- Chapter 23 -

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Avery's POV

- Avery... -

- P-per favore, vattene – mugolai, guardandolo con fare supplichevole.

Il suo cuore probabilmente era andato in mille pezzi alle mie parole, glielo si leggeva in faccia.

Aveva uno sguardo colpevole e affranto e mi si stringeva il cuore a vederlo così, ma ero terrorizzata.

- I-io... -

- Senti... - sussurrai interrompendolo e guardandolo con fare calmo cercando di non far trasparire ulteriormente l'agitazione per la sua presenza – sei un killer, ti stanno cercando e hai tentato di uccidermi. Inoltre mi sono appena svegliata e mi trovo in ospedale, non so nemmeno che giorno sia! –

- Il... 5 marzo –

- Non... non mi importava saperlo... Mi serve un'infermiera. Devi andartene –

Toby sospirò. In fondo capiva cosa stessi provando, credo sapesse che sarebbe potuta succedere una cosa del genere.

- Nonostante tutto, lo faccio per proteggerti... - sussurrai in modo quasi impercettibile.

Così, mentre premetti il pulsante che faceva in modo che un'infermiera entrasse nella stanza asettica in cui mi trovavo, Toby se n'era già andato.

Mentre aspettavo qualcuno che venisse a controllare le mie funzioni vitali e il resto, iniziai a piangere.

Lo amavo tanto, troppo, ma allo stesso tempo ero sconvolta per ciò che era successo a casa mia, prima che mi risvegliassi.

La mia migliore amica era stata sgozzata e sventrata, io ero stata quasi uccisa.

Forse non avrei mai dovuto legarmi ad una persona come lui, sarei dovuta scappare quando ne avevo avuto l'occasione e trasferirmi. Magari si sarebbero evitate un sacco di cose, un sacco di morti.

Era tutta colpa mia.

Mi portai l'avambraccio sugli occhi umidi cercando contemporaneamente di reprimere i singhiozzi; quando finalmente arrivò un infermiere che si avvicinò per controllare i miei segni vitali sugli schermi delle macchine a cui ero collegata, per poi rivolgermi un sorriso cordiale che riuscii a percepire dal tono di voce con cui mi salutò.

- Ben svegliata, Avery. Sai, stavamo perdendo tutti le speranze –

Non risposi, continuai a nascondere i miei occhi sperando che mi dicesse che stavo bene e che mi lasciasse nuovamente sola con la mia depressione.

- Stai... piangendo? – avvicinò il suo viso al mio, scostandomi delicatamente l'avambraccio fasciato e guardandomi con fare curioso.

Arrossii dall'imbarazzo per la vicinanza, facendolo sorridere teneramente.

- Ti fa male qualcosa? –

Scossi leggermente il capo.

- Riesci a parlare? Ricordi cos'è successo e dove ti trovi? –

Stavolta annuii, spostando lo sguardo.

- Io sono Nate, sarò il tuo infermiere durante la tua degenza – sospirò lievemente, continuando a sorridermi, capendo che non avrei parlato molto facilmente – per qualsiasi cosa, pigia quel pulsante e verrò subito da te – mi fece l'occhiolino indicando il tasto verde che avevo schiacciato poco prima e se ne andò nuovamente.

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me: *ascolta Stockholm Syndrome degli One Direction*

me: ...

me: ...

me: CAZZO, DEVO AGGIORNARE.

Sono ancora viva, sì. E mi scuso per il capitolo corto ewe, mi farò perdonare.

- Michela xx



Stockholm Syndrome - Ticci TobyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora