My dilemma

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Ad Annabeth non era mai piaciuto dormire. O meglio, le sarebbe piaciuto se i suoi sogni non fossero stati puntualmente costellati da incubi che la facevano svegliare nel cuore della notte, spingendola ad aprire la finestra della sua camera e guardare le luci di New York per calmarsi.

Nessun calmante o sonnifero che zia Marin le aveva prescritto era stato abbastanza e lei, piano piano, aveva rinunciato ai sonnellini pomeridiani e alle notti traquille, costringendosi ad andare avanti durante la giornata con bicchieroni di caffé di Starbucks.

Erano state con Percy le uniche notti prive di sogni. E si, aveva avuto freddo e paura, ma aveva dormito così bene tra le sue braccia che avrebbe pagato oro pur di ritornarci.

Sapeva che aveva vomitato e che poi era svenuta. Sapeva di star dormendo seppur non avesse idea di dove, ma aveva bisogno di aprire gli occhi perché aveva visto Piper, zia Marin, Talia e Percy morire così tante volte da non riuscire più a togliersi dalla testa gli occhi vacqui e le labbra sporche di sangue.

Aveva bisogno di svegliarsi, stare al fianco di Percy e magari, farsi dare qualche altro bacio sulla fronte da quelle labbra che le piacevano tanto.

Aveva bisogno di svegliarsi e smetterla di dormire ancora, di sognare così tanto e così male.

Svegliati, Annabeth.

- Svegliati, Annabeth.

E quella non era Talia?

- Andiamo, bionda! È il ventisette Dicembre! Hai intenzione di fare la morta e dormire anche per Capodanno o aprirai quei tuoi occhioni grigi prima del trentuno?

Annabeth corrugò la fronte. La sua migliore amica riusciva ad essere irritante anche mentre lei era convalescente. Le avrebbe dato dieci dollari solo per quella capacità innata.

Aprì lievemente le palpebre richiudendole l'istante dopo, quando la luce al neon troppo forte del soffitto la accecò. - Merda - imprecò, bagnandosi le labbra ancora screpolate e secche, sollevando un braccio per coprirsi gli occhi e gemendo l'istante dopo quando mise a fuoco una benda bianca e un ago infilato nel dorso.

- Non ci credo! - esclamò Talia e Annabeth sorrise, mettendo a fuoco il suo volto lentigginoso, il sorriso ampio e gli occhi elettrici, forse un po' lucidi. - Ti sei svegliata! Cazzo! Luke! La morta è viva! - gridò, e Annabeth rise piano, guardandosi attorno per mettere a fuoco una tenda bianca che la circondava, una macchina per i battiti e delle lenzuola bianche che la avvolgevano stretta.

Tornò a guardare Talia, la felpa più grande di due taglie che le cadeva morbida sul busto snello e gli occhi lucidi. - Talia Grace sta per piangere? - domandò retorica quando gli occhi scintilllarono e una lacrima impavida tentò di rigarle la guancia.

Talia la scacciò via velocemente, ridendo. - Fanculo, bionda. Io non piango mai - si tuffò su di lei, seppellendo il volto nell'incavo del suo collo e stringendola con più forza del dovuto e si, Annabeth avrebbe voluto dirle di fare più piano perché le faceva male tutto, ma era troppo felice. Sollevò lentamente le braccia, circondando il busto di Talia e accarezzandole lentamente la schiena.

- Anche tu mi sei mancata, Talia - mormorò e la mora annuì un paio di volte, tornando a sedersi sulla sedia e voltandosi di scatto quando la tenda si scostò con un colpo secco.

Annabeth analizzò Luke per pochi secondi prima che corresse ad abbracciarla.

- Non ne potevo più! - esclamò felice il ragazzo, stringendola delicatamente e lasciandole un bacio sulla guancia che la fece sorridere. - Talia era così assillante e nervosa che non ha dato tregua a nessuno nell'Arena - borbottò e la ragazza gli diede un pugno al fianco, alzandosi dalla sedia per farlo sedere e accomodandosi poi sulle sue cosce. - Come stai? - le domandò con un sorriso gentile.

Angel with a shotgunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora