I have you(r) back

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Where did I go wrong? I lost a friend

Somewhere along in the bitterness

And I would have stayed up with you all night

Had I known how to save a life


ABYGAIL


Trassi un sospiro di sollievo quando David si allontanó da noi. Una parte di me si sentiva in colpa per quella situazione, anche la ragione mi diceva che non era colpa mia. Eppure mi sentivo come se fossi io la causa di quei problemi e quelle tensioni. Finì di sistemare Xavier e Enrique poi Alex mi assali porgendomi una birra e trascinandomi verso il gruppo. Mi sentì frastornata da tutto quel caos. Avevo l'impressione che ora le mie notti da osservatrice esterna, passate al bancone a mangiare salatini, sarebbero finite, o quantomeno sarebbero diminuite, e quella consapevolezza portava con se una certa malinconia. Non ero mai stata una persona particolarmente socievole, non ero fatta per stare al centro dell'attenzione, ero una ragazza da parete, una di quelle che sta in disparte e osserva, che guarda la vita scorrerle davanti cercando di catturarne il senso, l'essenza; e quando ti abitui a vivere così finisci per chiuderti nel tuo guscio, finisci a dirti che ti va bene così, che non vuoi davvero vivere, che non sei tagliata per farlo e rinunci prima ancora di provarci. Ma ora c'era di nuovo Alex, che sorrideva in modo così spensierato, lui che era l'opposto di me, che viveva appieno la sua vita senza riflettere, perennemente alla ricerca di emozioni che io invece riffugivo con tanta tenacia, e non volevo in alcun modo deluderlo. Perciò mi sforzai di bere quella bevanda aspra e sorrisi, ridendo alle battute dei ragazzi e prendendoli in giro a mia volta. Probabilmente non sembravo neppure io quella sera.

Tuttavia c'era un tarlo che mi rodeva, un pensiero che non riuscivo a ignorare. Sentivo le parole di Pitt rimbombarmi in testa come un monito. In che modo rischiavo di far soffrire Alex? Era stato lui stesso a abbandonarmi quando avevo bisogno di lui, lui mi aveva fatto soffrire, quindi non trovavo un senso alle parole di suo fratello.
Nel frattempo David mi osservava furente dal bancone dove era stato relegato. Dopo la scenata di Alex nessuno aveva voglia di parlargli. A dir la verità, una parte di me, quella più vendicativa che mostravo molto di rado, avrebbe voluto provocarlo direttamente, ma sapevo che vedermi così felice con i suoi amici sarebbe bastato. Come previsto se ne andó presto dal pubquella sera, ma un brutto presentimento, un senso di vuoto nello stomaco, mi diceva che non sarebbe finita lì.
Le mie ansie vennero presto spazzate via dalla boccata di alcool che mandai giù quando Alex mi porse il suo bicchiere di Jagermeister. Il sapore amarognolo, ma allo stesso tempo dolce dell'amaro mi ricordò un po' il mio essere in quel periodo e mi ritrovai a sospirare, immersa nell'aria di festa.
Il biondo sembrava impegnarsi per scacciare ogni mio malumore, continuava a sorridermi e assordarmi con la sua voce stonata. Finì per coprirmi le orecchie con aria di finta sofferenza e lui mi guardó minaccioso.
-Questa me la paghi- promise con un sorrisetto divertito che non prometteva nulla di buono.
Arricciai il naso e diedi le spalle al ragazzo, premendomi i palmi contro i padiglioni, insistendo nello scherzo. Non dovetti aspettare molto, prima che in paio di braccia forti mi circondassero completamente la vita e mi sollevassero. Lanciai uno strillo, come quello di una bambina colta dal solletico e sentii la risata di Alex solleticarmi il collo.
Era tutto così strano e improvviso da togliermi il fiato. Ero passata dal tocco malsano e pretenzioso di David a quello goffo e scherzoso di Alex. Era troppo da assimilare in così poco tempo e anche se apparentemente mi ci ero adattata facilmente, in realtà mi sentivo ancora scossa e temevo che fosse solo un cambiamento passeggero, perció quando Alex mi rimise a terra lo pregai di accompagnarmi fuori.
Lui non si fece pregare e mi seguì in un attimo, con le sopracciglia aggrottate ed una nuova bottiglia di birra in mano. Mi segui, tallonandomi finchè non arrivai all'aria aperta, a sedermi ad uno dei due tavolini un ferro sabbiato. Appogiai i gomiti sul tavolo e mi massaggiai le tempie mentre riprendevo fiato.
-Abbie- soffiò lui un po' in apprensione sedendosi accanto a me e appoggiandomi una mano sulla spalla: -qualcosa che non va?-.
Non ero sicura di cosa volessi rispondergli. Avevo tanti pensieri per la testa e alcuni non gli sarebbero piaciuti, perché, nonostante tutto, ancora, in fondo all'animo, mi chiedevo perché avesse agito solo ora. Come potevo fidarmi di lui, e credere che non sarebbe sparito di nuovo? Tuttavia non volevo rovinare quel momento di serenità che si era creato tra noi, per quanto fievole potesse essere volevo vivere quel momento fino in fondo.
-Ho bisogno di riprendere fiato- sospirai cercando di non allarmarlo: -sta succedendo tutto molto in fretta-.
Se avesse potuto farsi più confuso, fu ciò che fece. Il solco sulla sua fronte si fece più marcato e gli occhi si socchiusero appena. Prese l'altra sedia e la trascinò davanti a me, risedendosi, poi.
Posò i gomiti sulle ginocchia e sospirò: -Scusa, dev'essere l'acool, ma non capisco a cosa tu ti stia riferendo- mugugnò un po' a disagio: -è colpa mia?-.
Sulle prime la domanda imbarazzó anche me. Non ero più abituata ad aprirmi con gli altri in quel modo, in più, come tutti i ragazzi, Alex avrebbe fatto fatica a capire quel caos di sentimenti che mi attanagliava, ma dovevo almeno provarci.
-Non pensavo che mi sarei mai liberata di David- confessai infine con la voce rotta: -io ero cosi sicura che sarebbe durata per sempre che non riesco a rendermi conto che é finita-.
In quel momento cercai di non parlare di lui, di "noi", se mai c'era un noi perché era un argomento troppo delicato che non ero pronta ad affrontare.
Alex sbattè più volte le palpebre guardandomi. Ancora non capiva e quell'aria sperduta non lo abbandonò: -Vuoi dire che volevi che continuasse?- si rabbuiò tra il deluso e l'irritato.
Sospirai debolmente. Gli uomini erano qualcosa d'impossibile a volte. O forse ero io a renderlo troppo complicato.
-Voglio dire che ho paura che non sia finita, che lui possa tornare indietro e che tutto torni come prima!- sbottai e poi smisi di parlare mentre sentivo gli occhi inumidirsi. Ricacciai indietro le lacrime, maledetta ipersensibilità, se mi fossi messa a piangere l'avrei davvero fatto scappare.
Attraverso gli occhi lucidi, lo vidi farsi più vicino e una mano mi si posó alla guancia, per poi scivolare alla spalla:- Non lascerò in alcun modo che torni come prima- mi disse con voce seria e ferma: -Fosse l'ultima cosa che faccio, Abbie-.
-Perché adesso dovrei crederti Alex?- scoppiai senza riuscire più a trattenere quel pensiero: -e perché non hai agito prima?-.
-Io non...- cominciò lui, alzandosi in piedi chiaramente frustrato dalla domanda,ma io ero così, avevo bisogno di risposte e di certezze, non sapevo essere istintiva come lui.

