Capitolo 13

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Neanche dopo due giorni da quel bacio, il Faraone non l'aveva più chiamata al suo cospetto. Come le aveva promesso, però, ogni volta che lo voleva le bastava dire ad una guardia che voleva vedere Bamor e subito veniva portata dove risiedevano i draghi. Appena fuori dal palazzo reale, vi era una grande fossa dove risiedevano tutti. Il piccolo Bamor, ogni volta che la vedeva, volava da lei arrivando a posarsi sulla sua spalla. Quei pochi minuti erano sufficienti per placare la malinconia che le stringeva il cuore di un passato che non le apparteneva più ormai.

Anche Diara non era più stata convocata nell'oasi rossa del Faraone, come nessun'altra concubina e questo faceva pensare che la regina, come si diceva, avesse minacciato nuovamente il sovrano di annullare la loro unione e tornare da dove proveniva, le Indie Orientali, in Asia. Proprio tramite le pettegole di turno, Yassmin aveva scoperto qualcosa in più alla regina che non aveva sangue egizio nelle vene. Di famiglia nobile e molto antica, tra le prime in Asia a possedere i draghi, appartenuti da generazioni ai reali delle Indie Orientali. Alcuni avevano anche cento anni.

Yassmin si perse, in quei giorni, in un'aria pensierosa e parlava poco. Non le era chiaro del perché non l'avesse più chiamata, Haytham, probabilmente i problemi di Stato si erano intensificati, così come il conflitto, ancora interiore, con l'altro Faraone di Tebe. Ogni tanto si guardava l'anello al dito e puntualmente, con l'ultimo pensiero ad una grande domanda senza risposta, si addormentò nel letto vicino a quello di Diara.

Quella notte, però, quando la luna piena fu oscurata dalle pesanti nubi scure, non riuscì a trovare un sonno tranquillo. Il suo corpo si girava e rigirava, tra le coperte bianche, e quando aprì gli occhi c'era una grande scarica di vento che le veniva in viso, portandola a socchiudere gli occhi. Era in mezzo al deserto, in quella che probabilmente era definita come una tempesta di sabbia. Era scalza, con solo la tunica bianca per dormire addosso e Bamor non c'era. Non c'era in cielo, non c'era al suo fianco, come non c'era l'harem, il palazzo, niente.

Solo vento e sabbia ad oscurarle la vista.

Yassmin tossì pesantemente, avanzando alla cieca e avvertendo la sabbia sotto i piedi non essere troppo cocente. Camminava senza lamentarsi, alla disperata ricerca di un riparo. Sotto ad alcune colonne antiche, riuscì a ripararsi, e fu solo allora che vide l'entrata di una tomba. Senza pensarci due volte entrò, prima che il deserto potesse inghiottirla. Un muro di sabbia si alzò alle sue spalle, facendola sobbalzare. Quando provò ad urlare, però, notò che dalla sua bocca non uscì alcun suono.

Sono morta? Riuscì solo a pensare, avanzando tra le grandi statue di Anubi con le torce accese, come ad illuminarle la via da seguire.

La rossa camminò, guardandosi sempre attorno. E non appena entrò nella seconda stanza della tomba, vide l'acqua attorno a lei. Nera come la pece, da dove si potevano udire delle voci flebili, quasi sussurate. Lentamente, la luce delle torce si accese anche in quella stanza e mostrò a lei un percorso tutto dritto, solido sotto i suoi piedi. Al centro vi era una figura girata di spalle che si voltò solo quando le fu quasi vicino.

Vestiva con un abito bianco, lungo, e una corona di piume nere e blu le copriva il capo da quelli che dovevano essere dei lunghi capelli neri. In una mano, aveva qualcosa che sembrava una chiave.

"E' così la figlia del drago è giunta fino a qui." Iniziò a dire la donna, avvicinandosi ancora di più.

Che cos'è questo posto?

"Questa è la tomba sommersa di Osiride, mio marito." Le rispose Iside, facendole capire che poteva leggerle la mente. Ai vivi non era consentito parlare all'interno della tomba, per non disturbare il sonno del Dio.

Yassmin sgranò gli occhi. Sono morta?

"No. Il tuo inconscio ti ha condotto da me."

E perché?

"Perché io e te abbiamo un legame, mia cara. La figlia del drago è nata dal mio grembo, dal mio sangue. E da quel vile di Seth."

No, non poteva essere...

Iside annuì. "I draghi, persino tu, siete delle sue creazioni. Un farmi vedere quanto la passione poteva prevalere sul vero amore." Le spiegò, incamerando respiro nei polmoni. "Ma il tuo inconscio non ti ha portata qui solo per questo."

E per cosa allora?

La Dea avanzò in un lato della stanza, dandole le spalle. Al suo passaggio, l'acqua spariva per un breve istante. Le torce di Anubi illuminarono uno scrigno che lei aprì per un istante, ammirandone il contenuto. "Per sapere che il tuo destino non sarà florido. Ma delle scelte dure dovrai affrontare, come le torce che dovrai bruciare." Rispose, prendendo quello che sembrava uno scettro tutto d'oro in mano. "Uno per il potere, uno per la morte e uno per la rinascita." Si fermò un breve istante, tornando da lei. "Ma la via da seguire è una sola. O essere ricordata in eterno, con canti e gloria, o essere dimenticata dalla tua seconda generazione. La scelta è solo tua."

Le ultime parole della Dea le arrivarono come un'altra raffica di vento dritta in viso, quella che la destò definitavamente da quel sogno. Iside aveva compiuto la sua missione, ma questo Yassmin non poteva saperlo. Nel suo letto, ansimante, si svegliò di soprassalto, osservando solo l'oscurità della stanza intorno a lei, con il respiro tranquillo del sonno di Diara in sottofondo.

Mettendo i piedi nudi sul freddo pavimento della stanza, si prese la testa con le mani e pensò a ciò che aveva sognato, a ciò che aveva visto.

Non può essere...

Se era veramente figlia di una Dea perché doveva sopportare la schiavitù, l'essere una concubina nell'harem. Respirò a fatica, per lo spavento e quando notò dei granelli di sabbia nel suo letto, sgranò gli occhi. Come ci erano finite lì?

Un trambusto improvviso al piano di sotto dell'harem superiore, interruppe il flusso dei suoi pensieri e lo sgomento che aveva in volto. Diara sbadigliò pesantemente, mettendosi in posizione seduta sul suo letto. "Ma è già mattina?"
Yassmin guardò fuori, in alto, da una piccola finestra quadrata. Era ancora buio fuori. "No. Deve essere successo qualcosa." Disse, alzandosi e andando a vedere lei di persona. Aprendo la porta notò che c'era un via vai di gente, di guardie, e anche le concubine dell'harem inferiore erano sveglie.

Dalle grandi porte entrarono una schiava, che aveva già visto in precedenza, e due guardie. Una aveva un papiro in mano e si apprestava a dire qualcosa.

"Il Faraone Hyksos è lieto di comunicare a voi e a tutto il palazzo che in data odierna, la regina, ha scoperto di essere in dolce attesa. E vi manda questi doni per festeggiare con lui e con la sua consorte la lieta notizia." Tra le donne ci fu un applauso generale e dei bisbigli sorpresi e felici. Yassmin, però, non applaudì. Con lo sguardo fisso, rimase ad osservare le guardie e la schiava, dama di compagnia della regina, che reggeva in mano una torcia. "La regina Leimi ha anche dichiarato chi, tra di voi, dovrà accendere la torcia sacra dedicata alla Dea Thoeris, protettrice della maternità." La guardia si fermò un attimo e guardò nella direzione di Yassmin, facendole cenno di scendere. La rossa stentava a crederci. "Yassmin dalla pelle di drago, accenderai la torcia in onore della Dea Thoeris e pregherai per l'erede del tuo Signore. Così è deciso." Decretò la guardia, facendo cenno a lei di uscire con loro dalle porte e alle altre concubine di poter tornare a dormire.

Non appena giunse nel piccolo tempio interno del palazzo, illestito in onore di Thoeris, una sensazione l'avvolse. Quella di essere guardata da occhi invisibili. E quando accese la torcia in onore alla Dea, nelle sue orecchie risuonarono i bisbiglii e i sussurri dell'acqua nera del suo sogno e le parole di Iside riguardo alle pire.

Senza saperlo, aveva appena acceso la torcia del potere.

Hyksos - La danza del dragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora