Non d'amore, ma d'accordo

38 - Silenzio

"I'm sorry that I hurt you,
It's something I must live
with every day"
- Pink

Arien

Se non fosse stato per la folla di persone al John F. Kennedy International Airport, avrei detto che quella giornata era iniziata nel migliore dei modi.
E invece dovetti combattere contro un'orda di paparazzi imbufaliti che cercava, in tutti i modi, di farmi cadere gli occhiali da sole a terra che avevo indossato non appena li avevo scorti avvicinarsi.
Intravidi mia madre scusarsi con loro e cercare di passare mentre teneva per mano Leander che, a sua volta, procedeva a testa bassa infastidito dai flash che gli arrivavano dritti negli occhi.

«Li detesto» sussurrò Penelope accanto a me cercando di ripararsi da un paparazzo che cercava di ricevere delle risposte da parte mia.

Mio padre, in tutto ciò, procedeva a testa alta, riparato da una delle guardie del corpo che aveva assunto qualche mese prima, mentre l'altra si trovava alle spalle di mia madre.

John, invece, la mia guardia del corpo personale, si trovava proprio al mio fianco, intento a spostare chiunque cercasse di avvicinarsi a noi.

«A chi lo dici» sussurrai in risposta a mia sorella avvicinandola ancora di più a me e sottraendola al caos che ci ruotava attorno.

«Spero vivamente di non diventare famosa un giorno» esclamò un po' troppo a voce alta e, prima che potesse continuare la frase, le misi una mano sulla bocca cercando di azzittirla.
Ma il caratterino di Penelope riusciva a palesarsi anche solamente dal suo sguardo indagatore e intimidatorio.
Seppur avesse solamente 13 anni, sapeva perfettamente come difendersi in situazioni del genere.

«Acceleriamo il passo, siamo quasi arrivati alla macchina» esclamò mio padre ignorando qualsiasi giornalista volesse fargli un'intervista.

Certo che mi risultava impressionante come cercassero di rifilare un'intervista ogni volta che ne avessero modo.
Pochi giorni prima avevo visto un video in cui accusavano Ferdinand Brown di aver trattato male un giornalista che voleva solamente fargli delle domande sul suo nuovo album in uscita qualche mese dopo.
Subito alcuni utenti di tutti i social avevano gridato alla maleducazione, rivendicando come non avessero mai sopportato il suo carattere difficile, mentre altri dichiararono che, seppur fan sfegatati del cantante canadese, non avrebbero più comprato un suo cd perché, a detta loro, si era rivelato un ignorante e una brutta persona.
Peccato che il tutto fosse avvenuto durante il funerale della madre di Ferdinand, scomparsa recentemente a seguito di una lunga lotta contro il cancro al seno.
Così lui era risultato scorbutico e maleducato, mentre il giornalista era stato difeso a destra e manca da chiunque.

«Arien, da questa parte: cosa puoi dirci di progetti futuri? Sei al corrente che si siano aperti i casting per il nuovo film di Isaac DuPort, 20.000 leghe sotto i mari?» chiese uno dei tanti che era riuscito a puntarmi il registratore contro.

Sul serio? Un registratore? Cos'erano, gli anni '80?

«No grazie per la soffiata, vedrò cosa posso fare a riguardo» risposi sarcasticamente salendo a bordo dell'auto che avevamo noleggiato affinché ci accompagnasse fino alla Central Park Tower.

Vidi lo sguardo del giornalista illuminarsi e dovetti fare ricorso a ogni cellula nel mio corpo per non scoppiargli a ridere in faccia.
Pensava veramente di avermi rifilato un qualche anticipo su nuovi film a cui avrei preso parte.
Abboccavano come pesci e cercavano di mangiare l'esca senza accorgersi che fosse palesemente di plastica. Quasi mi facevano tenerezza.

La portiera che si chiudeva mi aiutò a mantenere un'aria composta e quasi seria e, non appena il finestrino oscurato ci separò dalla folla che ci aveva seguito fino a fuori all'aeroporto, mi lasciai andare a una risata di petto, guadagnandomi le occhiatacce da parte di mio padre.