Capitolo 2: Un risveglio confuso

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LANDO

Mi svegliai lentamente, con la testa che pulsava e la bocca secca come il deserto. Per un momento, rimasi immobile, cercando di orientarmi. La luce del sole filtrava dalle tende, inondando la stanza di un bagliore caldo e confortevole, ma niente di ciò che vedevo mi sembrava familiare. Guardai intorno, cercando di capire dove mi trovassi. Non era la mia camera da letto. Non era neanche un posto che avessi mai visto prima.

Mi sollevai a fatica, cercando di ignorare il martellare incessante nella testa, e notai un bicchiere d'acqua e un piccolo blister di aspirina sul comodino accanto a me. Accanto c’era un biglietto. Lo presi, strizzando gli occhi per mettere a fuoco la scrittura pulita e ordinata.

“Buongiorno, Lando. Prendi l'aspirina con l'acqua. Ti ho lasciato un cambio di vestiti e asciugamani puliti in bagno, se vuoi farti una doccia. Tornerò per pranzo. – Elena”

Il mio cervello, ancora offuscato, cercava disperatamente di mettere insieme i pezzi della sera precedente. Elena… Elena chi? Non riuscivo a ricordare il suo volto, né tantomeno come fossi finito qui, in una stanza che non avevo mai visto. Sospirai, scivolando giù dal letto, mentre con una mano afferravo l’aspirina e la buttavo giù con un lungo sorso d’acqua.

Mi alzai, osservando meglio la stanza. Era arredata in modo semplice, ma accogliente, con pareti di un tenue color crema e qualche foto incorniciata appesa qua e là. Scostai le coperte e mi diressi lentamente verso la porta, i miei piedi nudi che sfioravano il pavimento di legno, fresco sotto di me.

Una volta fuori dalla stanza, camminai per l’appartamento cercando indizi su chi fosse Elena e su come mai mi trovassi lì. Le pareti del corridoio erano decorate con foto di famiglia e piccoli quadri che raffiguravano paesaggi italiani. Alcune immagini mi sembravano più recenti, altre più vecchie, quasi nostalgiche. Mi fermai davanti a una foto in particolare: mostrava una ragazza sorridente in una toga da laurea. I capelli castani scuri incorniciavano un volto gentile e determinato. Doveva essere Elena. Il suo viso, in qualche modo, mi sembrava familiare, ma la nebbia nella mia mente mi impediva di ricordare chiaramente.

Dopo aver girato un po’ per la casa, decisi di seguire il consiglio di Elena e farmi una doccia. Entrai nel bagno e trovai gli asciugamani e il cambio di vestiti esattamente dove aveva detto. La doccia fu breve ma rinfrescante, l'acqua calda mi aiutò a scrollarmi di dosso l'ultimo residuo di sonno e confusione. Mentre mi cambiavo con gli abiti puliti – una semplice t-shirt e dei jeans – cercai ancora di ricostruire la serata. Ricordavo di essere andato alla festa di compleanno di qualcuno… e poi? Frammenti di immagini scorrevano nella mia mente: luci stroboscopiche, la musica assordante della discoteca, qualcuno che mi urlava contro… e poi una ragazza. Ma tutto il resto era un buco nero.

Uscito dal bagno, l’aroma di qualcosa di delizioso che cuoceva mi colpì immediatamente. Mi diressi verso la cucina, seguendo il profumo, e lì la vidi. Elena era in piedi davanti ai fornelli, concentrata su quello che stava preparando. La luce del sole illuminava la stanza, creando un’atmosfera calda e accogliente.

“Buongiorno,” dissi con voce ancora un po’ rauca, cercando di rompere il ghiaccio.

Lei si voltò, sorridendo. “Buongiorno, dormito bene?”

Mi strinsi nelle spalle, sentendomi ancora un po’ confuso. “Abbastanza, credo. Grazie per… beh, tutto. Soprattutto per avermi ospitato.”

Elena ridacchiò leggermente, girando qualcosa in una padella. “Non c’è di che. Non potevo lasciarti guidare in quelle condizioni, e non sapevo dove abitavi, così ho pensato fosse meglio portarti qui.”

Annuii, cercando di ignorare l’imbarazzo crescente. “Sì, grazie davvero. Mi dispiace se ti ho causato problemi.”

Lei si girò completamente verso di me, appoggiandosi al bancone. “Nessun problema, davvero. Ora però, ti va un po’ di pasta? Sto preparando un sugo leggero, dovrebbe aiutarti a riprenderti.”

Sorrisi, grato non solo per il cibo, ma anche per la sua gentilezza. “Sì, credo che un po’ di cibo mi farà bene. Grazie, Elena.”

Mi sedetti a tavola, osservandola mentre continuava a cucinare. Ogni movimento che faceva era misurato, preciso, e sembrava muoversi in cucina con la stessa abilità e sicurezza che una persona avrebbe nella propria professione. Cercai ancora una volta di ricordare più dettagli della notte precedente, ma il ricordo di lei che mi aiutava, il modo in cui si era presa cura di me, era tutto ciò che riuscivo a mettere insieme. Ma per ora, mi accontentavo di essere lì, di fronte a lei, aspettando che il pranzo fosse pronto, e soprattutto, cercando di riprendermi da quella strana, ma gentile ospitalità.

Amore sotto i riflettori // Lando NorrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora