Can you trust me?

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Looking for something I've never seen

Alone and I'm in between

The place that I'm from and

The place that I'm in

ABYGAIL

I buoni propositi di David erano durati esattamente cinque giorni. Poi si era ubriacato di nuovo come una spugna e aveva ripreso a tormentarmi come fossi il suo giocattolino. Alex non aveva più provato a parlarmi, neppure per scusarsi, e io ormai non avevo più lacrime da versare per nessuno dei due. Tiravo avanti usando tutte le mie energie per Chace e per i miei lavoretti, non avevo rivisto Judith per giorni e Harry mi aveva rivelato che lavorava solo per il weekend. All'inizio avevo timore di rincontrarla perché non volevo sentirla giudicarmi per il modo patetico in cui ero ritornata nella stessa situazione di prima, anche se era probabilmente inevitabile.

Ma era andata diversamente da quel che mi aspettavo. Ero stata semplicemente ignorata.

Era come se non esistessi più neanche per lei, era stata solo l'illusione di un momento, una piccola notte di notorietà finita nel nulla. Alla fine avevo smesso di pensarci, era troppo penoso e sapevo che piangermi addosso non avrebbe migliorato la situazione, perciò accettai di essere di nuovo invisibile e sperai soltanto di poterlo diventare davvero, di poter sparire così da non dover più sopportare quella situazione.
Le settimane passarono in un lampo finché un venerdì, dopo una notte di sesso scadente e umiliante, David mi scrisse che avrebbe fatto gli straordinari al lavoro e non sarebbe venuto al pub con me. Nascondevo a malapena il sollievo per quella notizia, perció decisi di festeggiare appieno quel piccolo momento di tregua. Passavo vicino al Boleyn dopo l'ultima consegna di lavoro così decisi di fermarmi per prendere un tea in tranquillità. All'interno del locale non c'era molta gente, solo Jackson e Marc, della nostra compagnia, sedevano a un tavolo a bersi una birra chiara e chiacchierare in tranquillità. Li salutai con un cenno della mano e mi avvicinai al bancone antiquato, puntando verso la chioma riccia di Harry.
-Ciao Abbie- mi salutó lui appena mi vide con un sorriso luminoso di quelli da "sono felice che tu sia sola".
-Hey- salutai di rimando sedendomi su uno degli sgabelli di fronte a lui: -Come va?-
-Non c'é male- rispose sereno riponendo un bicchiere appena pulito sotto il banco: -Cosa ti faccio?- aggiunse premuroso.
-Un Earl grey, grazie- ordinai e lui si mise all'opera dietro il bancone. A malincuore mi distrassi da quei riccioli così perfetti e diedi un'occhiata al locale. Era tutto come sempre, le pareti in legno ormai ammuffito e l'odore pregnante di fumo, i vecchi che giocavano a biliardo e tutti che bevevano birra. Il Boleyn era un piccolo universo protetto a se stante, o almeno così mi sembrava, se non fosse stato per una macchiolina, un quadratino diverso dagli altri, dalle sembianze di una ragazza mora e troppo abbiente per una bettola simile. Mi soffermai a guardarla colta di sorpresa. Mi apparve subito ovvio chi causasse quella novità, ovvero Judith, che parlava animatamente con quella ragazza. Sembravano conoscersi bene e non mi stupiva più il repentino disinteresse della giovane barista nei miei confronti, quella ragazza aveva decisamente più stimoli per lei di quanti potessi dargliene io, era chiaro che appartenevano allo stesso mondo. Mondo da cui io ero totalmente tagliata fuori.
-Ecco il tuo tea- mi distrasse Harry porgendomi la tazza fumante. Tentai di dirgli qualcosa, avevo davvero bisogno di parlare con qualcuno, ma le parole non mi venivano e il riccio fu ben presto richiamato ai suoi doveri da un nuovo avventore.
Incerta e un po'triste guardai di nuovo verso l'intrusa della serata e la scoprì sorprendentemente a guardarmi di sottecchi. Sembrava che mi stesse valutando e la cosa mi metteva a disagio.

Non ero una che si preoccupava molto del suo armadio, anzi. Vestivo principalmente in jeans e felpa e indossavo solo capi dei grandi magazzini perché non potevo permettermi cose più raffinate. Non reggevo certo il confronto con lei e mi tormentavo chiedendomi cosa stesse pensando di me.

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