Capitolo 9: La Confessione con gli Amici
Avevo bisogno di parlare con qualcuno, di raccontare quello che stava succedendo dentro di me, perché ogni giorno mi sentivo più intrappolato. Ero stanco di tenere tutto dentro, di nascondere le cicatrici che si stavano formando. Non riuscivo più a farcela da solo, e così, dopo giorni di tensione, decisi di confidarmi con i miei amici.
Ci trovavamo tutti insieme in un parco, come facevamo sempre. Ma quel giorno non era come gli altri. Non riuscivo a nascondere l'angoscia che mi tormentava, e mentre parlavamo, le parole cominciarono a uscire senza che potessi fermarle. Raccontai loro tutto: la mia vita a casa, le continue urla, le punizioni, l'indifferenza, e la mia fuga. Gli amici mi ascoltavano in silenzio, ma la loro incredulità era evidente. Non potevano credere che qualcosa del genere stesse succedendo davvero.
"Marco, non è possibile," disse uno di loro, scettico. "Ci deve essere un altro modo, qualcosa che stai saltando. Non è normale che ti trattino così." Gli altri annuirono, visibilmente confusi. Non riuscivano a immaginare una vita come la mia, perché per loro la casa era il rifugio sicuro, il posto dove ci si sentiva protetti. La loro incredulità era il riflesso di quanto fosse difficile per loro comprendere la mia realtà.
Ma proprio in quel momento, mentre ero lì con loro, il mio telefono squillò. Era mio padre. Non risposi subito, ma il suo numero sul display mi fece gelare. Mentre lo fissavo, mi sentivo come se tutta la paura che avevo cercato di nascondere stesse tornando in superficie. Alla fine, decisi di rispondere, anche se sapevo che sarebbe stato un altro momento difficile da affrontare.
"Marco, dove sei?" mi chiese, la sua voce già carica di rabbia. "Appena torni a casa, il bastone ti aspetta. Non pensare di scappare ancora."
Le sue parole furono dure, fredde, come sempre. Non c'era preoccupazione per me, non c'era amore o affetto. Solo minacce, solo un modo per farmi sentire piccolo, per farmi capire che non avevo scampo. "Il bastone ti aspetta," disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Quando riagganciai, i miei amici erano in silenzio. Non avevano parole. Ma i loro sguardi mi dicevano tutto. Ora capivano, finalmente, in che tipo di situazione mi trovavo. Le loro espressioni erano di shock, di rabbia, ma anche di preoccupazione. Non c'erano più dubbi: avevo bisogno di aiuto, avevo bisogno di scappare, ma non sapevo come.
"Non è giusto, Marco," disse uno di loro, avvicinandosi a me. "Tu non meriti di vivere così. Dobbiamo fare qualcosa."
Sentii per la prima volta in molto tempo che qualcuno mi stava davvero ascoltando, che qualcuno si preoccupava per me. Nonostante la loro incredulità, non mi giudicavano. Mi capivano, e questo mi faceva sentire, per un istante, meno solo.
Gli amici non sapevano cosa fare per aiutarmi, ma il solo fatto che mi stessero dando attenzione, che non mi stessero dicendo che ero io il problema, mi dava una piccola speranza. Forse non ero destinato a rimanere intrappolato in quella vita per sempre. Forse, finalmente, avevo trovato qualcuno che capiva la mia sofferenza. E anche se la situazione era ancora difficile, quel momento mi fece sentire che forse, un giorno, avrei potuto cambiare le cose.
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la luce nel buio
Avventura"La luce nel buio" narra la vita di Marco, un ragazzo che cresce in un ambiente difficile, segnato da maltrattamenti e solitudine. La sua vita sembra priva di speranza finché, un giorno, incontra un gruppo di amici che gli offrono il supporto e l'af...