Capitolo 21

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Dopo la morte del faraone di Tebe molte cose erano cambiate. Si diceva che gli Hyksos fossero prossimi a trasferirsi nel nuovo palazzo della città concquistata e molti abitanti che erano fedeli al vecchio sovrano, divennero schiavi del sovrano degli Hyksos. Alcuni ripresero la loro vecchia mansione, altri ne adottarono altre. L'harem inferiore si era popolato di nuovi volti e quello, Yassmin, l'aveva scoperto tramite le chiacchiere che da giù salivano fino a lei.

Chiusa a chiave nella sua stanza non le era permesso mettere il naso fuori dalla porta, neanche il viso, e tutti ormai sapevano della sua tresca con il Gran Sacerdote. Era inutile, per la rossa, gridare la sua innocenza. Gli Dei lo sapevano. Poteva sperare soltanto in un loro aiuto divino, quella sera, quando sarebbe stata condotta nel deserto nero e il suo fato si sarebbe compiuto. Aveva acceso qualche torcia in onore di Iside, anche in onore di Seth, sperando che i suoi genitori si manifestassero a lei in una visione.

Ma nulla. Sembrava essere abbandonata da tutti ormai.

In quel momento capì che Seth, nel deserto bianco, non le aveva mentito circa la visione che aveva visto.

Uccidi il faraone. O lui ucciderà te.

Si sarebbe compiuta la sua seconda opzione del destino. Ed ora non poteva fare nulla per cambiare le cose.

Si ranicchiò su sé stessa sul grande letto a baldacchino, pregando ogni Dio a lei conosciuto e anche per l'anima di Imothep, affinché potesse raggiungere la Duat. Magari l'avrebbe rivisto presto nei Campi dei Giunchi.

Il bussare alla porta la mise in allarme, ma le bastò guardare fuori dalla finestra per capire che doveva essere il pasto del pranzo, visto che era ancora giorno. E sarebbero partiti solo al calar della sera per il deserto nero.

"Avanti." Mormorò appena, ma udibile a chi era dall'altra parte della porta. Rimase con lo sguardo basso per molto tempo, anche quando avvertì la presenza femminile entrare nella stanza. "Non ho fame." Anticipò ogni tipo di parola, solo perché non le andava neanche di dire mezza parola.

"Sei pallida, figlia mia. Dovresti mangiare qualcosa." Le disse una voce femminile a lei conosciuta.

Le lacrime le salirono nuovamente agli occhi, alzando poi lo sguardo. La figura di Atifa era sfocata ma l'avrebbe riconosciuta tra mille. E i suoi occhi erano veri, brillavano di gioia nell'averla ritrovata. Si alzò di scatto e l'abbracciò, lasciandosi avvolgere dal ricambio del suo abbraccio. "Madre." Mormorò tra le lacrime, certa che non avrebbe mai più detto quella parola in vita sua.
"Sono qui, bambina mia. Sono qui." Le sussurrò Atifa all'orecchio, con voce un po' amara. Non si sarebbe mai aspettata di ritrovarla in quelle circostanze.

Si staccò da lei, lieta di sentire il suo tono amorevole. "Sono felice di sapere che non ce l'hai con me per la morte di Seb."

"So tutto. Ho visto tutto." La confortò, carezzandole il viso bagnato di lacrime. "Anche degli intrighi di Nesrine."

"Ho chiesto al faraone una degna sepoltura per lei." Provò a dire, cercando di calmarsi.

Atifa annuì, grata mentalmente per quella richiesta. "Ora pensa solo a te."

"Non sai la novità? Sarò giudicata dagli Dei. Per qualcosa che non ho fatto." Disse ironica e amara al tempo stesso.

La donna annuì. "So anche questo." Confermò, togliendo qualcosa da dietro la schiena. C'era qualcosa di lungo arrotolato in un panno nero che la rossa riconobbe come i vestiti che usava quando era a Tebe. "Questo può essere la fine ad atroci sofferenze."

Quando Yassmin levò il panno, quasi non ci credette. Era uno scettro completamente d'oro, simile ad una lancia. Ora che la guardava bene, l'aveva già vista.

"E' l'arma che ha usato Nesrine nel combattimento contro di te." Le confermò Atifa. "La lancia di Ptha. L'unica, insieme al fuoco dei draghi, in grado di ucciderti."

La rossa guardò la madre con il cuore che le martellava nel petto. "E?"

Atifa buttò fuori dagli occhi qualche lacrima, prima di proseguire. "Io non posso aiutarti, bambina. Ma voglio risparmiarti le sofferenze del fuoco."

"Io sono innocente, madre. Guardami!" Esclamò, esortando la donna a guardarla negli occhi. "Io non ho fatto niente. Sono sempre stata fedele al faraone e gli Dei mi saranno testimoni, questa sera." Disse ad alta voce, forse un po' troppo. "Quindi non mi ucciderò. Sarà un drago a farlo, se per gli Dei sarò giudicata colpevole." Aggiunse, abbracciandola nuovamente tra i singhiozzi della donna. "Ti voglio bene e dillo pure a papà. E' qui?"

Atifa annuì, tirando in su con il naso. "Sì, ma il nostro rapporto è totalmente diverso. Abbiamo perso tutti voi, i nostri figli. E tutto per colpa della proposta del vizir, quella sera."

Yassmin scosse la testa con forza, prendendole le mani nelle sue. "Non è colpa vostra, né di nessun altro. Ritrovate l'amore che vi univa un tempo, ve lo meritate. Abbraccerò i miei fratelli anche per voi, se sarò giudicata colpevole e arriverò nei Campi dei Giunchi. Ma voi trovate la forza di reagire." Le disse, sperando, in cuor suo, che nei Campi dei Giunchi, Nesrine non perdesse tempo a litigare con lei.

"Yassmin. Il mio gelsomino in fiore." Le disse amorevolmente Atifa, stringendola nuovamente a sé. Presto non sarebbe stato più possibile. E il trambusto delle guardie, al piano di sotto, le ricordò che era lì sotto mentite spoglie. "Devo andare."

La rossa annuì, dandole un bacio sulla guancia. "Addio, madre."

Ma Atifa riuscì a farle solo un mezzo sorriso, con le lacrime agli occhi non riuscì proprio a dirle niente, neanche la parola che le uscì dalla bocca solo quando fu sola, lontana dall'harem del palazzo.

"Addio, bambina."

Montò sul cammello e lo spronò forte, uscendo da Avaris prima che fosse troppo tardi, in direzione di Giza dove si sarebbe incontrata con Sadiki. Avevano ancora qualcosa da fare.

Hyksos - La danza del dragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora