She way out

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ABYGAIL

But in the end nothing ever happens here.

Scostai un attimo la tenda e guardai il cielo plumbeo che incombeva su Londra: come al solito stava piovendo. Una pioggerellina leggera, che avvolgeva tutto il paesaggio dando al mondo quella sfumatura di magia e mistero che mi faceva tanto sognare. Sospirai e feci un mezzo sorriso. Le gocce argentee scorrevano lungo le tegole dei tetti, la nebbiolina offuscava le strade e la mia mente scorreva lungo i selciati della città, persa nella fantasia che quella visione creava nei turbinii della mia immaginazione.

-É sempre lo stesso paesaggio Abbie, non cambierà solo perché lo guardi- mi ricordò una voce maschile riportandomi alla realtà. Sbattei più volte le palpebre eliminando quella patina perlacea che i miei pensieri e sogni avevano creato.

-Ma non é il paesaggio, che deve cambiare! Solo la prospettiva da cui lo si guarda!- ribatté un ragazzino occhialuto di nove anni. Sorrisi orgogliosa del mio fratellino e anche David sorrise, ma era solo accondiscendenza. Del resto in quel buco di quartiere era difficile trovare un ragazzo in grado di capire un concetto del genere. Nel mio mondo c'erano solo alcool e violenza; non c'era posto per parlare di Shakespeare, Hardy o Orwell. O almeno nel mio mondo reale era così. Nella mia testa era tutta un'altra cosa, per questo mi definivano una con la testa tra le nuvole.

-Com'é andato il lavoro oggi?- domandai per distrarlo mentre toglievo il bollitore dal fuoco e versavo l'acqua per il tea per tutti e tre. Chace ci guardava adorante mentre afferrava un biscotto. Lui adorava il mio ragazzo, David, come sembrava facessero tutti qui. Del resto era un fidanzato impeccabile, giocava con mio fratello, era gentile con mia madre, generoso con gli amici e mi regalava spesso dei libri. Era forse l'unico lì ad avere un lavoro fisso, ovvero faceva l'operaio in un mobilificio, e la paga era decente. Ora che avevo passato i 21 anni mia madre aveva perfino iniziato a dire che avrei potuto sposarlo, ma poi chi si sarebbe occupato di mio fratello mentre lei lavorava?

Era quella la scusa che le rifilavo ogni volta, ma la verità era che non ero per nulla pronta al matrimonio e a quello che comportava e, infondo, non ero ancora abbastanza innamorata di David da desiderarlo. Io mi sforzavo di provare per lui quella stessa adorazione che provavano gli altri, ma il mio cuore rimaneva freddo ai sentimenti del ragazzo moro.

Fortunatamente lui non sembrava pensarci, troppo preso dalle sue partite di calcio. Odiavo questo sport, lo stesso che mi aveva portato via mio padre e molti altri uomini del quartiere, ma non potevo combatterlo. In realtà non era prettamente il calcio, ma ciò che gli girava attorno. Ossia tutto il mondo degli hooligans. David, come mio padre e come metà della popolazione del quartiere, era uno di loro. Un fan sfegatato del West Ham, tanto da picchiarsi con altri membri, di altre Firm, per tenere alto l'onore del team. David, assieme ad altri scapestrati pazzi, avevano sostituito i membri originari della firm, di cui faceva parte mio padre, mantenendo in bella vista il nome dell'ICF.

-É andato come al solito- rispose lui senza entusiasmo, ma si trattenne dal lamentarsi di fronte a Chace. Si lavò le mani al lavello della cucina utilizzando il detersivo verde che tenevo a bordo del lavandino.

-Adesso vai al Boleyn?-domandai allora cercando di spostare la sua mente su cose più allegre.

-Si, certo!- si rasserenò lui voltandosi a guardarmi con un sorriso ed asciugandosi le mani con lo strofinaccio pulito: -I ragazzi mi aspettano per i festeggiamenti pre-partita-.

Annuii ricordando solo allora che quella settimana la partita era di sabato, ovvero il giorno dopo, e sarebbero tornati a casa a pezzi, pieni di tagli e lividi come ogni volta e io avrei dato una mano a medicarli a Ethan, un ex hooligans cinquantenne che era anche un infermiere. Quella era la routine dell'East end.

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