La campana suonò, segno che qualcuno era appena entrato nel bar. Paola spostò lo sguardo dai bicchieri che stava lavando alla persona che aveva fatto il suo ingresso e una strana quanto indescrivibile sensazione si accese in lei alla vista di Rebecca. Si chiese subito cosa ci facesse la sorella di Mattia lì. La ragazza si toccò la lunga treccia di capelli biondi che le scendeva morbida fino al seno, quasi con impaccio, e fece un sorriso timido che Paola s'affrettò a ricambiare.
«Buongiorno, Poli.» disse, avvicinandosi al bancone.
Paola notò qualcosa di strano nella voce, freddezza? Timidezza? Rabbia? Non sapeva spiegarsi cosa fosse e capì subito che il motivo per cui Rebecca si trovava lì quella mattina era suo fratello perché, se così non fosse stato, si sarebbe comportata com'era suo solito fare: con un'energia che nessun'altra persona possedeva in modo così costante come lei.
«Giorno, Reb. Come mai da queste parti?» le domandò gentilmente, con fare indagatore.
Rebecca si sedette su uno sgabello e puntò per un paio di secondi lo sguardo sulle proprie mani incrociate, come se stesse pensando attentamente a cosa risponderle. Poi alzò gli occhi su di lei e sospirò.
«Per due motivi. E uno di questi credo che tu sappia quale sia.» mormorò.
Paola abbassò il capo e si passò una mano fra i capelli, prima di ricominciare a guardarla.
«Lui?» domandò, come se necessitasse di una conferma.
Rebecca annuì, cambiò espressione e, esattamente come suo fratello, aveva lo sguardo indecifrabile e apparentemente privo di emozioni. Doveva essere una dote -o una disgrazia- di famiglia.
«Non credo di.. di avere molta voglia di parlarne.» ammise titubante, ma con sincerità.
La giovane si rabbuiò. «Ti prego. - La implorò - Ti ruberò solo cinque minuti.»
Mise il broncio e quel gesto strappò un sorriso a Paola, che decise di accontentarla. Si tolse il grembiule da lavoro e le fece segno di seguirla fuori dal bar. Una volta all'esterno, Rebecca si sentì subito libera di parlare.
«Innanzitutto, tu come stai?»
Paola fece un piccolo colpo di tosse, come per far uscire le parole che parevano esserle morte in gola. «Bene.» bugiarda.
Rebecca alzò gli occhi al cielo, mise le mani sui fianchi e assunse una posizione che nella sua testa la faceva apparire autoritaria.
«Stai mentendo, te lo si legge negli occhi. Stai uno schifo. E anche Mattia sta uno schifo.» comunicò.
Tutt'attorno, per Paola, parve fermarsi per un secondo prima di riprendere a girare troppo velocemente, perché sentirselo dire da una persona a lui così vicino le aveva provocato uno strano effetto.
Rebecca riprese a parlare subito dopo, ma stavolta con un tono di voce cupo, basso, quasi stanco.
«Non riesco a sopportare di vederlo così, mangia poco, è scontroso, non ha mai voglia di parlare con nessuno. Ogni notte, quando torna a casa, mi ricorda il coglione drogato ch'era tanti fa. - Un brivido corse lungo la schiena di Paola. "Cazzo!", fu tutto ciò a cui riuscì a pensare - Ho paura. È riuscito ad uscire dal buio già una volta e, se dovesse rientrarci, non ho idea di come andrebbe a finire. Temo che stia esagerando.» concluse con la voce tremante e gli occhi lucidi. Adorava follemente suo fratello e il solo pensiero che potesse ricominciare a distruggersi, distruggeva lei.
Per Paola assimilare ognuna di quelle frasi era come ricevere un pugno in pieno viso e ciò che le faceva più male era la consapevolezza di essere lei la causa del momentaneo crollo di Mattia. Conosceva il peggio di quel ragazzo e aveva pregato per non vederlo mai più così. Non voleva vederlo a tutte le ore del giorno con la canna fra le dita, non voleva vederlo ubriaco nei locali quasi tutte le sere e non voleva vederlo mentre sfogava la sua frustrazione con una ragazza diversa ogni giorno. Quel tipo di ragazzo non esisteva più da molto tempo e il pensiero che potesse riaffiorare la faceva star male in modo inspiegabile. «Rebecca, io..»
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In fuga dagli sguardi miei.
RomanceCopertina: @xEdenB Paola gli aveva detto addio. L'aveva fatto quella gelida mattina di novembre, afferrandolo per il colletto della camicia bianca ormai sgualcita, spingendolo ripetutamente verso la porta e urlandogli contro di non voler vedere mai...