- Chapter 15 -

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Avery's POV

Non riuscii a dormire per tutta la notte. Certo, il mio letto comodo mi era mancato durante la mia assenza, ma le braccia di Toby attorno alla mia vita e il suo corpo accanto al mio mi mancavano ancora di più. Mi sentivo vuota, come se mi fosse stato strappato un pezzo di me. Nonostante stessimo insieme da poco, la sua mancanza mi penetrava fino alle ossa, facendomi capire quanto avessi bisogno di quel ragazzo entrato nella mia vita così all'improvviso e nel peggiore dei modi. Ma si sa, al cuor non si comanda. E anche se si potesse, ordinerei al mio di andare da Toby in ogni caso.

Una leggenda afferma che due anime gemelle siano legate insieme da un filo rosso tramite i mignoli delle mani, e che prima o poi staranno insieme indifferentemente dal tempo che intercorre e altri fattori inutili. Questo filo non si può spezzare né tagliare e lega le due persone per sempre. Chissà se dall'altra parte del mio filo, c'era proprio il ragazzo pallido che mi faceva battere il cuore in quel modo.

Passai la ultime ore che separavano la notte dal giorno a rigirarmi nel letto, cercando invano di addormentarmi. La luce che filtrava dalla mia finestra provocava bruciore ai miei occhi assonnati, così decisi di alzarmi e farmi una doccia.

Mi spogliai e entrai sotto il getto d'acqua calda, cercando di rilassarmi. La ferita si stava già rimarginando, quel beverone preparato da Jack stava dando i suoi frutti.

Uscì dalla cabina doccia dopo una mezz'oretta, avevo proprio bisogno di starmene un po' da sola a rilassarmi. Mi asciugai e tornai in camera mia in accappatoio e con i capelli raccolti in un asciugamano. Indossai una tuta comoda e inizia a pettinarmi e ad asciugarmi i capelli.

Nel frattempo il sole era spuntato definitivamente e si erano fatte le 6. Quando ebbi finito, andai in cucina per cercare di buttar giù qualcosa, e mi preparai un the. Non potevo bere ancora del caffè per via della mia ferita, ma il mio the non me lo toglieva nessuno.

Dopo poco tempo, arrivò anche Jenna con ancora il pigiama addosso e i capelli raccolti in una coda disordinata che le lasciava dei ricci ribelli a contornarle il viso. Contrariamente alla notte appena trascorsa, mi salutò con un sorriso e venne ad abbracciarmi.

- Mi sei mancata tanto, lo sai? –

- Anche tu...- risposi stringendola a me – vorrei... vorrei vedere i miei genitori: dove sono? –

- Alloggiano in un albergo poco lontano da qui, ma credo sia meglio che vengano loro a casa nostra. Dobbiamo anche avvisare la polizia che sei tornata e stai bene – si sciolse dall'abbraccio e mi guardò.

- E' davvero necessario? –

- Si... Sai, devono archiviare il caso e devono risolvere quello dell'omicidio di Jared... - finì la frase abbassando lo sguardo, con aria triste.

Annuii e sospirai.

- Capisco... Chiamo i miei, così vedrò prima loro – accennai un sorriso e tornai in camera mia, dove iniziai a cercare il mio telefono cellulare, senza trovarlo.

- Merda – sussurrai – devo averlo lasciato da Toby... -

Sospirai e tornai in corridoio, dove alzai la cornetta del telefono fisso e digitai il numero di mia madre.

Toby's POV

Mi svegliai presto, non come al mio solito. Abitualmente, se non avevo missioni da compiere durante la notte, non mi alzavo prima delle dieci del mattino. Questa volta, però, uno strano presentimento mi portò ad aprire gli occhi quando la tenue luce iniziava ad addentrarsi tramite i vetri della mia camera da letto.

Ci volle qualche minuto prima che mi svegliassi del tutto e realizzassi che lei non c'era.

- Avery? – sussurrai con la voce ancora impastata dal sonno e mi guardai intorno.

Non era sicuramente in camera mia. Mi alzai velocemente e andai a bussare alla porta del bagno, che però era vuoto. Scesi al piano di sotto ma non era nemmeno lì e sapevo che non si sarebbe potuta allontanare di molto con l'Operatore in giro. Avevo paura che avesse potuto farle del male.

Ricordai la scena della sera prima, Hoodie che mi mostrava la pistola prima di metterla via, e sentii la rabbia ribollirmi dentro. Tornai al piano superiore, aprii la porta della sua camera e saltai sul suo letto, bloccandolo.

- Ma che cazz... Toby? – mi guardò accigliato, assottigliando gli occhi.

- Oh, ma allora ce l'hai una faccia – sorrisi malignamente per poi tirargli un pugno in pieno viso.

Lui si portò una mano al volto e poi mi scaraventò a terra.

- Tu vuoi morire, Rogers! – prese la pistola dal comodino e me la puntò contro.

- Dov'è –

- Cosa? Il tuo cervello? Direi che non c'è mai stato – sputò quelle parole con voce profonda e adirata, mettendosi a sedere sul letto.

- Lo sai benissimo di chi parlo, cosa le hai fatto? – il braccio destro era scosso da tic accentuati, come ogni volta che provavo qualche emozione troppo forte.

- Ah, parli di quella lì – sorrise in modo sadico – non la tenevi segregata in camera? –

- Cosa cazzo le hai fatto? –

- E' da ieri sera che non la vedo. Non che ci tenga particolarmente a trovarmela in giro per casa. Magari Slenderman le ha fatto fare la fine che meritava – fece spallucce e si alzò dal letto – oh, fossi in te mi allenerei a tirare pugni. Picchierebbe più forte quella ragazzina – sogghignò e uscì dalla camera.

Tirai un pugno sul materasso per scaricare la rabbia e decisi di uscire a cercarla, ma senza risultati. Chiesi a Tim, ma nemmeno lui aveva idea di dove potesse trovarsi. Ormai si era fatto buio ed ero preoccupato come non mai, per la prima volta da quando avevo perso mia sorella.

Ripensai a Lyra e alla sua morte. Mi mancava tantissimo, e mi sentivo in colpa. Sarei dovuto morire io al posto suo. Sospirai e tornai in camera, senza cenare. Non volevo perdere anche Avery, ma ormai ci ero abituato a quel tipo di sofferenza. Le cose belle non durano mai a sufficienza.

Mi distesi sul letto, incrociando le braccia sotto alla mia testa, quando sentii qualcosa vibrare sul comodino. Guardai curioso, dato che il mio telefonino si trovava nella tasca dei miei jeans, e trovai quello della mia ragazza che squillava con la suoneria ridotta a zero. Lo presi e lessi il nome del mittente: casa.

Risposi, titubante, e portai il ricevitore all'orecchio senza proferire parola.

- Toby? Sapevo che avresti risposto... -

Il mio cuore sussultò a sentire la sua voce.

- Scusami, ma ho dovuto farlo per il tuo bene. Non avresti accettato la mia decisione, quindi ho preferito agire di nascosto. M-mi manchi, ma credo sia meglio così. Non voglio che Lui ti faccia del male o che tu debba avere discussioni frequenti con i tuoi compagni per causa mia. Questo non cambierà i sentimenti che provo per te, però forse è meglio se per un po' non ci vediamo. Ti amo –

Lanciai quell'affare contro il muro situato di fronte a me e tornai a sdraiarmi portandomi il cuscino sul viso. Ero arrabbiato con lei per essersene andata e avermi lasciato da solo; e con me stesso per aver creduto che avrei potuto essere ricambiato in un sentimento come l'amore, che non avevo mai provato, e che ciò che c'era tra di noi fosse reale.

Provai ad addormentarmi per sbollire la rabbia, ma Tim bussò alla mia porta dicendomi che al telegiornale avevano parlato di lei, che era viva ed era tornata a casa.

Presi le mie accette e andai a caccia.

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Buonasera, o notte.

Mi dispiace se questo capitolo è più corto rispetto agli altri, ma stranamente sto già lavorando a quello seguente che dovrebbe esse più ricco (o almeno spero haha), quindi ho deciso di pubblicarlo subito. In realtà inizialmente era un capitolo unico, ma ho preferito dividerlo. Però questo a voi non importa.

Spero vi piaccia, go to sleep :)

- Michela xx

Stockholm Syndrome - Ticci TobyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora