Capitolo 10: Oltre le Nuvole

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POV LANDO

L’aereo privato della McLaren volava sopra le n
uvole, diretto in Arabia Saudita per il prossimo Gran Premio. Guardavo fuori dal finestrino, osservando il cielo azzurro che si estendeva all’infinito. Nonostante la vista mozzafiato, la mia mente era altrove, immersa nei pensieri su ciò che era appena accaduto.

Elena aveva firmato il contratto, e adesso non c’era più modo di tornare indietro. Era un passo che avevo voluto e temuto allo stesso tempo, ma ora che il dado era tratto, non potevo fare altro che andare avanti. Il suono monotono dei motori era l’unica compagnia nel silenzio della cabina, mentre Charlotte sedeva qualche fila dietro, assorta nel suo lavoro.

Non era la mia prima volta in Arabia Saudita, ma questa volta tutto sembrava diverso. La pressione della gara si mescolava alla tensione della situazione con Elena. Ero sempre stato bravo a gestire lo stress delle corse, ma ora mi trovavo a dover affrontare una sfida completamente nuova: mantenere una facciata, vivere una menzogna per proteggere la mia immagine pubblica e quella della squadra.

La decisione di far firmare quel contratto a Elena non era stata facile. Sapevo cosa stavo chiedendo: un sacrificio enorme, soprattutto per qualcuno che non aveva mai cercato la notorietà. Ma la realtà era che ne avevo bisogno. Il team ne aveva bisogno. La stampa non mi dava tregua, e la mia vita privata era diventata un argomento di discussione pubblica che mi stava distruggendo.

Mi passai una mano tra i capelli, cercando di scacciare via il senso di colpa. Avevo promesso a Elena che avrei fatto tutto il possibile per rendere questa situazione meno invasiva per lei, e avevo intenzione di mantenere quella promessa. Ma ora, non potevo fare a meno di chiedermi se fossi davvero all’altezza di ciò che avevo chiesto.

Mentre l’aereo iniziava la discesa verso l’aeroporto di Jeddah, sentii un leggero aumento della tensione nel mio corpo.

Quando finalmente atterrammo, l’aria calda e secca dell’Arabia Saudita mi colpì appena scesi dall’aereo. Un contrasto netto rispetto al clima freddo di Londra, quasi a sottolineare quanto fossimo lontani da casa, da tutto ciò che era familiare. Charlotte mi raggiunse, con un’espressione che cercava di essere rassicurante.

Il sole cocente di Jeddah si rifletteva sull'asfalto del circuito, rendendo l'aria densa e vibrante. Le temperature elevate e le condizioni estreme del Gran Premio d'Arabia Saudita erano una sfida ben nota per ogni pilota, e io mi preparavo mentalmente a dare il massimo. Le prove libere erano state intense, ma avevo trovato un buon ritmo. La vettura rispondeva bene, e sentivo che potevo ottenere un buon risultato.

Il giorno della gara, l’atmosfera era elettrica. I tifosi riempivano le tribune, con bandiere che sventolavano e cori che si levavano al cielo. Il team era concentrato, ogni membro sapeva esattamente cosa fare, e io cercavo di mantenere la calma mentre mi preparavo per quella che sapevo sarebbe stata una corsa estenuante.

Partivo dalla seconda fila, in quarta posizione. La partenza fu intensa, con i motori che ruggivano e le gomme che mordevano l’asfalto. Riuscii a mantenere la mia posizione nei primi giri, evitando i contatti e cercando di risparmiare le gomme, sapendo che la gestione del degrado sarebbe stata cruciale su questo circuito insidioso.

La gara proseguì con un ritmo serrato. I sorpassi erano difficili su questo tracciato stretto e tortuoso, ma riuscii a scalare una posizione durante il primo stint, grazie a una strategia azzeccata e a un pit stop rapidissimo da parte del team. Ero ora terzo, ma il secondo posto sembrava a portata di mano.

