Capitolo 29: Ne vale la pena?

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Kenan, dopo aver ricevuto l'invito di Chiesa, si preparò con lentezza. Ogni gesto era misurato, come se pesasse il valore di ogni movimento. Il riflesso nello specchio mostrava un volto più stanco, segnato da pensieri non detti e sentimenti complicati. Sapeva che una serata con gli amici avrebbe potuto distogliere la mente da quel groviglio emotivo, ma dentro di sé sentiva il peso dell'incertezza, un macigno che lo seguiva ovunque.

Quando uscì di casa, l'aria fresca della sera di Torino lo colpì, portando con sé il familiare profumo della città: l'odore di pizza appena sfornata, il rumore dei tram in lontananza, e il mormorio delle voci dei passanti. In fondo, quel caos quotidiano gli dava una parvenza di normalità, qualcosa a cui aggrapparsi mentre tutto il resto sembrava sgretolarsi.

Al ristorante, un piccolo locale illuminato da luci soffuse e arredato con un accenno di modernità, i compagni di squadra erano già riuniti attorno a un grande tavolo rotondo. Chiesa alzò il bicchiere appena lo vide entrare, salutandolo con un sorriso caloroso. "Finalmente ti fai vedere! Pensavamo di doverti venire a prendere di peso," scherzò, facendo scoppiare una risata generale.

Kenan abbozzò un sorriso, sistemandosi sulla sedia accanto a Gatti, che gli diede una pacca affettuosa sulla spalla. "Hai fatto bene a venire," sussurrò Gatti, con un tono che solo Kenan riuscì a sentire. C'era una complicità in quello sguardo, un'amicizia che non richiedeva troppe parole.

La serata iniziò con le solite battute, i racconti delle partite passate e i piani per quelle future. La musica in sottofondo riempiva gli spazi tra una chiacchiera e l'altra, creando un'atmosfera leggera che, per un attimo, riuscì a distendere il volto di Kenan. Ma mentre la cena procedeva e i discorsi si facevano più vivaci, il suo sguardo si perse per un momento tra le luci del locale, come se cercasse qualcosa che non riusciva a definire.

Fu allora che arrivò un messaggio sul suo telefono. La vibrazione lo fece sobbalzare, attirando l'attenzione di Chiesa che gli lanciò un'occhiata curiosa. Kenan abbassò lo sguardo sul display, il cuore che accelerava al vedere il nome di Victoria illuminato sullo schermo.

"Ho capito che hai bisogno di spazio. Ma sappi che sono qui, sempre."

Quelle parole erano semplici, ma racchiudevano tutto il peso della loro situazione. Kenan deglutì, incerto su cosa rispondere. Prima che potesse fare altro, Chiesa gli strappò il telefono dalle mani con una risata. "Oh, chi ti scrive? Una dichiarazione d'amore segreta?" disse, leggendo velocemente il nome di Victoria e fermandosi, la risata che morì sulle sue labbra.

"Scusa, Kenan," aggiunse, restituendogli il telefono e guardandolo con una serietà improvvisa. Kenan scosse la testa, forzando un sorriso che non arrivò agli occhi. "Tranquillo, va tutto bene," mentì, sperando che nessuno insistesse oltre.

La serata continuò, ma Kenan sentiva l'onda dei rimpianti tornare a invadere il suo animo. La sua mente era altrove, persa tra i ricordi di quella sera fatale, il dolore negli occhi di Victoria e la confusione che ancora aleggiava tra loro. Era come se la sua anima stesse combattendo una battaglia silenziosa, in bilico tra il desiderio di perdonare e la paura di essere ferito di nuovo.

Quando la cena finì e i primi commensali iniziarono a lasciare il locale, Chiesa si avvicinò a Kenan. "Vieni con me, facciamo due passi," disse, senza aspettare risposta. Kenan lo seguì fuori, nella notte frizzante che sembrava avvolgerli con una coperta di stelle.

"Sei distante, amico. E non parlo solo di stasera. Vuoi dirmi cosa succede davvero?" chiese Chiesa, guardando Kenan con preoccupazione genuina. Era un compagno di squadra, sì, ma prima di tutto un amico che sapeva leggere tra le righe.

Kenan inspirò profondamente, sentendo l'aria fredda riempirgli i polmoni. "Victoria ed io... è complicato. C'è stato qualcosa, qualcosa che non so se riesco a superare," ammise infine, lasciando che le parole scivolassero fuori come un fiume in piena.

Chiesa annuì, senza interromperlo. "So che queste cose sono difficili, ma non puoi vivere con un peso simile per sempre. Devi decidere se vale la pena lottare o se è meglio lasciar andare. Ma in ogni caso, devi scegliere."

Le parole di Chiesa risuonarono dentro di lui con una verità scomoda. Lottare o lasciar andare. Le uniche due opzioni che, per quanto dolorose, erano reali. Kenan si trovò a guardare il cielo, cercando risposte in quelle stelle lontane, come se potessero guidarlo.

"Non voglio perderla, ma ho paura," sussurrò, più a sé stesso che a Chiesa.

L'amico gli diede una pacca sulla spalla e, senza dire altro, lo lasciò solo sotto la luce dei lampioni, tra le ombre lunghe della notte. Kenan restò lì per un po', ascoltando il silenzio rotto solo dal vento e dalle risate lontane che provenivano dal locale. Infine, prese il telefono e rispose al messaggio di Victoria.

"Anche io sono qui, e cercherò di capirlo."

Era un primo passo, incerto e pieno di dubbi, ma un passo comunque. E quella sera, mentre il mondo intorno a lui sembrava tornare alla sua routine, Kenan seppe che la scelta era appena iniziata.

Danza sotto le stelle ~kenan Yildiz~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora