Capitolo 3 - Passerotto

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Era novembre quindi le rose non erano fiorite, ma il profumo dei fiori si sentiva comunque, come se le panchine e i muretti ne fossero impregnati. Avevo lasciato una Mary molto contrariata all'entrata del roseto e stavo camminando da sola, ammirando i giochi di luci che i giardinieri avevano intrecciato tra le rose. Iniziavo a intravedere il gazebo e sotto di esso una figura di spalle. Mi strinsi di più nel mio cappottino di lana bianca e mi feci coraggio.

Salii le scalette del gazebo e, sentendo i miei passi, la figura si girò. Ethan mi fissò con i suoi occhi verde giada e accennò un sorriso.

"Pensavo non saresti venuta."

"Le signorine beneducate accettano sempre gli inviti, dovresti saperlo. Perché mi hai fatto venire fin qui?"

"Ah, ma tu non sei una signorina beneducata... no, tu sei solo una piccola ribelle che non sa proprio stare al suo posto. E poi te l'ho detto prima, devo darti il mio regalo."

"E non potevi darmelo prima insieme agli altri invitati? Non capisco perché tu voglia sempre sentirti speciale... non sei diverso da tutti noi." Dissi incrociando le braccia.

Ethan rise sotto i baffi e non potei non notare quanto fosse carino. Datti un contegno Stewart.

"Certo che non sono diverso, Alexandra. Sono solo un paio di ranghi sopra di voi. E comunque, il mio non è un regalo che può essere visto da tutti. Se te lo avessi dato in sala, avrebbe di certo suscitato un certo scalpore." Mi si avvicinò di qualche passo e io di riflesso arretrai.

"Di che si tratta?"

"Sei curiosa, piccola Alexandra?" La sua voce si era abbassata ed era diventata più seducente.

Mi si era seccata la bocca e sentivo un peso all'altezza dello stomaco. Non riuscivo a capire cos'era. Ethan si avvicinò ancora di più e io arretrai fino a sbattere contro la colonna del gazebo.

"Non scappare via, passerotto. Non mordo mica." Disse sollevando un angolo della bocca.

Io non riuscii a replicare, né tanto meno a muovermi. Si avvicinò fino a trovarsi a pochi centimetri da me. Poggiò una mano a lato della mia testa e l'altra sulla mia guancia, accarezzandomi delicatamente.

"Respira, piccola Alexandra, respira."

Avevo smesso di respirare? Non me ne ero accorta. Ero impietrita. Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò: "Buon compleanno, passerotto." E senza che me ne accorgessi le sue labbra furono sulle mie.

All'inizio fu delicato, poi piano piano iniziò a spingere e a passarmi la lingua sul labbro inferiore come a chiedermi il permesso. Il suo profumo era davvero inebriante e mi riempì le narici. Senza rendermene conto chiusi gli occhi e schiusi le labbra. La sua lingua entrò nella mia bocca e iniziò a giocare con la mia. Un gemito mi sfuggì dalle labbra ed Ethan spostò la sua mano sul mio fianco e mi strinse a sé.

Quel gesto mi riportò bruscamente alla realtà. Spalancai gli occhi e con le mani lo spinsi via. Ansimavo e stavo sicuramente arrossendo. Mi toccai le labbra con le dita e guardai Ethan negli occhi. Si stava passando la lingua sulle labbra e sorrideva. Era più un ghigno. Non ci vidi più.

"Ma che diavolo credevi di fare? Chi ti ha dato il permesso di baciarmi?"

"Ehi, non è mica la fine del mondo. E poi è stato sicuramente il bacio più bello che avresti mai potuto ricevere a quattordici anni. Dovresti ringraziarmi. Potrai dire in giro di aver baciato un bell'imbusto di diciotto anni."

"Ma sei impazzito? Sei solo un brutto arrogante, non ne avevi il diritto." Sentivo le lacrime pungermi gli occhi. Era stato il mio primo bacio dannazione. E lo avevo dato ad uno scarafaggio. Ma che mi era passato per la testa?

"A me non sembra che ti sia dispiaciuto, da come ti sei inarcata per me... vorresti riprovare?" Fece per riavvicinarsi.

"No, nemmeno morta. Non voglio avere niente a che fare con uno scarafaggio come te, che si approfitta delle ragazzine come me." Stavo combattendo per non fa scendere le lacrime. Fortunatamente era piuttosto buio.

"Volevo solo divertirmi un po'. E poi diciamocelo non sei proprio il mio tipo. Sei troppo piccola, non hai nemmeno il seno. Io passo il mio tempo con donne mature."

Mi stava anche prendendo in giro, lo scarafaggio. Ne avevo abbastanza e scoppiai in lacrime.

"Non credere. Nemmeno tu sei il mio tipo. Sei troppo stupido e hai solo un bel faccino. Ti ho sempre detestato e sempre ti detesterò. Non vedo l'ora che tu te ne vada da scuola così potrò stare finalmente in pace e potrò non vederti più. Sei l'essere più disgustoso che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare. Ti sei preso il mio primo bacio e non era tuo diritto. Non ti apparteneva. Non voglio più vederti." E mi scappò un singhiozzo. Nell'udire quel suono il sorriso di Ethan si spense e la sua espressione da ironica si trasformò in sgomenta.

"Io, Alexan..."

"No, non dire una parola. Hai detto e fatto abbastanza... me ne torno in casa. Non voglio vederti mai più. Fai come se non esistessi."

Detto questo scappai di corsa e all'uscita del roseto trovai l'abbraccio confortevole di Mary.

"Tesoro, cosa ti ha fatto?"

Le raccontai tutto e lei rimase scioccata. Ma non disse niente e si limitò a stringermi per un tempo che mi parve infinito.

Convinsi mio padre a far rimanere Mary a dormire e passammo tutta la notte a immaginare vendette nei confronti di Ethan. Mi sentivo davvero meglio e quando ci addormentammo erano quasi le cinque del mattino.

Ci svegliò Dolores che era venuta a portarci la colazione in camera. Svegliai Mary con una cuscinata e mi guadagnai un'occhiataccia. Ridacchiai e le dissi che c'erano i pancake di Dolores. Bofonchiò un "sei perdonata" e andò in bagno portando con sé coperta e lenzuolo.

Quando tornò venti minuti dopo sembrava essersi ripresa.

"Come stai Lex?"

"Meglio di ieri sera. Grazie per essere rimasta."

"Non dirlo nemmeno. Lo sai che puoi sempre contare su di me. Vorrei averlo avuto davanti ieri sera per prenderlo a schiaffi." Infilzò a forza un pancake e se lo infilò in bocca.

Scoppiai a ridere e non mi fermai più per il resto della giornata.

Alle otto di sera salutai Mary e salii in camera mia. Strinsi il ciondolo che mi aveva regalato mio padre e pensai che alla fine non era successo nulla di grave e che domani sarebbe stato un altro giorno, anche se non avrei mai più avuto a che fare con esseri dell'altro sesso.


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