8. la lezione

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"Alcune domande non hanno bisogno di risposte; sono lì solo per ricordarti chi sei e chi temi di diventare."

POV Ashley

Quando la campanella della ricreazione suona, un'ondata di ansia mi travolge.

Io e Dylan siamo convocati in segreteria dalla professoressa di spagnolo. Mentre salgo le scale sento il battito del cuore accelerare. Ogni passo mi sembra più pesante, sapendo già la conversazione che ci aspetta. Il pensiero di dover fare lezioni di spagnolo con Dylan mi riempie di nervosismo.

Cosa dirò ai miei fratelli?

Arrivo davanti alla porta della segreteria senza quasi senza rendermene conto. Prima di bussare faccio un respiro profondo, cercando di calmare i nervi.

Ce la posso fare, mi ripeto tra me e me.

Busso lievemente, e dopo pochi secondi apro la porta. La professoressa di Spagnolo e appoggiata alla scrivania, e Dylan è contro il muro, con le braccia incrociate e mi guarda con un sorriso compiaciuto su viso.

Lo prenderei a pugni.

«Finalmemte sei qui. Ti stavamo aspettando» dice la professoressa, posando il computer che teneva in mano.

«Si... Scusi il ritardo» rispondo cercando di sembrare tranquilla.

«Allora parliamo velocemente di questa situazione» continua lei. «Come ti ha già accennato la preside, il tuo compito è andato malissimo. Per questo motivo, Dylan sarà disponibile per darti delle lezioni di recupero»

Con un po' di speranza chiedo: «Non può essere qualcun altro a darmi lezione di recupero?»

«No, Ashley. Dylan è uno dei più bravi studenti in spagnolo, essendo provenuto da una famiglia con origini spagnole. È la scelta migliore per aiutarti. Voi due vi organizzerete su dove quando e come fare lezioni. E vi avverto: se scopro che non stare prendendo sul serio queste lezioni, ci saranno conseguenze serie» scambio uno sguardo con Dylan, e lui mi guarda con quel sorriso triofante, come se avesse appena vinto una partita a cui solo lui stava giocando.

Che cosa sta tramando?

«Detto questo potete andare» conclude la professoressa.

Apro la porta cercando di uscire il più velocemente possibile per seminare Dylan, ma lui mi supera con disinvoltura e tiene la porta aperta per me, sempre con quel sorriso sfrontato che mi fa solo venire voglia di strapparglielo dalla faccia.

Cerco di camminare più veloce, senza dargli modo di parlarmi, ma lui mi raggiunge con facilità.

«Non si saluta più fiore?» mi stuzzica con tono sarcastico.

«Per prima cosa, non siamo amici, e seconda, queste lezioni non si faranno mai perché, se i miei fratelli mi scoprono, prima uccidono te e poi me»

«Mi preoccuperei di più della tua morte» ribatte con un tono che sembra quasi sincero.

Incrocio il suo sguardo, e una vampata di calore mi colora le guance. Distolgo lo sguardo, cercando di andare ancora più veloce per nascondere il mio imbarazzo.

«Certo, come no. Non puoi parlare così, sei solo un narcisista»

«Un narcisista?» ripete lui, quasi divertito.

«Esatto, un narcisista» confermo.

Lui si ferma, guardandomi con intensità «Forse, se sono narcisista, questa è la volta buona per cambiare»

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