Cap. 10 Un brusco risveglio

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Grazie all'aiuto di Iris era riuscita a nutrire quel ragazzo ancora per metà privo di sensi nella chiesa. Ogni tanto riapriva gli occhi ma subito Iris provvedeva a fargli respirare un po' del liquido di amapolisia. Non più del necessario, doveva solo tranquillizzarlo, cosi gli avrebbe permesso anche di mangiare un po' e di riaddormentarsi subito dopo.

Aveva trovato utile quel magico liquido a tal punto che si fece fare dalla sua amica qualche barattolino pronto all'uso, cosi che riusciva ad usarlo anche se era da sola.

L'acqua del lago poche volte l'aveva vista così pulita e con quella giornata pensò che fosse l'ideale farsi un bagno da sola. Per liberarsi dai pensieri.

I laghi non sono luoghi dove farsi il bagno, questo era quello che le ripeteva sempre sua madre quando era piccola. Ci sono i mulinelli e sono profondi e pericolosi, continuò Glenda. <<Guardati sei tutta bagnata ti beccherai un raffreddore!>>

Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, il mento appoggiato alla superficie dell'acqua.

<<Ma mamma Lucas aveva bisogno>> provò a giustificarsi. <<Lucas sa' nuotare non dovevi andare! Inoltre piove! Puoi solo immaginare cosa poteva accadere?>> le lacrime gli pizzicarono i grandi occhi verdi <<un qualche fulmine poteva colpire l'acqua che ti avrebbe folgorato>> solo l'immagine la fece scoppiare. Un pianto liberatorio ma allo stesso tempo impaurito e le sue piccole manine andarono a cercare il corpo della mamma. Potevano davvero succedere quelle cose?

Immerse completamente la testa al di sotto della superficie dell'acqua e una strana sensazione la pervase.

<<Lucas starà bene?>> chiese tra un singhiozzo e l'altro <<Certo che starà bene non devi preoccuparti tra qualche giorno potrete di nuovo giocare insieme>>

Il battito del su cuore accelerò e il fiato cominciò a mancarle creando in lei una sorta di panico.

''Tra qualche giorno potrete di nuovo giocare insieme".

Riemerse di colpo, come a voler lasciare i ricordi sotto l'acqua, dove non poteva più sentirli.

Non voleva che tornassero. Non di nuovo. Non dopo tanti sacrifici per dimenticare.

Sentì una goccia caderle sulla punta del naso e automaticamente portò lo sguardo al cielo. Si stava coprendo di nuvoloni grigi. Forse era meglio andare prima che iniziasse a diluviare. Ripensò ai rimproveri di sua mamma. Si immerse ancora una volta totalmente e contò. Arrivò fino a un minuto e 27 secondi. Da piccola arrivava malapena a 50.

Lentamente si diresse verso alla riva non preoccupandosi del suo corpo nudo. Erano lei e la natura. Ogni passo che fece più vicina alla riva fu sempre più pesante, come a volerle ricordare che stava uscendo dal lago, che stava tornando alla vita di tutti i giorni e stava abbandonando quel momento di pace.

Prese la maglietta nera e la usò per asciugarsi distrattamente, si infilò a fatica il pantalone vista la pelle ancora umida e infine la maglietta e la sua mantella grigia. Si legò alla gamba il marsupio e piena di determinazione tornò alle preoccupazioni della vita. Di rado si permetteva delle pause da condividere con la natura.

Tutto ciò che la circondava ogni giorno era splendido. La natura intorno a lei e alle persone che conosceva restava lì immobile e stabile, facendo piccoli sospiri andava avanti nel tempo. Anche dopo tutto quello che l'essere umano le aveva fatto passare: le bombe, i rifiuti lasciati dove capitava, la costruzione oppressiva di strade e edifici. Solo un  giorno un po' di anni prima, quando lei aveva appena un anno, la natura decise di riprendersi il controllo del suo pianeta. Fu cosi che terremoti, vulcani in eruzione e disastri naturali ebbero ridotto nuovamente l'uomo al suo essere primitivo. Ed era tutto ciò a renderla cosi splendida e rispettabile. Si riprese tutto ciò che era suo e ritornò di nuovo nella sua più perfetta forma.

Il rumore delle sue scarpe che calpestavano le foglie.

Al ''di fuori'' sapeva che c'erano i resti della vecchia civiltà umana e le rispettive abitazioni. C'era stata solo una volta quando aveva pochi anni. Quando sua madre e suo padre cercavano un posto dove stare; poco dopo trovarono Frederick che li ospitò nel suo villaggio. Ma lei di quello non ricordava niente, lo sapeva solamente grazie ai racconti di sua madre.

Camminando respirava l'aria pulita che c'era vicino al lago con tutti i polmoni. Le dava soddisfazione sentire l'aria fresca entrarle nel petto.

Un urlo la fece immobilizzare. Sembrava provenire da una voce maschile.

Si nascose piu che poteva dietro un albero e estrasse un coltello dal marsupio alla gamba. Dei passi veloci si stavano avvicinando.

Il cuore dentro al petto le risuonava nelle orecchie e il fiato le si fece più corto. Li sentiva, i passi erano a pochi metri da lei. Sembrarono una corsa lenta e stanca.

In un colpo veloce gli fu davanti immobilizzandolo. Il suo corpo fu immobile sopra quello caduto a terra. Il coltello puntato alla gola gli pizzicò la pelle e un rivolo di sangue le sporcò la lama. Un'imprecazione la fece alzare nel momento che capì essere l'uomo mascherato, senza maschera.

Il volto era ricoperto da una leggera barba non curata e profonde occhiaie gli circondavano gli occhi. In effetti aveva mangiato veramente poco in quei giorni. Gli occhi sbarrati erano incollati sul viso di Aleida.

<<Hei dove scappi! razza di imbecille volevo solo cambiarti le fasciature>>

A quella voce l'uomo tornò alla realtà e fece per alzarsi, ma un improvviso dolore glielo impedì.

Iris si avvicinò ai due con il fiato corto e gocce di sudore sulla fronte. Appoggiò le mani sulle ginocchia sfinita. Aleida notò che in mano aveva un fazzoletto imbevuto di un liquido arancione. Amapolisia pensò.

<<Non ti avvicinare con quella roba>> una voce roca ma squillante veniva dal ragazzo ancora a terra spaventato, un braccio stanco alzato come a volersi proteggere.

L'Arte del silenzioWhere stories live. Discover now