Sotto le stelle

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La notte arrivó presto, ma io non mi ero scordata dell'episodio tra me e Antares. Forse era il sentimento che provavo per lui, forse ero io e basta, ma non avevo paura di morire o essere presa da un mostro. E non mi dispiaceva della morte di Akash. Stavo capendo che forse non erano mai stati veri amici? Forse.
Diventare adulta è complicato.
Sbattendomene del pericolo, decisi che quando Antares sarebbe uscito dalla stanza io sarei andata sul tetto a vedere le stelle. La scala a pioli tanto conduceva al tetto, ma non volevo incrociare Antares. L'avevo ferito e mi vergognavo da morire, ma a tutti quei brividi e a tutte quelle sensazioni non ero abituata.
Quando vidi Antares camminare verso la cucina, sgattaiolai al piano di sopra e salii la scala a pioli, aprendo la botola.
L'altezza era veramente tanta, ed era un problema per me che soffrivo di vertigini, peró bastava che mi concentravo sul cielo e tutte le mie ansie sparivano.
Il bellissimo manto scuro era picchiettato di stelle, tra le piú grandi e piccole, luminose e meno. Per fortuna non c'erano le nuvole quella volta. Mi sdraiai a pancia in su. Non riuscivo a lavarmi ancora Antares dalla testa.
Cercai di concentrarmi sulle costellazioni, ma invano.
Posai le mani sulla mia pancia, sospirando.
Per minuti vagai dal ricordo di Antares alla visione delle stelle, fino a che non sentii la botola scricchiolare.
Dei passi pesanti salirono sulle mattonelle, arrestandosi per qualche secondo. Poi continuarono, e vidi l'uomo sdraiarsi a pancia in su a un metro da me, con la testa appoggiata sui polsi delle braccia incrociate.
Lo avevo riconosciuto fin dai primi passi. Restammo in silenzio per una decina di minuti, coperti dalla vergogna.
"Scusami." Sussurrai. "Non volevo... Ferirti."
"Mi devo scusare io. Ti ho toccata troppo. Mi dispiace." Rispose serio.
Lo guardai con la coda dell'occhio. Il suo bellissimo volto splendeva come marmo alla luce della luna, anche se la sua espressione era un misto di dispiacere, serietá e sensi di colpa.
Mi avvicinai un po', girando su un fianco. "Non voglio che tu pensa che non mi son piaciuti i tuoi baci e... Tutti i tuoi contatti... Solo che non li ho mai provati in vita mia." Dissi sincera. "Mi son piaciuti, ma... Non ero abituata..."
Vidi che lui non rispondeva e non mi guardava. Per la prima volta dopo tanto tempo mi vennero gli occhi lucidi, insieme alla mia vecchia sensibilità. Non ero sua schiava, ne una sua vittima. Ero solo innamorata di lui, lo avevo capito. Ma nella mia vita nessuno mi aveva accettato per ció che ero dentro, nessuno aveva visto chi ero veramente. Lui sí. Lui mi aveva capita subito.
"Antares?" Lo chiamai, cercando di nascondere la mia voce spezzata.
Lui si giró di scatto su un fianco e mi attiró a sé. Sentivo il suo respiro veloce, preoccupato.
"Non piangere, ti prego." Disse velocemente, accarezzandomi i capelli con gentilezza. "Non voglio farti piangere per me. Tu non devi piangere per me o nessun'altro, nessuno merita le tue preziose lacrime. Hai capito?"
Rimasi colpita da quelle parole. Sorrisi. "Ho capito."
Alzai lo sguardo dal suo petto e allacciammo i nostri occhi. I suoi violacei e puri erano splendenti come due minerali. I miei grigi si specchiavano nei suoi.
Mi diede un bacio tenero sulla fronte, poi mi sorrise. Le sue bellissime labbra tirate erano una meraviglia, e delle lievi fossette lo rendevano quasi adorabile.
Poi ci rigirammo a pancia in su, stavolta vicini.
"Ti piace l'astronomia?"
"Non ne so molto, e conosco solo alcuni nomi delle costellazioni ma non riesco mai a vederle..."
Cominciai cosí a indicargliele e descriverle.
"Quello è il pegaso. Assomiglia a un quadrato con tre braccia."
"Ah, la vedo!"
Passammo cosí un'ora, parlando del piú e del meno.
Ci sedemmo.
Iniziai a tremare. Avevo freddo. Ero salita solo con la maglia di Antares e non avevo preso coperte o altro.
Lui se ne accorse e si sfiló la sua felpa, mettendomela sulle spalle.
"Grazie..."
"Non ringraziarmi." Rispose lui gentilmente.
Dopo un paio di minuti andammo in camera e gli ridiedi la felpa.
Lui l'appoggió sulla sedia e si infiló con me sotto le lenzuola.
Ci addormentammo abbracciati, io cullata dal suo respiro lento del suo petto bollente e lui mentre mi accarezzava i capelli con la sua solita delicatezza immutabile.

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