Rimasi quasi senza fiato.
Ci guardó uno a uno, e per qualche strana ragione si soffermó di piú su di me, lontana da tutti. Le sue pupille si dilatarono e schiuse di poco le labbra, guardandomi. Si scosse pochi secondi dopo, controllandomi con la coda dell'occhio.
"Come vi chiamate?"
"Io sono Liam Walker, lei è Harley Greens, lui Akash Kumar e Diana Smith."
Mi indicó con un cenno del capo. "Tu?"
"Scarlett Johnson."
"Sei con loro?"
"Sí."
Li studió ancora per alcuni secondi, guardandoli con i suoi occhi taglienti.
"Se volete a casa mia posso darvi volentieri un piatto caldo e un posto dove dormire." Disse.
Liam e Diana si avvicinarono.
"Vuoi veramente fidarti di lui?" Sussurró Diana.
"Non c'è altro modo... Tra pochi giorni moriremo di fame e di sete, abbiamo portato poco per alimentarci."
"Non credi che sia lui il Demone di Stoccolma?"
Liam lo guardó con la coda dell'occhio. "No. I mostri possono essere intelligenti, ma non abbastanza da parlare e invitarci a casa."
"E se fosse una trappola?"
"Non lo sará." E chiuse la conversazione.
Rivolgendosi all'uomo parlò. "Veniamo con te. Ma prima, vogliamo sapere il tuo nome."
Sospiró. "Potete chiamarmi Antares. Seguitemi."
E inizió a camminare costante e sicuro per la foresta. Lo seguimmo tutti.
Rimasi in fondo, anche se tenere il passo di Antares era faticoso. Un suo passo erano due o tre dei miei.
Cominciai a pensare seriamente a cosa mi stava accadendo. La mia anima era stata divisa in due parti, creando confusione in me: la prima, la ragazza sensibile, comprensiva e pacifica con cui ero nata; la seconda, la strafottente e con desideri omicidi, quella nata da poco. Dentro di me erano come un diavoletto e un angelo che litigavano per le decisioni. Da quando era nata la mia seconda parte? E perché mi attraeva cosí tanto?
All'improvviso Diana mi aspettó, prendendomi per il polso e portandomi dietro ad Antares e vicina a Liam.
"Qual era la descrizione del Demone di Stoccolma?" Mi sussurró.
Deglutii, guardando l'uomo che camminava, sperando che non ci sentiva.
"La caratteristica piú chiara è stata che era un uomo alto." Risposi a bassa voce.
Mi ringraziò con un cenno del capo.
Dopo un'ora di camminata arrivammo in uno spiazzo d'erba privo d'alberi, dove a destra, sul confine tra erba e aghifoglie, si stagliava una casa poco piú bassa del pino piú alto, costruita in legno e pietra. Era moderna ed esteticamente molto carina. Era a due piani: il piano terra era il piú grande, e aveva anche una veranda aperta all'entrata; quello superiore era un po' piú piccolo, provvisto di un balcone lungo. Il tetto era in mattoni rossicci e a due falde. Le finestrelle erano pulite e piccole. La casa emanava un'aria tranquilla e piacevole.
Arrivati alla porta senza serratura, Antares l'aprii, facendoci entrare.
All'interno a destra c'era la sala, costituita da un semicerchio di divani attorno a un tavolino basso, e poco piú avanti, attaccata al muro con sotto un ripiano in legno, c'era una tv. A destra su tutto era posizionato un caminetto di pietra. Davanti, a qualche buon metro dall'entrata, c'era una scala che ti portava al prossimo piano, collegata alla porta con un tappeto rosso. A sinistra, separata da tutto con un muretto e una porta, c'era la cucina.
Salendo al piano di sopra c'erano tre camere; una matrimoniale e due provviste di due letti separati ciascuna. La porta della matrimoniale era chiusa. Le altre due erano separate dalla porta di un piccolo bagno. Il balcone apparteneva alla camera chiusa.
"Come mai ha cosí tanti letti?" Chiese Akash.
"Vivendo emarginato dal mondo, ho capito che ci sono esploratori che si perdono in questa foresta, quindi ho deciso di riempire delle stanze che non mi servivano per gente come voi." Spiegó.
"E perché ha gli occhi viola?" Chiese Diana.
"Sono lenti a contatto. Non mi piace il mio colore naturale. Comunque datemi del tu." E s'incamminò in cucina.
"Adesso che facciamo?" Chiese Harley.
"Io mi prendo il mio letto in camera e mi riposo." Rispose Liam, salendo le scale. Gli altri lo seguirono, sempre senza di me.
Decisi di sedermi su uno dei divani e riposarmi.
Chiusi gli occhi, cercando di ragionare. Stava succedendo un casino. Era tutto troppo confuso.
Le mie due parti continuavano a fare battaglia, mentre non sapevo chi delle due favorire. Anche se la seconda mi attraeva, se diventavo un'assassina per istinto e divertimento potevo ancora essere definita umana?
Mi assicurai che il regalo di mio padre e Grace fosse ancora nella tasca. Non l'aprii. Non avevo voglia e ci avrei pensato quando sarei uscita dalla Demoniaca. Se sarei mai uscita...
Dopo alcuni secondi sentii dei passi pesanti, e qualcuno che si sedeva di fianco a me.
"Cosa avete visto nella foresta?" Chiese.
Aprii gli occhi ma non lo guardai.
"Sono tutti sconvolti, meno te." Spiegó.
"Se te lo dicessi passerei per pazza." Risposi.
Antares mi prese il mento con discrezione e delicatezza e mi costrinse a guardarlo.
"Voglio spiegazioni a entrambe le domande. Non sei pazza."
Ma lo sto diventando.
Ci guardammo negli occhi per poco tempo che sembró infinito. Stavo sprofondando delle sue ametiste, cosí belle e pure.
"Abbiamo visto degli animali impiccati... E un cadavere..." Mormorai.
"E perché tu sei cosí calma?"
Perché la sua voce è cosí calda e affascinante cazzo!
"Non ne ho idea..." Risposi.
Mi molló il mento delicatamente, sempre con i suoi occhi allacciati ai miei.
Si alzó e andó in cucina, mentre mi riprendevo.
Aprii la porta, stando sulla soglia.
"Dimmi se ti trattano male."
"Chi?"
"Sai chi, nebbiolina."
Nebbiolina?
Entró in cucina e chiuse la porta.
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Il Demone di Stoccolma
Mystery / ThrillerUna delle leggende urbane piú spaventose della Svezia è quella del Demone di Stoccolma; un essere mutaforma che abita nei boschi cupi e selvaggi della cittá e rapisce le persone per usarle come cavie nei suoi terribili esperimenti. Un gruppo di ami...