CAPITOLO 3 Impegno.

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PRESENTE...
Ripetei la coreografia per l'ennesima volta.
Ogni giorno venivo ore e ore prima dell'apertura della scuola per provare le coreografie e fare riscaldamento, ormai la danza era diventata come un lavoro, per me.
Era aprile e stavo terminando il mio ultimo anno alle superiori.
Sì, dovevo studiare per l'esame ma, più di cinque ore seduta non riuscivo a stare.
La scuola di danza apriva alle quattro del pomeriggio e io appena finita scuola mi precipitavo qui, visto che avevo le chiavi dell'edificio.
Ero stata proposta come ballerina per Parigi ma di solito i risultati si sapevano a maggio e noi eravamo a metà aprile.
Le scarpette da punta si modellavano perfettamente con i miei piedi.
«Sei arrivata di nuovo prima.» constatò la signora Stile.
I suoi capelli si erano ingrigiti ma il suo carattere severo era rimasto. «Continua ad allenarti...» si raccomandò. «...e a Parigi ti troverai benissimo.»

UN MESE DOPO...
«Ragazze, allora, siete pronte per i risultati?» chiesi.
Ero davvero impaziente di scoprire chi dei ragazzi e delle ragazze proposti fossero stati accettati.
«Ragazze, prego. Seguitemi.» ci disse Carolin, la segretaria della scuola.
Lì davanti c'erano gli altri tre ragazzi che erano stati selezionati insieme a noi.
Stranamente, non mi ero mai affezionata ai miei compagni di danza.
Io ho sempre preferito allenarmi e perfezionarmi per fatti miei, senza perdere tempo a legare con nessuno. La danza è come un lavoro, non un passatempo.
Cioè, lo è, ma va presa molto seriamente.
Carolin ci portò davanti alla bacheca dove lì venivamo affissi i riusultati d'ammissione.
Il mio occhio slittò immediatamente alla tabella degli idonei.

Allievi idonei:
Daphne Brown
Noemi Murphy
Richard Carlion

Solo tre allievi idonei.
Non ne avevano mai presi così pochi.
E tra questi tre c'ero io.
«Non posso credere che sono stata presa con Daphne.» sentii sussurrare da Noemi.
Mi trattavano tutti come un essere alieno solo perché ero la migliore del corso e avevo doti davvero notevoli, non era colpa mia se gli altri non lo prendevano così seriamente.

UNA VOLTA A CASA...
«Allora, tesoro?» mi chiese mamma, mentre preparava la cena.
«Sono stata presa!» esclamai.
«Davvero?» chiesero i miei fratelli. «Non posso crederci.»
«Oh, la mia piccolina cresce a vista d'occhio!» aggiunsero mia madre e mio padre in coro.
«E per quando è prevista la partenza?» chiese Mathias.
Per fortuna una domanda intelligente.
«Dopo il mio esame di maturità.» risposi.
«Tesoro, dobbiamo andare a comprare tutto l'occorrente: nuove calze, nuovo body...» iniziò ad elencare mamma.
«Sì, mamma. Vado a riposare. Ciao.»
«E non ceni?» m'interrogò.
«No mamma, ho troppo sonno.»
«Okay, buonanotte.»
Erano solo le nove di sera, ero appena tornata da una giornata estenuante di studio e danza ma il sonno mi travolse.
Non mangiavo dalla colazione.
"Più sarai snella e più avrai il fisico adatto alla danza, Daphne."
Scivolai nell'oblio del sonno.

IL GIORNO DELL'ESAME DI MATURITÀ...
«Complimenti, signorina. Ha superato gli esami a pieni voti, sarebbe bene se lei decidesse di iscriversi ad un'università.»
«La ringrazio immensamente, ma nella mia vita c'è già la danza, e non penso che la abbandonerò.» spiegai con più cortesia possibile.
«La capisco, signorina.» si intromise la professoressa di scienze. «Può andare e ancora complimenti.»
Chiusi la porta alle mie spalle.
Sì, ce l'ho fatta!
Ora mi posso dedicare interamente alla danza.
Salii in macchina e misi in moto per andare a casa.
«Daphne, come è andata?» mi chiese mamma, appena arrivai.
«Tutto bene. Vado a danza.»
«Hai appena fatto l'esame di maturità e tutto ciò che hai da dire è... "bene"?» chiese.
«Ho da fare mamma. Tra poco partirò per Parigi e devo allenarmi.» spiegai frettolosamente.
«Non mangi nemmeno?»
«Ovviamente no. Non ho tempo.»
Mi osservai il ventre.
Nonostante avessi deigli addominali ben definiti, dovevo tonificare ancora di più.
Non avrei mai avuto il fisico che sognavo se non avessi fatto tutti questi sacrifici.
E mentre mi avviavo alla scuola di danza, una lacrima mi esplorò il viso, perché sapevo di essere malata e non poter chiedere aiuto.
L'anoressia è un'aspirale che ha un inizio ma non una fine. E io non ne sarei mai uscita.

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