Passò almeno un minuto prima che riuscisse a trovare le parole: - Avevo paura di non riuscirci, di avere tutti contro- spiegó allargando le braccia:- Tutti mi hanno detto che è un ragazzi d'oro, che adora tuo fratello e aiuta tua mamma...- elencò, poi scosse la testa:-... Tu non mi hai mai detto niente e io...- si passò una mano tra i fili biondi:- ...Io non so... Non so cosa dire...-.
-Eri il mio migliore amico- gli rammentai cercando il suo sguardo: -quante volte ci siamo trovati qui davanti ad aspettare i nostri padri e cantare Blowing Bubbles sotto lo sguardo di sufficienza di Pitt? O quante volte abbiamo bevuto birra di nascosto e tu mi prendevi in giro perché facevo un sacco di smorfie stupide? O quando hai provato a fumare con Pitt e io mi sono arrabbiata e ti ho gettato la sigaretta? Perché abbiamo smesso di essere così? Perchè abbiamo smaesso di riedere e scherzare, di guardarci le spalle?-.
Alex abbassó lo sguardo incupendosi: -Tante cose sono cambiate da allora- commentó con tono basso, in realtà alludeva a un solo, enorme cambiamento. La morte di suo padre. Quell'evento l'aveva stravolto con una forza e un'intensità che a quel tempo non riuscivo neppure a concepire. Bill era stato il suo eroe, il suo riferimento, la sua stella polare e la sua bussola. Alex era perso senza di lui e soffocava il tutto affrontando risse negli stadi, o affogando nell'ennesima birra.
Ed era una cosa inevitabile, il mio ricordo sarebbe sempre stato collegato al prima, a quella vita idilliaca dove suo padre vegliava su di lui, dove nulla poteva ferirlo, e questo lo avrebbe sempre fatto soffrire, io sarei stata il promemoria più doloroso della sua gioventù rubata.

In quel momento il monito di Pitt ebbe un senso ai miei occhi, chiaro e lampante, ma poco potevo fare di fronte a un simile peso.
-Ma adesso possiamo riprovarci?- tentai di mediare: -possiamo tornare a scherzare e fare cose stupide come un tempo?- chiesi speranzosa.
Lui alzó lo sguardo su di me con un sorriso mesto: -Beh, sulla birra direi che abbiamo già ripreso- ironizzò: -ma una sigaretta ogni tanto non me la puoi negare- tentò di ironizzare.
Sorrisi e mi morsi il labbro, mentre un senso di sollievo mi avvolgeva: -Mi sei mancato, zuccone-.

-Anche tu, mostricciatolo- rispose lui con un sorriso.

Note finali

Non sappiamo più come scusarci con voi per questi ritardi cosmici.

Speriamo solo che, ora che arriva l'estate e noi ci liberiamo da bambini pedanti e pazienti volubili, avremo più tempo per aggiornare più di frequente questa storia.

Ringraziamo ancora e ancora e ancora tutti voi che continuate a seguirla, nonostante gli aggiornamenti discontinui.

Buon primo giorno d'Estate a tutti.

A presto -speriamo-.

Ellie& Lizzie

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