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Alle sei inizia l'ora delle visite e sono deciso a stare lontano dalla Stanza 7, giusto nel caso i genitori di Michael decidessero di tornare. Ho sicuramente causato abbastanza problemi ieri e non ho intenzione di peggiorare le cose. Nella stanza di gruppo, mi siedo davanti a Sawyer, che dice di essere in ansia per l'arrivo del padre - devono decidere quando verrà dimesso. Lui dice di essere pronto per andare a casa, di essere cambiato, ma nessuno gli crede. gli dico qualche parola rassicurante - qualcosa del tipo "stai andando molto bene, lo noteranno, andrai a casa". Ma mi sento in colpa, andrà davvero a casa? Ho sentito che alcuni pazienti stanno nell'ospedale per molti mesi, dipende da come si comportano. Io ho già passato qui sei giorni e sono più che pronto ad andarmene.

"Luke, hai una visita." Andrew appare sulla soglia, facendomi segno di seguirlo.

Una visita? Mi congedo dalla conversazione con Sawyer ed esco dalla stanza, seguendo Andrew. Questa volta vengo portato alla stanza delle conferenze, quella in cui ho incontrato il Dottor Bender qualche ora fa. Dentro è seduta mia madre, i capelli biondi incasinati sulla testa, profonde occhiaie sotto gli occhi gonfi. Non ha dormito, oppure ha pianto, forse persino entrambi. Mi siedo con attenzione su una sedia dall'altra parte del tavolo, gli occhi che studiano la sua situazione malmessa.

"Luke, caro." dice, gli occhi pieni di lacrime. "Sono venuta a scusarmi. Per favore, figlio mio, ascoltami."

Annuisco nella sua direzione, facendole segno di andare avanti. Non ho parole per lei.

"Ho pensato a cosa mi hai detto, quando sono venuta l'ultima volta. Mi dispiace così tanto, Luke. È colpa mia, lo so. Tu non stavi bene e io non c'ero per prendermi cura di te come dovrebbe fare una madre. Dopo... la morte di tuo padre, il mio intero mondo è crollato. Ho pensato solo a me stessa ed è sbagliato, così sbagliato. Avrei dovuto essere lì per te perché anche tu stavi male."

I suoi occhi incontrano i miei ed io mi mordo il labbro, trattenendo ciò che sento davvero. "Tornavo a casa ogni giorno con lividi e tagli, ogni giorno! E tu non hai mai, nemmeno una volta, chiesto cosa fosse successo. Non ti è mai importato se io stessi bene."

La sua voce trema. "Chi ti ha fatto quelle cose?"

Adesso decide di chiederlo. Adesso decide di importarsene.

"Sono gay, mamma. Ecco, l'hai sentito dire da me. Niente più segreto!" Mi aspetto una sua reazione, ma rimane abbastanza composta. "I ragazzi a scuola pensavano di potermi far cambiare idea picchiandomi, ma non potevano, perché semplicemente non si può."

Il mio cuore batte nel mio petto, le mani mi tremano. "Mi accusavano per la morte di papà, sai come ci si sente?"

Lei chiude per poco gli occhi. "Tuo padre è morto perché stava guidando da ubriaco, come avresti potuto causarlo tu? Era avventato, ha scelto di bere e guidare."

"Dicevano che lo avevo portato io a bere."

Poi crolla. La diga crolla, le lacrime scendono sulle sue guance, cadendo sul tavolo sotto. Bagnandolo. Io sto seduto con lei per un po', insicuro su come reagire. Non l'ho mai vista piangere, di solito si tratteneva. Era senza emozioni. Ma realizzo che era il suo modo di coprirsi - nascondersi dietro una maschera.

"Ti perdono." dico improvvisamente, "Ti perdono perché sono una persona migliore di quella che tu potresti mai essere."

E mi alzo, uscendo dalla stanza. Mi avvio verso la Stanza 7, questa volta bussando alla porta invece di entrare. Sento arrivare la voce di Michael, avanti! ed io entro. È solo, nessun genitore che può causarmi un attacco di panico. Chiudo la porta alle mie spalle e cammino verso il mio letto, lasciandomi cadere pesantemente. Michael sta leggendo, una cosa che fa sempre più spesso, ma chiude il libro improvvisamente.

"Luke, potresti venire qui? Spegni la luce."

Corrugo le sopracciglia, confuso, ma mi alzo e obbedisco alla richiesta. Schiaccio l'interruttore della luce su spento e mi siedo sul letto accanto a Michael. Le nostre gambe pendono dal lato del letto, le nostre schiene sono appoggiate contro il muro.

Lui sospira. "Voglio raccontarti del mio passato... di me."

Ansimo, non me lo aspettavo. Michael non aveva mai parlato molto del suo passato né delle voci nella sua testa. Mi ricordo che durante l'incontro di gruppo aveva dichiarato che loro non lo avrebbero lasciato parlare, perché potrebbe ora?

"Ma le voci... Avevi detto che non potevi-"

Mi blocca. "Siamo solo io e te, Luke. Siamo soli. Lui non c'è."

Le farfalle sono tornate - che eruttano nel profondo del mio cuore. Solo noi, siamo solo noi. Annuisco in una risposta silenziosa, facendogli cenno di continuare.

"È iniziato tutto quando avevo sei anni. Tutti i bambini nel mio gruppo di giochi avevano abbandonato i loro amici immaginari, se mai ne avevano avuto uno, ma io no. Io avevo un amico chiamato Xavier, non lo vedevo, ma potevo sentirlo. Dopo un po', mia madre è diventata davvero preoccupata. Perciò mi ha portato da uno specialista, tipo uno psicologo per bambini."

Incrocia le gambe, lanciandomi uno sguardo veloce. Credo che voglia essere sicuro che io non abbia bisogno di una pausa. Forse pensa che io lo trovi insano, ma non è così. Non andrò da nessuna parte.

"Mi hanno fatto tantissimi test, cercando di capire cosa stesse succedendo. Poi, sono arrivati alla conclusione che avessi sviluppato la schizofrenia. È difficile da spiegare, ma mi hanno prescritto diverse medicine e portato a terapie specializzate. Col passare degli anni, ha preso sempre più il controllo. Minaccioso, a volte."

Ho il respiro bloccato in gola.

"Ma continuava ad assicurarmi di essere mio amico, di essere lì per proteggermi. Che mi avrebbe detto quando le persone stavano parlando di me o mi stavano giudicando. A volte mi insulta. Si arrabbia."

Lo insulta? Succede? Mi sento perso mentre Michael parla, ma non riesco smettere di ascoltare. Sono così interessato a lui, al suo passato, a chi è.

"Ma ho imparato a tenerlo lontano. Non c'è sempre, o almeno, sta tranquillo. Sto prendendo nuove medicine e facendo altre terapie. Sto prendendo il controllo della mia vita, finalmente. Ho avuto un crollo due settimane fa, cosa che mi ha portato ad essere qui."

Due settimane? È stato nella clinica per due intere settimane e non ha ancora parlato del suo piano di dimissione.

"I miei genitori, sono un po' diversi. Hai avuto modo di conoscerli, ma non davvero. Sono protettivi e prepotenti, alcune volte, ma mi fido di loro. Nelle mie condizioni, non sarò mai in grado di vivere da solo o avere un lavoro vero. La mia vita è stata rovinata ancora prima di iniziare."

Le se parole accendono qualcosa in me. Si sta finalmente aprendo con me e mi sento come se avessi sempre avuto ragione. Michael non è pericoloso. È un ragazzo innocente tormentato da una malattia mentale. E tutto ciò che voglio è avvolgere le mie braccia intorno a lui e stringerlo. Perciò, lo faccio. E con mia sorpresa, mi lascia fare. Non si allontana.

"Se me lo lascerai fare, io sarò qui per te. Mi prenderò cura di te, lo farò. Troverò un modo."

Sento il suo corpo tremare, un singhiozzo strozzato lo percorre, facendo un suono terribile. Lo stronco forte a me, sussurrando parole rassicuranti mentre crolla davanti a me.

Lo salverò.

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Ho pianto mentre traducevo, il mio piccolo mikey.

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psych ❁ muke au (italian translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora