28. MAL CHE VADA...

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《Cos'hai, amore?》 Manu si preoccupò dell'espressione pensierosa sul volto della sua donna, e scostandole dal viso qualche ciocca dei suoi biondi capelli prese posto accanto a lei.
《Stavo pensando...》cominciò, senza cambiare espressione, fissando il vuoto.
《Come credi sarebbe stata la nostra vita se quel giorno avessimo deciso di usare le protezioni?》 Il suo sguardo si alternava: un momento era cipiglioso, un attimo dopo diventava innocente, e subito dopo le sue sopracciglia tornavano ad aggrottarsi. Manu provò in vano ad immaginarsi cosa stesse provando, e perchè gli stesse porgendo quella strana e poco solita domanda. Pensò per un attimo che stesse rimpiangendo ciò che aveva perso:《Mi sembra un po' tardi per ripensarci!》Ridacchiò, e Serena gesticolando tentò di chiarirsi:《No, stavo facendo un ragionamento generale. Non sono pentita della nostra scelta di tenere la bambina, non fraintendere!》
Manu ancora più incuriosito la fissava con intensità, con le labbra socchiuse come se stesse tentando di risolvere un fastidioso rebus o uno di quei problemi che studiava a scuola; la geometria analitica era sempre stata il suo forte. Ah, se avesse continuato a studiare! Magari sarebbe riuscito ad ottenere un impiego più interessante del suo lavoro da magazziniere.
《Vuoi che io sia sincero?》Domandò come se non fosse scontato, e Serena si limitò ad annuire con un cenno della testa.
《Bene. Non ti so' dire se la nostra relazione sarebbe continuata, può darsi di si o forse no, ma so di certo che non avresti avuto tutti quei contrasti con i tuoi genitori, che avresti potuto continuare a studiare senza troppi problemi, che non avremmo così tante responsabilità sulle spalle, e sicuramente non ce la saremmo passata male》scrollò le spalle.

《Non che così mi possa lamentare, intediamoci, ma sicuramente se la bambina fosse arrivata tra qualche anno, le cose sarebbero state decisamente più semplici! Non credi?》

Serena sospirò, disorientata si portò le mani alla nuca fissando il soffitto e sospirò ancora. I suoi pensieri erano inevitabilmente rivolti a Melissa: cosa stava facendo? Come l'aveva presa Vicky? E cosa sarebbe accaduto dopo quel avvenimento?
Con la testa ripercorreva tutti i momenti, le sensazioni, le emozioni che aveva provato sulla sua pelle: il test positivo, la pancia che iniziava a gonfiarsi, la nausea, il momento in cui si era trovata con Manu d'avanti al salotto della casa dei suoi genitori, la prima ecografia, tutta la sofferenza, tutto l'amore, le carezze sulla pancia, il fiocco rosa, la decisione del nome, i dolori del parto...
Magari sarebbe stato carino che la piccola Sabrina avesse avuto un'amico o un'amica con cui giocare!
Rivolse uno sguardo alla piccola che dormiva beatamente all'interno della carrozzina succhiando con forza il suo ciuccio, aggrappata alle copertine. Sorrise: chissà cosa stava sognando! Aveva preso i suoi occhi e le labbra del padre, prima di allora non sarebbe mai riuscita ad immaginare le fattezze sue e quelle di Manu su un unico volto, eppure erano proprio li.
"Mal che vada, andrà tutto bene. Buona fortuna, Mel" pensò portando le braccia attorno al muscoloso corpo del suo ragazzo, che con un'espressione divertita sul volto agganciò una mano tra i suoi capelli scompligliandoglieli.

Vicky si trovava fuori dal bagno, ancora confusa da tutta quella strana situazione. Il tempo era immobile, l'orologio rosso appeso alla parete si muoveva troppo lentamente. Erano momenti critici quelli, in cui dentro di lei emozioni che non sapeva neppure le appartenessero stavano ballando assieme. Restava aggrappata a quella porta di legno, con la fronte appoggiata su di essa, torturandosi il labbro per riuscire a trattenere le ultime lacrime che le erano rimaste. Aveva il vizio di farlo spesso, mordersi le labbra intendo, ma non era quasi mai quella la sua funzione. Lo faceva per imbarazzo, per malizia, o per darsi forza. Lo aveva fatto anche la prima volta che il suo sguardo aveva incrociato i magnetici occhi di Melissa; doveva essersene innamorata già da allora.
Perché capitava sempre a lei?
Trovava un po' di pace, ed improvvisamente le veniva strappata via dalle mani.
Forse Dio ce l'aveva con lei!
Li ricordava tutti, i momenti che le avevano distrutto la vita, le persone che lo avevano fatto!
Aveva diciassette anni, solo diciassette fottuti anni! Portava le Vans ai piedi e masticava chewing gum alla fragola, mentre la donna con cui divideva il letto indossava gonne a tubino e profumava di Chanel n'5. Era inevitabile ciò che le era accaduto, e se ne accorgeva ancora allora. Si era sentita sola, distrutta, il mondo aveva iniziato a perdere il suo senso, tutto ciò che riempiva la sua testa erano i dubbi. Tutto scuro come il cielo di Dicembre, tutto ovattato. Era stato inevitabile anche il suo primo incontro con il dolore fisico, che era l'unica cosa, che in un modo o nell'altro riusciva a farla sentire viva.
Poteva essere ancora un modo per mettersi alla prova?
Sentì imprecare per un attimo all'interno del piccolo bagno, ed il suo cuore balzò. L'aria non entrava più nei polmoni, graffiò sulla porta.
《Melissa, va tutto bene?》Urlò in modo che la ragazza dall'altra parte potesse ascoltarla, ma non ebbe nessuna risposta. Bussò ancora, preoccupata.
La porta cigolò e lei fece qualche passo indietro.
Melissa aveva un volto sconvolto, i boccolosi capelli arruffati ed il rimmel un po' colato. Vicky si chiese se avesse pianto li dentro. Si limitava a fissarla con le labbra socchiuse. Perché l'unica ad urlare in quel momento era la sua testa? Gridava, strillava; era fastidiosa. Ma fuori tutto era quieto. Melissa provava a parlare e le parole venivano bloccate dall'enorme nodo che si sentiva nella gola. Vicky fece qualche passo avanti e le cinse il corpo tra le braccia, Melissa si aggrappò al suo collo e ci lasciò un casto bacio, godendo del tocco dei morbidi capelli, e del contatto dei loro visi. Si avvicinò piano al suo orecchio e prese fiato:《L'avresti fatto davvero?》Domandò; non erano quelle le parole che Vicky si aspettava di ascoltare.
《Cosa?》Rispose.
《Avresti cresciuto con me il bambino?》Sorrise, notando che la presa di Vicky stava diventando più stretta. Si sentì sciogliere.
《È negativo?》Domandò l'altra speranzosa, strabuzzando gli occhi e prendendo il volto di Melissa tra le mani, che annuì.
Fu come prendere una boccata d'aria fresca. Vicky la baciò vome se non si fossero viste per anni, lasciando pian piano placare le sue ansie in quel modo, poi le portò un indice al volto:《Nessun'altro oltre me, deve azzardarsi a sfiorarti ancora!》Pronunciò con tono minaccioso, imbrobciando il volto, che anche in quel modo non perse la sua delicatezza.
Melissa sorrise:《Nessuno, solo tu. Sono la tua ragazza!》
《Sei la mia ragazza》ripetè l'altra cullandosi ancora tra le sue braccia.

Se non è amore non ha nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora