8. La lezione p2

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"A volte, le verità più profonde si nascondono nelle cose che lasciamo in vista, sperando che nessuno le noti davvero."

Mentre entro in quella casa, un profumo di fresco mi invade. Una casa non troppo grande, ma ben strutturata e ordinata, con i colori ben abbinati.

Mi perdo a fissare l'ambiente circostante mentre Dylan rimane a guardarmi in silenzio.

Chiude la porta in ceramica e poi dice solo una cosa: «Vieni».

Lo seguo mentre sale le scale che a quanto pare conducono alla sua stanza. Infatti, entriamo nella sua stanza, e la prima cosa che vedo è il disordine: vestiti sparsi sul pavimento, una pila di libri accatastati vicino al letto, e una scrivania ingombra di fogli e appunti messi alla rinfusa.

La mia reazione è quasi divertita, ma mentre osservo meglio, mi accorgo di alcuni dettagli che mi colpiscono, come se ci fosse di più di quello che si vede a prima vista.

Sulla parete accanto al letto c'è una bacheca piena di foto e bigliettini; ognuno sembra raccontare qualcosa di lui. Involontariamente mi avvicino per guardare. In alcune foto compaiono tramonti, laghi, mari, come se ci fosse un significato speciale.

Ritraggono momenti con persone che non ho mai visto, amici o forse di più, che chissà se fanno ancora parte della sua vita.

Quello che però mi incuriosisce di più è la foto di una bambina, messa al centro con intorno tutte le altre, come se questa rappresentasse tutto.

Dylan si dirige nel bagno della sua stanza, penso per mettersi qualcosa addosso.

Mentre mi guardo attorno, mi rendo conto che ogni oggetto, ogni dettaglio sembra nascondere una storia, un pezzo della storia di Dylan che non pensavo potesse esistere.

Osservando quella foto, mi perdo nei dettagli, chiedendomi chi sia e per quale motivo lui abbia deciso di conservarla così, a bella vista, come se ogni giorno avesse bisogno di vederla lì.

Ma proprio mentre sto allungando la mano verso la foto, sento un movimento alle mie spalle.

«Ashley», la sua voce mi fa trasalire, come se fossi stata scoperta a frugare in qualcosa di segreto.

Mi volto di scatto, trovandolo a guardarmi con un'espressione indecifrabile.

«Chi è quella bambina?»

Dylan sospira, distogliendo lo sguardo, poi passa una mano tra i capelli, chiaramente a disagio.

«Notandola meglio, è molto simile a me da bambina», dico, cercando di sciogliere la tensione.

«È... solo una parte della mia vita di cui preferisco non parlare troppo», dice dopo un po', abbassando lo sguardo, come se le parole gli fossero costate più di quanto volesse ammettere. «Almeno non ora».

Dylan si schiarisce la gola, come se volesse lasciarsi alle spalle quello strano momento. Si sposta verso la scrivania, prende un libro di grammatica spagnola e un quaderno, e me li porge. Mi rendo conto di non avere più scuse: è ora di iniziare la lezione.

«Allora... sei pronta a concentrarti su qualcosa di più impegnativo delle mie foto?» chiede con un sorriso appena accennato, ma gli occhi mantengono una leggera ombra di tensione.

Sospiro, prendendo il libro dalle sue mani e sedendomi di fronte a lui. «Non penso di avere altra scelta, no?»

«Siamo qui per migliorare il tuo spagnolo, Fiore, non per fare discussioni su foto o altro». Sfoglia il libro, fermandosi su una pagina che riporta un dialogo. «Proviamo a leggere questa conversazione, e tu segui la pronuncia, va bene?»

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