Ero nel letto d'ospedale.
Mi avrebbero dimessa questa sera, per fortuna.
Mamma e papà erano andati a casa ad aspettare i miei fratelli che sarebbero tornati dalla nottata che avevano fatto (perché, sì, a quindici anni già fanno le nottate e si permettono di tornare anche dopo le dieci del mattino, perché per l'appunto erano le dieci e mezza) e Louis aveva detto che sarebbe andato a dare un'occhiata alla farmacia per controllare... qualcosa.
Ero completamente sola.
Non avevo detto ai miei che ero incinta e probabilmente non l'avrei detto a nessuno fino al giorno dopo lo spettacolo, per non correre il rischio di non interpretare più il ruolo di Nikiya.
Presi il cellulare e scrissi a Noemi.
Già ci conoscevamo da quando eravamo nella vecchia scuola di danza e lei oggi sarebbe dovuta venire a Los Angeles.
"Sei arrivata?" Digitai in fretta.
"Si, da un'oretta. Passo a salutarti. Dove ti trovi?" Rispose immediatamente. Probabilmente era già online.
"Sono in ospedale. Poi ti spiego, ora vieni qui."
Mi dispiaceva mentire ad una mia amica, ma ero costretta a farlo: mi ero allenata davvero tanto e non potevo buttare tutto all'aria per colpa di uno stupido errore.QUINDICI MINUTI DOPO...
Una ragazza dagli occhi verde scuro e i capelli castani entrò nella mia stanza.
Era Noemi.
Aveva applicato un mascara diverso dal solito, visto che quegli occhi color abete erano accentuati molto.
«Mi puoi spiegare perché ti trovi qui?» domandò, sedendosi sulla sedia degli ospiti accanto al mio letto.
I tacchi che portava parevano essere molto scomodi, perché appena si accomodò, fece un sospiro di sollievo.
«C'è stata una sparatoria in discoteca questa notte e sono stata colpita alla mano.» le mostrai la mano ferita. «Hanno estratto il proiettile; vogliono tenermi qui fino a stasera, poi verrò dimessa.» spiegai alla mia amica che si stava torturando le labbra tinte con un rossetto color pesca. Avevo notato che era um gesto che faceva spesso quando era preoccupata.
«Oh, mio dio mi dispiace da morire, Daph.» fece, sinceramente dispiaciuta.
Era... bello avere amici.
Soprattutto quelli più empatici.
Mi facevano sentire mezza sollevata, perché un po' della mia preoccupazione se la prendevano loro.
Era bello condividere le emozioni con chi volevi bene.
«A te invece come va?» chiesi.
«Direi bene! Ho rivisto le mie cugine e i miei zii. Mi erano mancati.» sospirò.
A Noemi erano morti i genitori quando era piccola a causa di un incidente stradale. Sua madre era una ballerina e così trasmise anche a lei la passione per la danza. Mi raccontò questa storia un po' di sere fa, quando eravamo ancora all'Opéra.
Per la prima volta conobbi l'empatia per un'amicizia.
«Non mi hai mai detto quanti anni hanno.» constatai, riferendomi alle sue due cugine.
«Una tredici ed una ventuno.» rispose.
Quando parlava di loro le si illuminavano gli occhi, si vedeva che erano molto legate, anche perché vive con sua zia, suo zio e le sue cugine da quando aveva otto anni: oramai le reputava praticamente sorelle.
«Noemi...» la richiamai, quando capii che stava per andarsene.
«Che c'è, Daph?»
Dovevo chiederglielo per capire cosa si provava.
Se era questo il sentimento che iniziavo a sentir scorrere nelle vene a a battere nel cuore.
«Tu sei mai stata innamorata?»
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A Un Passo Dalle Stelle
ChickLitUn amore che va oltre i confini della vita... Daphne Brown e Louis Clark si sono conosciuti da piccoli, grazie ai loro genitori che erano migliori amici (Libro MADAME, non ne è necessaria la lettura prima di iniziare questo libro ma vi consiglio com...