Il mio ingegnere di pista, con la sua solita voce calma, mi dava istruzioni dettagliate su quando spingere e quando conservare. La comunicazione tra noi era fluida, e sentivo che tutto stava andando secondo i piani. Ad ogni curva, cercavo di guadagnare millesimi preziosi, avvicinandomi sempre di più alla vettura davanti a me.

Quando la safety car entrò in pista per un incidente a metà gara, tutto cambiò. Era l’opportunità che aspettavo. Alla ripartenza, con gomme fresche e la pista sgombra davanti a me, sfruttai la scia del secondo classificato e, con un tempismo perfetto, lo superai all’esterno alla prima curva. Ora ero secondo, con il leader della gara a pochi secondi di distanza.

I giri finali furono una lotta contro il tempo e contro me stesso. Ogni piccolo errore poteva costarmi la posizione, e il margine per attaccare era ridotto al minimo. Il leader aveva un vantaggio consistente, ma io non mollavo. Spingevo al limite, cercando di ridurre il distacco, ma sapevo che la vittoria sarebbe stata fuori portata.

Quando la bandiera a scacchi sventolò, tagliai il traguardo in seconda posizione. Un misto di soddisfazione e sollievo mi travolse. Avevo dato tutto, e anche se non era stato abbastanza per la vittoria, il podio in una gara così difficile era un risultato di cui essere orgogliosi.

Ritornai ai box tra gli applausi del team. Sapevamo di aver fatto un ottimo lavoro, e il secondo posto era un risultato importante sia per il campionato che per il morale della squadra. Mentre scendevo dalla vettura e mi toglievo il casco, mi resi conto che avevo bisogno di momenti come questo per ricordarmi perché correvo: per l’adrenalina, per la sfida, e per quei secondi di pura gioia quando sai di aver dato il massimo.

Sul podio, con lo champagne che sprizzava ovunque e il trofeo tra le mani, il mondo esterno sembrava lontano. In quel momento, l’unica cosa che contava era la corsa. La gara. E il fatto che, almeno per ora, tutto sembrava al suo posto.

Dopo l'intensa gara in Arabia Saudita, il Gran Premio d'Australia non è andato come speravo. Il weekend a Melbourne era iniziato con buone sensazioni, ma in gara tutto è andato storto. Un problema tecnico al motore ha causato il mio ritiro a metà corsa, portando a un DNF che è stato davvero frustrante.

Il lato positivo del weekend è stato il terzo posto di Oscar, che ha portato punti importanti al team. Nonostante la mia delusione, vedere la squadra festeggiare quel podio mi ha dato la motivazione per continuare a spingere. L'Australia è stata una battuta d'arresto personale, ma siamo ancora in corsa per il campionato, e c'è ancora molta strada da fare.

Oltre al Gran Premio del Giappone, che è sempre un appuntamento importante nel calendario della Formula 1, c'è un'altra novità che renderà questo weekend ancora più speciale. Elena farà la sua prima apparizione pubblica al mio fianco. Sarà con me a Suzuka, unendosi ufficialmente al team per sostenere questa nuova fase della nostra collaborazione.

Abbiamo scelto il Giappone per questo debutto perché è un luogo speciale, con un’atmosfera unica e un pubblico straordinario. Non è stata una decisione presa alla leggera, ma siamo entrambi pronti a fare questo passo. So che sarà un momento carico di emozioni, non solo per me, ma soprattutto per Elena, che sta affrontando questa nuova esperienza con grande coraggio.

La sua presenza al circuito sarà un segnale importante per noi, un modo per dimostrare che siamo pronti ad affrontare insieme questa sfida, sia dentro che fuori dalla pista. E mentre ci prepariamo per questa gara, l'obiettivo rimane sempre lo stesso: dare il massimo e puntare a un risultato che ci renda orgogliosi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 24 ⏰

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