- Chapter 1 -

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Il castano esile dalla pelle pallida, quasi grigiastra, ghignò sotto la maschera nera che gli copriva il volto fino al naso; mentre brandiva una della sue due asce, quella più vecchia con il manico marrone e la lama scheggiata, davanti al corpo esanime di una ragazza alla quale aveva appena provocato un taglio profondo sulla gola, quasi staccandole la testa. Un tic a cui era abituato gli percorse il collo, obbligandolo a piegare la testa di lato violentemente.

Cercò di rimettere a posto il proprio collo senza l'ausilio delle mani e dopo un paio di tentativi, finalmente ci riuscì.

Teneva il cadavere appeso al muro con la mano libera tramite quel che rimaneva del collo, per poi lasciarlo cadere e voltarsi verso il compagno.

- Ehy, Masky - disse divertito rivolgendosi all'amico che sbuffò sonoramente prima di voltarsi nella sua direzione.

- Toby, quante volte ti ho detto che devi smetterla di ripeterlo? - rispose il ragazzo che indossava la maschera bianca dai tratti femminili con un tono scocciato.

- Ed-eddai Tim, non prendertela. - replicò di rimando Toby portando un braccio sulle spalle del collega. - In o-ogni caso, io qui ho finito. P-possiamo andare o abbiamo altro lavoro da compiere?- chiese pulendosi gli occhialini arancioni che gli ricoprivano gli occhi scuri, dai residui di sangue fresco schizzati durante l'assassinio.

- Hoodie sta parlando con il capo, ma credo che per oggi sia tutto. - gli rispose Timothy.

Il ragazzo, che inizialmente sembrava quasi divertito dal lavoro che faceva, sbuffò quasi irritato al sentire il nome del terzo collega che non era presente. In fondo non era mai andato pienamente d'accordo né con Masky né con Hoodie; ma Lui non tollerava litigi tra i suoi proxy, costringendo i ragazzi a fingere una concordanza teatrale che però non sempre riuscivano a tenere in piedi.

Un tic scosse il braccio di Toby, il quale lo tolse dalle spalle dell'altro per poi avviarsi lentamente verso l'uscita dell'edificio abbandonato che spesso adoperavano per compiere quei macabri delitti, seguito dal ragazzo mascherato.

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Nello stesso momento Avery McAdams, una diciottenne appena trasferitasi per frequentare la University of Colorado School of Medicine, stava tornando nel suo appartamento con la sua coinquilina Jenna.

Le ragazze erano completamente diverse tra di loro: mentre Avery era castana con gli occhi color nocciola che esprimevano dolcezza e voglia di vivere, dall'animo gentile e sempre pronta ad aiutare gli altri; Jenna aveva i capelli color rame, occhi verdi luminosi ed era una ragazza superficiale e festaiola. Nonostante la sua superficialità, però, Jenna era molto professionale ed una buona amica per chi riusciva ad entrare nella sua sfera di interessi.

Stavano rientrando dal party di benvenuto per le matricole, che si era svolto in una sala apposita nel plesso universitario, ed entrambe erano un po' brille ma ancora abbastanza lucide per poter fare quella strada ancora poco conosciuta a piedi in piena notte.

- Ehy ehy Av, c'è sempre stato quel bosco qui?- chiese la rossa ridendo sguaiatamente per poi zittirsi da sola dopo aver constatato di aver alzato troppo la voce.

- Si J - rispose la mora che riusciva a contenersi poiché aveva bevuto meno dell'amica, guardando la distesa di alberi alla loro sinistra.

Le sembrò quasi di scorgere una figura distorta dalle sembianze umane, e si bloccò tenendo Jenna per un braccio in modo da non farla cadere sull'asfalto.

Non ci aveva fatto caso prima, ma sentiva un leggero ronzio, come se ci fosse un'interferenza di apparecchi elettronici.

Una strana sensazione le si formò alla bocca dello stomaco, e quasi le sembrò di avere la nausea. Inoltre le comparve un leggero mal di testa e un senso di vertigini. Diede la colpa all'alcol per quegli strani e improvvisi sintomi; quando un brivido leggero le percorse la schiena, facendola ritornare alla realtà. Diede un'ultima occhiata agli alberi per accertarsi di aver avuto un'allucinazione dovuta all'alcol e al sonno, e quando ebbe constatato che non c'era nessuno, strattonò l'amica e ripresero il tragitto verso l'appartamento che avevano in affitto.

Le due amiche arrivarono finalmente a casa, dopo un tempo che ad Avery sembrò interminabile. Si sentiva ancora poco bene, provava un malessere strano.

Accompagnò la sua coinquilina in camera sua e poi si diresse nella propria, si cambiò mettendo un pigiama con un pantalone lungo di cotone e un top del medesimo tessuto poiché era fine settembre e l'aria estiva non se n'era ancora andata del tutto, e si mise a letto sprofondando tra le braccia di Morfeo.


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SPAZIO AUTRICE

Allora, finalmente mi sono decisa a pubblicarla hahah. Non so quando pubblicherò il secondo capitolo, spero presto. Commentate, mi piacerebbe leggere le vostre impressioni.

Notte xx

- Michela

Stockholm Syndrome - Ticci TobyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora