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Ti prego dì qualcosa, anche se può far male.

Chiedimi pure di sparire, di dimenticare, di non tornare,

di far finta che non sei speciale

ma allontanami, ti prego, se poi pensi che

in qualunque modo

tra noi due non possa funzionare.

-Modà.



Quel mattino venne classificato da Paola come il peggiore di tutta la sua vita: il telefono di casa prese a squillare in modo fin troppo fastidioso, interrompendo il suo beato sonno. Non si degnò neppure di aprire gli occhi o di fare il minimo sforzo per alzarsi da quel credeva essere il letto e andare a rispondere, fece semplicemente finta di niente. E sembrò funzionare alla perfezione fino a quando quello prese a squillare ancora e ancora fino a farla arrendere. Tuttavia aprire gli occhi e abituarsi alla luce della mattina le risultava un gesto fin troppo complicato, così decise di cominciare ad alzarsi cautamente. Peccato però che appena mosse lievemente la gamba si ritrovò schiacciata sul pavimento, costretta così ad aprire gli occhi per potersi ricomporre. Ancora un po' intontita per la caduta restò inerme fino a quando, in un momento di lucidità, si rese conto che quella non era affatto la sua camera da letto, bensì il suo salone. Quindi arrivò velocemente alla conclusione di essersi addormentata sul divano la sera precedente.

«Vuoi rispondere a questo cazzo di telefono?» una voce impastata dal sonno, una voce roca e una voce infastidita. Una voce, quella voce, la sua voce. La voce di Mattia. Paola si voltò di scatto e lo vide steso sul divano su un solo fianco, con gli occhi chiusi e la bocca gonfia, rossa e sfigurata. Improvvisamente la sua espressione addormentata si trasformò in un ghigno soddisfatto: aveva fatto bene a torturargli le labbra per tutta la notte con morsi e torture varie. Peccato, però, che Mattia aveva avuto la meglio. Infatti la sua bocca era messa peggio, considerando le labbra con le sembianze di due canotti e il sangue coagulato, segno dei morsi dolorosi.

Quando il telefono prese a squillare per l'ennesima volta, ella si alzò controvoglia dal pavimento e si recò a passo lento e pigro verso il mobile sul quale era poggiato il cordless. Lo prese e se lo portò all'orecchio, ma solo quando udì l'ennesimo squillo si rese conto di non aver cliccato il tasto verde. Si affrettò a premerlo e, velocemente, rispose. «Chi cazzo è che mi chiama alle - si sporse verso la cucina e consultò l'orologio attaccato alla parete - alle nove di domenica mattina?» concluse il tutto con un ringhio, giusto per essere più minacciosa.

Camilla, dall'altro lato, scoppiò a ridere rumorosamente, recandole un senso di fastidio. Non era piacevole sentire le risate rumorose di qualcuno quando si è appena sveglio. «Buongiorno anche a te, figlia adorata! Sempre di buon umore a quanto vedo!» Paola si ricompose all'istante, rendendosi conto della brutta figura che aveva appena fatto. Cercò, inoltre, di mutare la sua voce per evitare che somigliasse a quella di un transessuale, ma con scarsi risultati.

«Mi prendi anche per il culo, mamma?» proferì quella domanda retorica con tono lievemente seccato, per poi appoggiarsi allo stipite della porta e prendere a fissare Mattia al punto che, per poco, non si perse la risposta sarcastica di sua madre. Era bello anche mentre provava a riaddormentarsi e aveva un espressione infastidita, fasciato nel piumone bianco e con gli abiti della sera precedente. Era bello sempre, c'era poco da fare con una bellezza del genere.

«Oh, nient'affatto! Come sta la mia figlia preferita?» La bionda corrugò la fronte, sospirando in modo scocciato poiché non aveva affatto voglia di scherzare, avrebbe preferito tornare tra le braccia di Mattia e addormentarsi di nuovo.

«Ok, mi prendi decisamente per il culo. Non hai nessun'altra figlia.» constatò con voce decisa, come se stesse per annunciare una scoperta che avrebbe cambiato le sorti dell'umanità. Dall'altro capo del telefono sua madre capì, a sua sorpresa, che Paola di prima mattina non era così stupida come pensava che fosse.

In fuga dagli sguardi miei.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora