-promesse spezzate-

65 16 24
                                    

"Resta qui, torno subito da te..." disse mia madre con una voce che non le apparteneva. Era strana, incerta, quasi tremante, come se stesse combattendo contro un pensiero oscuro. Il solito tono sicuro e deciso che conoscevo era svanito. Dentro di me, qualcosa si mosse, come un sasso gettato in un lago calmo, creando onde di ansia che si propagavano attraverso il mio corpo. Un freddo inaspettato mi strinse il petto, mentre un nodo invisibile mi impediva di respirare.Poi, senza preavviso, il mondo si spense. Il buio mi avvolse, silenzioso, opprimente.

"Aiuto! C'è una bambina chiusa in questa macchina! Aiutatemi!" La voce penetrò la mia mente come un sussurro proveniente da un'altra dimensione. Sembrava così lontana, eppure la sentivo vicinissima, come se il panico di quella sconosciuta si riflettesse direttamente nel mio cuore."La bambina deve essere rimasta intrappolata per troppo tempo, è svenuta... Vi prego, fate presto!" La voce era tesa, colma di disperazione. Non era la voce di mia madre.Dov'era? Perché non era lei a gridare per me?Le urla penetranti si dissolsero in un istante di silenzio, e quando riaprii gli occhi, fui travolta da un’esplosione di luci accecanti. Erano così brillanti che mi fecero lacrimare.

Intorno a me, figure indistinte si muovevano in fretta, parlavano con toni preoccupati."Controllatele il battito! Presto, maschera d'ossigeno!" sentii qualcuno dire, le voci distorte e confuse come in un sogno. Poi una mano — non era quella di mia madre — mi sfiorò il viso. Era morbida, rassicurante, ma estranea. Ancora una volta, il buio tornò a inghiottirmi.Quando finalmente riaprii gli occhi, mi trovai in una stanza d'ospedale. La luce era soffusa, ma abbastanza forte da rivelare il volto di un gruppo di medici che mi osservavano con attenzione. Il ticchettio di un monitor riempiva l'aria, e l'odore asettico di disinfettante bruciava nelle narici.

In un angolo della stanza, una sedia vuota attirò il mio sguardo. Lì, dove mi aspettavo di vedere mia madre, non c'era nessuno. Il vuoto di quella sedia mi colpì con la forza di un pugno. Possibile che mi avesse davvero abbandonata così, lasciandomi sola a morire in una macchina rovente?Ero solo una bambina di sette anni, ma il terrore di quell’assenza si piantò nella mia anima come una spina.

Un sentimento di profonda solitudine mi strinse il cuore, così forte che sentivo quasi di non riuscire a respirare.All'improvviso, i miei pensieri furono interrotti da dei passi, decisi e distinti, il rumore dei tacchi che rimbombava nel silenzio della stanza. La porta si aprì ed entrò una donna. Era bellissima, con il viso segnato dalla preoccupazione. Le rughe che incorniciavano i suoi occhi nocciola raccontavano storie di paura e sofferenza, e quando parlò, la sua voce era un sussurro, un filo di speranza che cercava di non spezzarsi.

"Tesoro, sei sveglia... sono così sollevata..." sospirò, ma poi fece una pausa, come se non sapesse cosa dire. "Come ti chiami?" mi chiese, la sua voce dolce come una carezza, mentre la sua mano fremente mi sfiorava il viso con una tenerezza che non riconoscevo.La guardai, confusa, esitante. "Ivy... dov'è la mia mamma?" chiesi, la voce rotta dal tremore.
Era l’unica cosa che riuscivo a pensare. Dov'era mia madre? Perché non era lì con me?Le emozioni mi sopraffacevano, come onde tempestose: paura, rabbia, abbandono.

Mi sentivo smarrita, persa in un mondo troppo grande e crudele per una bambina.

Poco dopo, i medici tornarono a controllarmi. Le luci fredde dei loro strumenti si riflettevano sui loro camici bianchi, mentre si avvicinavano, parlando a bassa voce.

Il mondo intorno a me sembrava distante, sfocato, come se stessi osservando tutto attraverso una nebbia."La bambina ha rischiato molto," dissero, "ma fortunatamente ora è fuori pericolo." Il tono del medico era professionale, ma la preoccupazione era evidente.La donna che era accanto a me strinse ancora di più la mia mano, come se fossi sua figlia. Quel contatto mi dava conforto, ma allo stesso tempo il mio cuore si spezzava un po’ di più. Volevo che fosse mia madre a stringermi così.

the eclipseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora