Chapter 16

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 "Ed ci sei?" ripeto dopo che non ricevo risposta.

"Si scusa, eccomi" dice Ed.

"Ed mi sa che ho un problema enorme" dico preoccupata dando le spalle allo specchio.

"Del tipo?" dice lui.

"Sai c'è questo ragazzo che lavora con me che...non ho capito come mi sta entrando sotto la pelle e non riesco a non pensarci" dico passandomi una mano tra i capelli. Il pomeriggio è appena iniziato e dalla finestra che si apre sul piccolo balcone raggi di sole mi raggiungono e mi riscaldano.

"E pensi che tu possa piacere a lui?"

"Io non lo so, non riesco a capirlo. Di solito ci divertiamo insieme, ma poi a volte si comporta in modo strano con me..." dico fissando il pavimento.

"Come ti fa sentire Gail?"

" Sai quel momento in cui mentre ascolti la tua canzone preferita alla radio ti viene la pelle d'oca? Ecco, lui è la mia canzone preferita alla radio, quella per cui alzi il volume e inizi a cantare a squarciagola anche se non sai le parole e ti fa venire la pelle d'oca, anche d'estate" dico; "mi fa sentire bene, mi fa sentire viva e quando lui è con me il resto non ha importanza perché sento che potrei continuare così per sempre" concludo con un sorriso sulla labbra e una nuova consapevolezza nel cuore: lui mi piace, Harry mi piace.

Ed se ne sta in silenzio mentre continuo ad elaborare quello che ho appena realizzato.

"Suppongo che sia una cosa positiva, però io fossi in te aspetterei e non glielo direi, non ancora almeno. Sai a volte basta guardarsi intorno per accorgersi che tu sei esattamente quella canzone alla radio per qualcun altro" dice lui spegnendo in parte il mio entusiasmo.

"Solo Gail, per favore, promettimi una cosa" dice Ed. Io annuisco.

"Non amare mai qualcuno che non ti tratti con rispetto come meriti."

Guardo lo specchio in attesa che aggiunge altro ma non lo fa. Mi sento strana, ho bisogno di schiarirmi le idee, ora che ho ammesso di provare qualcosa per Harry, cosa che fin ora avevo negato persino a me stessa. Liam sarebbe fiero di me, mi sto davvero lasciando andare come mi aveva detto, ma lui ora non è qui.

"Ed io devo andare" dico alzandomi in piedi e avviandomi verso la porta.

"Ci vediamo, grazie per la chiacchierata" dico senza ricevere risposta, dubito che lui sia ancora lì, forse ho detto qualcosa di sbagliato e lui si è offeso.

Entro in macchina e invece di tornare a casa devio verso un piccolo locale, in St. James Street, un piccolo posto poco frequentato ma che ha un bellissimo pianoforte in legno antico che ha un'acustica spettacolare; a volte quando sono giù mi ritrovo ad andare lì e passare tutto il pomeriggio suonando e cantando, ai proprietari non dà fastidio, ai clienti nemmeno, poi non lo usa nessuno quel piano. Parcheggio la macchina ed entro.

"Ciao Candice, il solito per favore" dico alla ragazza dietro al bancone mentre mi avvio verso il piano.

Lei annuisce e io inizio a suonare. Inizio con qualcosa tipo Stay di Rihanna. Ho bisogno di sfogarmi e questo è il mio modo di farlo: cantando e suonando. Non c'è quasi nessuno nel locale a parte due vecchi signori che giocano a carte sorseggiando un drink, un uomo di mezza età al bancone e un signore con cappello e occhiali da sole con davanti una rivista che gli copre la faccia. Candice probabilmente si è accorta che sono più giù del solito perché dopo che ho finito il mio drink me ne porta un altro. Continuo con il mio repertorio: Dancing on my Own di Robyn, Where do broken hearts go? Di un gruppo inglese fino a Impossible di Shontelle, per poi passare da Like i can di Sam smith e We are young dei Fun. Ovviamente tutto arrangiato al piano.

Quando mi stacco dal piano mi sento più leggera, ho la testa piena di parole, ma il cuore che fluttua tra un'emozione e l'altra. Nel locale l'orologio appeso al muro segna le 22:36 e non è rimasto quasi più nessuno. Mi avvicino al bancone e mi siedo. I due signori anziani escono salutando Candice, l'uomo del bancone era a andato via a metà della mia performance ma il tipo strano con il giornale era ancora lì che leggeva.

"Strano quel tipo" dico sottovoce a Candice mentre strofina il bordo di qualche bicchiere con uno straccio umido.

"Si, viene a volte, non l'ho mai visto in faccia, ma quando viene suona anche lui".

Continuo a fissarlo, mi sembra familiare ma invece di girare pagina si avvicina il giornale più vicino alla faccia così che sia coperta completamente.

Pago i miei drink ed esco. Quando arrivo a casa, mi cambio scegliendo una maglietta larga e pantaloni da yoga, metto su un vinile di Michael Jackson e imbraccio il mio pc sedendomi sul divano con le gambe incrociate. Prenoto un biglietto aereo per l'Irlanda e lo stampo. Sarei partita tra solo una settimana e mezzo e avevo ancora un sacco di cose da preparare.

Mi arriva un messaggio da Joe:

Ciao Gail, spero che tu voglia ancora uscire con me, se è così ti passo a prendere Venerdì sera alle 18, andiamo a cena insieme!

Abituata ad Harry che non mi dice mai dove andiamo il fatto che Joe mi abbia reso noto i piani per la serata mi dà un po' fastidio, ma ignoro la sensazione inviandogli una risposta sintetica.

I giorni a lavoro scivolano via veloci uno dopo l'altro e prima di accorgermene Joe sta entrando nel mio appartamento aspettando che io finisca di prepararmi. Quando esco dal bagno pronta vedo Joe seduto sul divano, tutto rigido e Donut vicino a lui seduto che lo fissa. Soffoco una risatina e mi avvicino, prendo Donut e lo porto nella sua cuccia in camera mia.

"Allora, vogliamo andare?" chiedo vedendo che si rilassa notevolmente.

Annuisce e raggiungiamo la sua auto. Mentre andiamo al ristorante lui inserisce nella consolle un cd di Celine Dion; faccio del mio meglio per deconcentrare la mia attenzione prima di scoppiare a ridergli in faccia e ci riesco, penso a Harry che non ho sentito per niente tutta la settimana, e a mala pena ho visto a lavoro.

Controllo il mio cellulare ma nessuna notifica appare sullo schermo.

"Siamo arrivati" dice Joe spegnendo la macchina. Mi raggiunge e apre il mio sportello prima che lo faccia io, gli sorrido e leggo l'insegna del ristorante: Under the Bridge. È carino questo posto, l'avevo già sentito nominare prima.

Entriamo e Joe dice al concierge: "La prenotazione a nome Firestone".

Lui sorride annuendo e ci mormora un 'seguitemi', arriviamo al nostro tavolo, lui ci lascia i menù e iniziamo a consultarlo, ma quando sto per chiedere a Joe cosa vuole prendere vedo Liam e Sophia che si accomodano a due tavoli di distanza dal nostro. Che diavolo ci fanno qui?

***

Buona lettura in questa domenica pomeriggio assolata :) Love, N.

Talking stones (h.s.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora