Ci metto un attimo a realizzare l'accaduto. Quando vedo il volto di Liam con un taglio al labbro, mi giro di scatto per cercare chi ha sferrato quel pugno. Incredibile ma vero: davanti a me c’è Haru. Ha i pugni serrati, il viso teso, come se stesse trattenendo a stento l’impulso di colpirlo di nuovo.
"Che stai facendo?" gli chiedo, con la voce che mi trema per la rabbia e la confusione. Lui mi lancia un’occhiata gelida, ma non risponde subito. Poi torna a fissare Liam con un’espressione che sa di minaccia.
"Ivy... è il tuo fidanzato?" chiede Liam, con una voce incredula e un’espressione quasi dispiaciuta, come se avesse fatto qualcosa di profondamente sbagliato. Il taglio sul labbro lo fa sembrare vulnerabile, e mi sento uno strappo al cuore.
"Certo che no!" rispondo, secca e tagliente. Non riesco a trattenere l’irritazione. "Non siamo nulla." Le mie parole escono veloci, cariche di una verità che mi brucia dentro. Io e Haru non siamo nulla, non parliamo, non abbiamo alcun legame, neanche lontanamente familiare.
"Sono suo fratello" sputa Haru, con una freddezza che mi lascia senza fiato. Liam rimane immobile, sconvolto. E io... io non riesco a credere a ciò che ho appena sentito.
"Che?" balbetto, incredula. Il cuore mi batte in gola. "E da quando, scusa?" Gli occhi mi si riempiono di domande, ma lui non ha alcuna intenzione di rispondermi.
"Andiamo a casa. Muoviti," dice, afferrandomi il braccio con forza, strattonandomi via come se non avessi il diritto di oppormi.
"Lasciami!" cerco di divincolarmi, ma la sua presa si stringe sempre di più, facendomi male. Mi sento impotente, la rabbia e la frustrazione si mescolano in un nodo che mi blocca il respiro.
"Liam, scusa..." riesco a dire con la voce rotta mentre Haru continua a trascinarmi via. Vorrei spiegargli che non è colpa mia, che non capisco nemmeno io cosa stia succedendo.
Passando tra la folla, vedo Grace che mi lancia uno sguardo preoccupato e si avvicina di corsa.
"Dove la stai portando?" chiede, con gli occhi fiammeggianti di protezione.
"Fatti i cazzi tuoi, ragazzina," ringhia Haru, senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Io le faccio un cenno con la testa, cercando di rassicurarla, anche se dentro di me non mi sento affatto tranquilla. La paura ha iniziato a insinuarsi sottopelle, silenziosa e vischiosa.
"Sali," ordina Haru, indicandomi la sua moto con uno sguardo duro, autoritario.
"Che? No." La mia risposta è immediata, ma tremante. Non ho voglia di seguirlo, non dopo quello che è appena successo.
"Ho detto sali," ripete, e il tono della sua voce non ammette repliche. Ha una furia silenziosa negli occhi che non avevo mai visto prima. Con riluttanza, cedo. Salgo sulla moto, il cuore che mi batte così forte che temo possa scoppiare.
La moto parte con un ruggito, e il vento freddo della notte mi sferza il viso mentre ci dirigiamo verso casa. Ma la distanza tra di noi non è mai stata così grande.
Arrivati a casa, Haru non dice una parola, come se tutto quello che era successo non avesse lasciato alcuna traccia. L’aria è tesa, il silenzio quasi soffocante.
“Haru, puoi dirmi perché hai picchiato il mio amico?” gli chiedo, la mia voce carica di frustrazione e rabbia. Voglio andare a fondo, scavare sotto la superficie di quel suo sguardo impenetrabile e capire cosa lo abbia spinto a comportarsi così.
“Per divertimento,” dice con indifferenza, le parole taglienti come vetro. Non mi guarda nemmeno. Poi si allontana, chiudendosi nella sua stanza senza aggiungere altro.
Rimango lì, sentendomi incredibilmente piccola in quel momento, il respiro bloccato nel petto. Con un sospiro di rassegnazione, vado in camera mia. Tolgo quel vestito bianco che ormai mi pesa addosso, quasi soffocante, e poi i tacchi che sembrano avermi inchiodato a terra per tutta la serata. Mi strucco velocemente e infilo il pigiama, cercando disperatamente un po’ di normalità.
Mi distendo sul letto, ma i pensieri non mi lasciano tregua. Perché l'ha fatto? Continuo a rimuginare, ma non arrivo a nessuna risposta. C’è qualcosa di oscuro, di profondamente sbagliato, ma non riesco a decifrare il perché.
Improvvisamente, un rumore forte mi scuote. Qualcosa, o qualcuno, sta colpendo con violenza. I suoni sono assordanti, quasi disturbanti. Mi alzo di scatto, il cuore che batte più veloce. Mi avvicino alla porta di Haru, sbirciando attraverso la piccola fessura.
Lo vedo. Haru è a petto nudo, i suoi muscoli tesi brillano sotto la luce soffusa, il sudore scende lungo i suoi addominali scolpiti come una lenta cascata. Mi mordo il labbro senza rendermene conto, ipnotizzata dalla vista.
Davanti a lui, un grosso sacco da boxe, e lui lo colpisce con forza. Ogni pugno è un’esplosione di rabbia trattenuta, mentre sussurra parole che non riesco a distinguere. Le sue labbra si muovono frenetiche, ma la sua voce è un mormorio tormentato, una melodia di caos interiore.
Un suono improvviso mi riporta alla realtà. Tina sta salendo le scale. Il mio cuore accelera, e senza pensarci mi chiudo rapidamente in camera.
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"Haru, è tardi. Smettila di fare rumore!" ordina Tina dal corridoio, la sua voce tagliente rompe per un attimo il silenzio. Poi tutto si calma di nuovo, come se il mondo avesse trattenuto il fiato.Mi lascio cadere sul letto e, cercando di sfuggire ai pensieri che si affollano nella mia testa, prendo le cuffie. Le indosso e chiudo gli occhi, immaginandomi ancora lì, nel mezzo della folla, con le luci che pulsano intorno a me. Riesco quasi a sentire la musica vibrarmi nelle vene, a percepire il calore della gente che mi circonda, mentre mi muovo liberamente, felice. Un ricordo così lontano, eppure così vivido.
Poi, inevitabilmente, il pensiero torna a Liam. A quel momento tra di noi, a quel bacio... un leggero brivido mi attraversa. Non pensavo che il mio primo bacio sarebbe stato con lui, il mio vicino di casa. Eppure, mi era piaciuto. Più di quanto avrei voluto ammettere.
Sospiro e prendo il telefono, scorrendo rapidamente tra i contatti. Ma... cavolo, non ho il suo numero. Il cuore mi batte più forte per un istante, frustrata. Vorrei scusarmi, spiegargli cosa è successo, ma non ho nessun modo di contattarlo. Non so neppure esattamente dove viva, né in quale scuola sia iscritto. Mi sembra tutto così complicato, irraggiungibile.
Cerco di scrollarmi di dosso quella sensazione di impotenza e scendo in cucina, il pavimento freddo sotto i piedi nudi. Prendo qualcosa da mangiare, senza nemmeno pensarci troppo, poi mi dirigo verso la veranda. Apro la porta e mi siedo sulla scala, avvolta dal buio della notte. L’aria è fresca, il silenzio rotto solo dal leggero fruscio delle foglie mosse dal vento.
Davanti a me, il giardino si estende come un mare scuro, e sopra di me, il cielo è un tappeto di stelle, brillanti e misteriose. Mi perdo a guardarle, sentendomi piccola, ma in qualche modo confortata dalla loro presenza. Sono solo io e le stelle, in questo momento, e per un attimo, la solitudine non sembra così spaventosa.
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the eclipse
RomanceIvy ha vissuto un'infanzia spezzata: abbandonata in un'auto sotto il sole cocente dalla madre dipendente, il suo fragile destino è cambiato per sempre quando una sconosciuta l'ha salvata, portandola via dal suo incubo. Ma le cicatrici del passato no...