capitolo 13

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POV LANDO

Entrammo in camera, e la prima cosa che feci fu togliermi la giacca e appenderla alla sedia. La giornata era stata lunga, tra giornalisti, telecamere e quella cena che, in un modo o nell’altro, mi aveva colpito più di quanto mi aspettassi.

Mi avvicinai alla valigia e tirai fuori i pantaloni della tuta. "Non so te, ma io non vedo l’ora di mettermi comodo," dissi, infilandoli velocemente. Lasciai cadere sul letto la camicia che avevo indossato per la cena, sostituendola con una semplice t-shirt.

Elena, invece, si prese il suo tempo. Prese il suo pigiama e, con un sorriso stanco ma gentile, disse: "Io vado a struccarmi, torno subito."

"Prenditi tutto il tempo," le risposi scherzando, lasciandomi cadere sul letto.

Appena la porta del bagno si chiuse, mi ritrovai a fissare il soffitto. La cena mi tornava in mente a frammenti: il modo in cui aveva riso alle mie battute, la sua espressione mentre cercava di capire cosa ordinare, e quel momento in cui mi aveva guardato negli occhi con una sincerità che non vedevo spesso.

Era strano. In teoria, doveva essere tutto finto, un gioco per i media e per Charlotte, ma non riuscivo a ignorare che c’era qualcosa di diverso. Con lei non c’erano filtri, non c’erano aspettative, e questo mi faceva sentire... tranquillo.

Dal bagno arrivavano i suoni leggeri dell’acqua e dei flaconi che si aprivano e si chiudevano. Immaginai Elena intenta a struccarsi, con quella cura e attenzione che avevo già notato nei suoi gesti. Sorrisi tra me e me. C’era qualcosa di incredibilmente normale e affascinante in tutto ciò.

Quando tornò, indossava un paio di pantaloni larghi e una maglia oversize che sembrava inghiottirla. Si sistemò i capelli dietro le orecchie, un gesto semplice ma che mi colpì. Sembrava così diversa da quella ragazza in tubino nero, eppure altrettanto bella, se non di più.

"Ok, ora sì che mi sento umana," disse, sedendosi sul bordo del letto.

"Devo ammettere," dissi, puntando gli occhi su di lei, "che sembri più a tuo agio così che con quel tubino elegante."

Lei alzò un sopracciglio, fingendo di offendersi. "Ehi, quel tubino era bellissimo. Sei tu che non capisci nulla di stile."

Scoppiai a ridere, alzando le mani in segno di resa. "Non fraintendermi, lo apprezzo. Ma è carino vederti... te stessa."

Abbassò lo sguardo, un sorriso piccolo ma sincero che illuminò il suo volto. Si infilò sotto le coperte, e io mi sistemai sul lato opposto del letto, appoggiandomi al cuscino con le mani dietro la testa.

"Domani sarà un’altra giornata lunga," disse, il tono della sua voce più tranquillo.

"Già," risposi, spegnendo la luce sul comodino. Poi, senza pensarci troppo, aggiunsi: "Ma ce la faremo. Buonanotte, Elena."

Sentii il suo sorriso nella penombra. "Buonanotte, Lando."

E mentre il silenzio riempiva la stanza, mi accorsi che non avevo mai condiviso una stanza con qualcuno in modo così naturale. Forse perché, con lei, niente sembrava costruito. E questa era una novità che non sapevo ancora come affrontare.

Mi svegliai con un leggero brontolio di fame e un raggio di sole che filtrava dalle tende semiaperte. Mi stirai pigramente, lasciando che il sonno svanisse poco a poco. Girandomi verso il lato opposto del letto, mi accorsi che Elena non c'era più.

"Strano," borbottai tra me, strofinandomi gli occhi.

Poi la vidi. Seduta alla scrivania nell'angolo della stanza, con la testa china su un libro e un tablet acceso accanto. L'orologio sul comodino segnava le 8:30, e io non riuscivo a capire da quanto fosse lì.

Amore sotto i riflettori // Lando NorrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora