Non c'era stato modo di convincere Cristian del fatto che passare una notte fuori casa fosse una pessima idea, lui non aveva voluto sentire scuse e, come per farsi perdonare, aveva provveduto a sceglierle l'abito, piastrarle i capelli ed applicarle il trucco. E Paola, tuttavia, non poteva lamentarsi del lavoro svolto dal giovane poiché era riuscito a farla sembrare elegante e al contempo semplice e naturale.
Aveva raccomandato Francesca di fare attenzione a Mia circa una trentina di volte, aveva fatto promettere alla sua bambina di comportarsi bene e di non disubbidire ma nonostante ciò non si sentiva tranquilla al pensiero di sua figlia nelle mani della sua migliore amica poco responsabile. D'altra parte, però, cercò di convincersi che meritava un momento di svago che non si concedeva da quando la gravidanza l'aveva portata ad allontanarsi dallo stile di vita trasgressivo e privo di qualsiasi regola. Aveva dovuto cambiare radicalmente le sue abitudini: era passata dal trascorrere le notti insonni in giro per i locali a svegliarsi ogni due ore per allattare sua figlia. Era passata dall'uscire con un ragazzo diverso ogni sera al non frequentare nessuno per non permettere a Mia di avere brutti ricordi della sua infanzia. Si era privata di qualsiasi tipo di divertimento per poter condurre una vita da persona matura e da ottima madre, ma almeno per quella sera avrebbe dovuto abbattere le barriere che si era creata attorno e divertirsi come se fosse una qualsiasi ragazza ventunenne.
Cristian parcheggiò la smart nel parcheggio della discoteca e Paola si sentì finalmente libera di tirare un sospiro di sollievo. Guardò il suo migliore amico con lo sguardo accecato dalla rabbia e, rapidamente, scese dall'auto sbattendo poi la portiera alle sue spalle. «Ma come cazzo guidi?» Sbraitò, alzando la voce ed assumendo una postura poco femminile che nella sua mente doveva conferirle un'aria autoritaria. L'unica cosa che provocava quell'atteggiamento, invece, era un perfetto contrasto con l'abbigliamento elegante.
«Sei viva. - Rispose semplicemente Cristian, infilando le chiavi dell'auto in tasca e avvicinandosi a lei con aria indifferente. - Quindi perché preoccuparsi?» Le chiese con disinvoltura, come se accelerare al massimo, sorpassare le auto, non rispettare i segnali stradali e ignorare i semafori fossero cose normali.
«Stammi lontano perché potrei non rispondere delle mie azioni! - Sbottò, puntandogli un dito contro con fare minaccioso - Sappi che tornerò a casa a piedi, ma non salirò mai più sul quel cesso di auto, né su un qualsiasi altro mezzo di trasporto guidato da un cazzone incosciente come te!» Gli urlò contro seriamente esasperata poiché per tutto il viaggio non aveva fatto altro che rimproverarlo o coprirsi gli occhi per evitare di vedere il momento in cui si sarebbero schiantati contro qualsiasi ostacolo lungo la strada. Era assurdo che una persona come Cristian possedesse una patente e, a parer suo, poteva anche averla rubata.
«Bonjour finesse.» Quella battuta decisamente di cattivo gusto non fu pronunciata da Cristian ma bensì da una voce esterna e questo, per quanto possibile, contribuì a farle impazzire ulteriormente i nervi.
«Sono le dieci e questo coglione mi dice buongiorno?» La voce risuonò, perfino per lei, un po' troppo acida e scontrosa ma tuttavia non diede importanza a quel particolare e si voltò di scatto per poter incontrare il suo interlocutore. Fu in quel momento che si maledì per non essersi girata prima e per non aver evitato la brutta figura che aveva appena commesso.
Daniele alzò le spalle e, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e un sorriso mozzafiato stampato sul viso, le rispose. «Non so un cazzo di francese, non avevo idea di come si dicesse buonasera.» Paola capì che nel momento esatto in cui le labbra del ragazzo si erano alzate verso l'alto e avevano messo in mostra la dentatura bianca, il suo nervosismo era andato a farsi fottere. Si sentiva stranamente più tranquilla all'idea che probabilmente avrebbe passato il resto della serata in sua compagnia.
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In fuga dagli sguardi miei.
RomanceCopertina: @xEdenB Paola gli aveva detto addio. L'aveva fatto quella gelida mattina di novembre, afferrandolo per il colletto della camicia bianca ormai sgualcita, spingendolo ripetutamente verso la porta e urlandogli contro di non voler vedere mai...