ELENAMi guardavo nello specchio del bagno, cercando di domare per la terza volta un ciuffo ribelle che sembrava avere vita propria. Indossavo un abito nero, semplice ma aderente, che mia madre mi aveva regalato per Natale. Non era il mio stile: troppo attillato e troppo scollato. Ma Riccardo aveva insistito, sostenendo che ogni tanto dovevo uscire dalla mia comfort zone.
“Ma perché proprio una discoteca?” mi chiesi, mentre applicavo un leggero strato di lucidalabbra. Non che detestassi le feste, ma le discoteche erano un'altra cosa. Luci stroboscopiche, musica assordante, gente che si spingeva e ballava fino allo sfinimento… non esattamente il mio modo ideale di passare la serata. Ma Riccardo era stato irremovibile: “Elena, è il compleanno di Tom, il mio migliore amico! Non puoi rifiutare!” E così, eccomi qui, pronta a cedere ai desideri di mio fratello per l’ennesima volta.
“Sei pronta?” la voce di Riccardo mi raggiunse dall’ingresso.
Dopo un'ultima occhiata allo specchio, uscii dal bagno e trovai Riccardo già pronto ad aspettarmi nel soggiorno. Il suo sorriso approvante mi fece quasi sentire meglio riguardo all’outfit.
“Stai benissimo, Ele. Sei perfetta per la serata,” disse con entusiasmo.
Feci un mezzo sorriso, afferrando la borsa. “Se lo dici tu. Ma non prometto di restare a lungo.”
“Non preoccuparti,” mi rispose, lanciandomi un’occhiata affettuosa mentre uscivamo dall’appartamento. “Vedrai che ti divertirai, conosci tutti e non sarà come pensi.”
Scrollai le spalle, cercando di mascherare il mio scetticismo. “Speriamo, ma non prometto niente.”
Salimmo in macchina, una berlina comoda che Riccardo aveva da qualche anno. Durante il breve tragitto, parlammo di cose leggere, come la nuova campagna di marketing su cui stava lavorando e il mio ultimo esame di medicina. Cercavo di rilassarmi, ma non riuscivo a scrollarmi di dosso l'inquietudine che mi provocava l'idea di una notte in discoteca.
Quando arrivammo, la musica rimbombava già fuori dal locale. Riccardo parcheggiò e, con un sorriso da orecchio a orecchio, mi prese per mano e mi trascinò dentro. Era esattamente come me l’aspettavo: luci colorate, fumo artificiale, una folla densa. Appena dentro, fummo subito accolti dagli amici di Riccardo, che conoscevo bene. Crescendo insieme a mio fratello, li avevo visti trasformarsi da ragazzi goffi a giovani uomini.
Tom, il festeggiato, mi abbracciò calorosamente. “Elena! Finalmente una festa a cui partecipi anche tu!”
Sorrisi, contraccambiando l’abbraccio. “Non potevo mancare al tuo compleanno, Tom. Tanti auguri!”
La serata proseguiva tra saluti e conversazioni leggere. Incredibilmente, mi sentivo più a mio agio di quanto avessi previsto. Avevo in mano un drink analcolico e osservavo la folla che ballava, lanciando occhiate all'orologio, sperando che il tempo passasse più velocemente.
Verso mezzanotte, quando la mia pazienza era ormai al limite, notai un brusio crescente nella sala principale. La folla si stava agitando, e in mezzo alla pista due ragazzi avevano iniziato a litigare, spingendosi e urlandosi contro. Riccardo apparve subito sulla scena, cercando di separare i due, con l’aiuto di Tom e di qualche altro amico.
Spinta dalla curiosità e dal timore che la situazione degenerasse, mi avvicinai. Riuscii a intravedere il volto dei due litiganti. Uno era un amico di Tom, visibilmente alterato, ma l'altro... mi sembrava vagamente familiare. Capelli castani, viso scomposto, e quegli occhi chiari, che nonostante l’espressione furente, nascondevano una certa vulnerabilità.
Ci misi un attimo per realizzare chi fosse. "Lando Norris?" sussurrai, quasi incredula. Non ero una fanatica della Formula 1, ma chiunque vivesse in Inghilterra sapeva chi fosse Lando Norris. Eppure eccolo lì, in piena rissa, chiaramente ubriaco e con il viso segnato da un paio di pugni.
Riccardo riuscì finalmente a dividerli, spingendo l’amico indietro e tirando fuori Lando dalla mischia. Lo seguii, osservando mio fratello mentre cercava di calmarlo. Ma Lando sembrava fuori controllo, barcollava e aveva un taglio sopra il sopracciglio che sanguinava.
“Elena, puoi darmi una mano?” mi chiese Riccardo, preoccupato.
Senza pensarci due volte, mi avvicinai, prendendo Lando sotto braccio e guidandolo verso una zona più appartata della discoteca. Lì, lontano dal caos e dalla musica, trovai un divanetto vuoto e lo feci sedere.
“Stai fermo, devo pulire le ferite,” gli dissi, cercando nella mia borsa il piccolo kit di primo soccorso che portavo sempre con me. Lando mi guardava con occhi appannati, chiaramente confuso, ma non si oppose.
Lavorai con precisione, come avevo imparato durante i miei tirocini. Pulii il sangue, disinfettai i tagli e applicai dei piccoli cerotti sulle ferite più superficiali. Durante tutto il processo, Lando rimase in silenzio, lo sguardo lentamente più lucido man mano che l’alcol cominciava a svanire.
“Grazie,” mormorò alla fine, la voce rauca. “Non dovevi farlo…”
“Non preoccuparti, è il minimo che potessi fare,” risposi, continuando a lavorare. Una volta sistemate le ferite, Lando cercò di alzarsi, ancora decisamente ubriaco.
“Devo andare… devo guidare,” biascicò, dirigendosi verso l'uscita.
Gli tagliai subito la strada, bloccandolo. “Non ci pensare nemmeno. Non sei in condizioni di guidare.”
Mi fissò, confuso, ma troppo stanco per protestare. “Ma… devo andare a casa.”
Feci un respiro profondo. “Ok, ti porto io. Dammi le chiavi.”
Esitò per un istante, poi mi porse le chiavi della sua McLaren. Le presi e, dopo aver avvisato Riccardo di ciò che stavo per fare, lo aiutai a raggiungere la sua auto. Una volta dentro, Lando si abbandonò pesantemente sul sedile del passeggero, chiudendo gli occhi quasi subito.
“Dove abiti?” chiesi, ma non ottenni risposta. Lando era già profondamente addormentato.
Sospirai, realizzando che avrei dovuto prendere una decisione. Non sapendo dove abitasse, decisi di portarlo nel mio piccolo appartamento. Non era l’ideale, ma non potevo lasciarlo in macchina e non avevo altre opzioni. Avrebbe dormito nella stanza degli ospiti, e domani avremmo pensato al resto.
Il viaggio fino a casa fu silenzioso, interrotto solo dal suono del motore e dal respiro regolare di Lando. Quando finalmente arrivammo, parcheggiai con cura e, dopo un po' di sforzo, riuscì a svegliarlo giusto quel tanto che bastava per farlo scendere dall'auto e guidarlo dentro.
“È qui,” dissi, conducendolo nella piccola stanza degli ospiti. “Puoi dormire qui, ci penseremo domani.”
Lando annuì, barcollando verso il letto, e si lasciò cadere sopra di esso, addormentandosi quasi all’istante. Lo guardai per un attimo, assicurandomi che stesse bene, prima di chiudere la porta e ritirarmi nella mia camera.
Era stata una notte ben diversa da quella che mi aspettavo. Mentre mi mettevo a letto, il pensiero che l’indomani mattina avrei dovuto spiegare tutto a Lando mi fece alzare gli occhi al cielo. Ma per ora, tutto ciò che desideravo era dormire.
STAI LEGGENDO
Amore sotto i riflettori // Lando Norris
FanfictionQuando l'immagine di Lando Norris, pilota di Formula Uno, viene minacciata da scandali, la sua squadra di PR propone a Elena Harrison, una giovane studentessa di medicina, di fingere una relazione romantica con lui per risollevare la sua reputazione...