Mi scuso con tutti voi per aver lasciato la storia così... ma sono ritornata in pista e ne vedremo delle belle! Avevamo lasciato una Alexandra in crisi dopo aver scoperto che si sarebbe dovuta sposare... vediamo che succederà.
Sento una mano che mi stringe una spalla e una voce che chiama il mio nome. La voce però sembra che arrivi da molto lontano. Vedo tutto sfocato e non riesco a distinguere luci e colori. Qualcosa di caldo e bagnato mi percorre il viso; la mia mano si muove da sola e va a togliere le copiose lacrime che scendono dai miei occhi. Sto piangendo e non so da quanto. Mi fanno male le ginocchia perché da quando Ethan se ne è andato sono rimasta lì, immobile in uno stato di paralisi dovuto alle sue parole. Non c'è più nulla che tu possa fare. Mi sposerai e io entrerò nel letto a mio piacimento, ogni volta che avrò voglia di fottermi per bene mia moglie. Ci può stare la storia dello ius primae noctis, ma non pensavo che volesse arrivare a tanto. Addirittura una relazione sessuale stabile... non esiste. Maledizione, perché non può spassarsela con chi gli pare? Anzi, perché mio nonno non si è fatto gli affari suoi? Le mie dita stanno torturando i miei capelli, non riesco a capacitarmi di questa situazione. Sono disperata. E i fiumi di lacrime che scendono ne sono la prova.
Continuo a sentire delle voci, questa volta sembrano agitate. Vorrei dire a chiunque voglia intromettersi nella mia angoscia di andare al diavolo. Vedo dei movimenti indistinti intorno a me, due mani grandi e calde cercano di prendermi le braccia per tirarmi su, ma io le scrollo via e i miei arti si stringono intorno al mio corpo. Mi abbraccio con la speranza di rimettere a posto tutti i frantumi della mia esistenza. Cerco disperatamente un appiglio per non perdere del tutto la ragione, ma, ovviamente, non ci riesco. Avvolta dalla consapevolezza che la mia vita sta andando decisamente a puttane, mi sollevo a fatica. Vacillo perché la mia vista continua ad essere oscurata dal troppo pianto e due mani gentili mi sorreggono stringendo i miei avambracci. Scrolla via anche quelle e capisco che non voglio nessun contatto umano. Ne ho avuto fin troppo stasera. Come un fantasma mi dirigo verso la porta e corridoio dopo corridoio, scalino dopo scalino, riesco ad arrivare davanti alla porta della mia camera. La vista ritorna quasi normale, anche se un po' velata. Forse camminare mi aveva fatto bene. Apro e mi infilo lentamente nel mio rifugio sicuro. Una mano mi blocca la porta. Che palle, lasciatemi in pace. Alzo lo sguardo e i miei occhi si posano su un Jace molto sfocato e, per quello che riesco a distinguere, anche molto preoccupato. Non mi sono resa conto dei passi che mi stavano seguendo. Sto proprio fuori. Jace è fuori di sé e spinge per entrare, ma lo blocco scuotendo la testa. Ho bisogno di stare da sola Jace, questa è una cosa che devo sviscerare per conto mio. Sembra capirlo dal mio sguardo perso anche se io non ho aperto bocca. Il tonfo del pugno che tira al muro mi fa trasalire e, dopo avermi dato un ultimo sguardo, si dirige imbestialito verso la sua stanza. Sospiro e chiudo piano la porta. Per lui è difficile vedermi così, la prima e unica volta che mi ci ha vista è stato al primo anno di università prima che mi ambientassi. Ero chiusa, intrappolata in una mezza forma di mutismo che non mi permetteva di interagire con gli altri e la situazione andava peggiorando a causa della malattia di papà. Jace ha faticato tantissimo per mettermi a mio agio e mi ha aiutato davvero molto. Lui non ce l'ha con me, ne sono più che sicura. Lui c'è l'ha con Ethan e se c'è l'avesse davanti di sicuro lo pesterebbe. Mi sono spogliata e ho lasciato tutti i miei indumenti sparsi tra letto e pavimento. Ho bisogno di togliermi di dosso quel profumo, mi è rimasto nelle narici e ogni respiro è un tormento. Mi scuote dentro e non riesco a spiegarmi perché. Dovrebbe disgustarmi, invece ne vorrei ancora. Il rumore della doccia fa da sottofondo ai miei pensieri, il getto dell'acqua mi bagna capelli e viso, ma non mi insapono, non riesco a muovere le braccia. L'acqua brucia i miei occhi aperti, ma quasi non sento il dolore. Fa più male pensare che ha ragione. Ethan ha ragione. Fidati, tu ti sottometterai perché quest'essere meschino che tu non sopporti ti farà innamorare talmente tanto che saresti capace anche di uccidere per salvarli il culo.
Se solo mi sfiora mille brividi mi percorrono la pelle, è sempre stato così. Il respiro si blocca e il mio cervello va in tilt. Lo stomaco si chiude e la bocca si asciuga. Resterei a fissare per ore quegli smeraldi e accarezzerei all'infinito quei capelli neri. Neri quasi quanto la sua anima, perché lui è solo un bastardo e non smetterà di tormentarmi finché non mi avrà distrutta mentalmente e fisicamente. Sento una fitta al braccio, abbasso lo sguardo e vedo che mi sto stringendo talmente forte che le unghie hanno lasciato dei segni rossi sulla pelle e in alcuni punti esce qualche gocciolina di sangue che l'acqua immediatamente lava via.
Riaffiora in testa il suo naso che mi sfiora la guancia e mi tremano le mani. Mi ha dato delle sensazioni incredibili, ma anche incredibilmente sbagliate. Non può attrarmi così tanto, non posso permettermelo, sarebbe come dargliela vinta. Devo essere forte, ma so già che è una guerra persa in partenza. Come posso resistere se il mio corpo sembra completamente scollegato dalla mia testa? Stasera ha ucciso un altro brandello di ragione. Come può essere capace di mandare in atrofia ogni mio singolo neurone?
Il colpo di grazia l'ha dato quel bacio leggero a fior di labbra. Le mie dita vanno a sfiorare la parte lesa e resto interdetta dalla contrazione che ho allo stomaco. Immagino cosa stia succedendo, ho letto abbastanza nella mia vita da capire che stanno nascendo le famose farfalle che svolazzando ti fanno provare l'amore. Ma non pensavo che potessero fare un casino del genere, di solito le farfalle sono leggere e delicate. Paragonerei il disastro a un Boeing 777 che sta riscaldando i motori e non è ancora partito. Suppongo che domenica prenderà il decollo se non lo fermo prima. Partirò per un viaggio senza ritorno, come il kamikaze che si è schiantato contro la prima Torre a New York. Lo schianto sarà mastodontico. Ethan non sarà mai in grado di prendersi cura del mio cuore. Mia nonna diceva che io ho un cuore di cristallo, bellissimo e fragilissimo. Perché mi offendo e me la prendo per tutto. Non sono abbastanza fredda da non farmelo rompere e per quanto ne so io è già irreparabilmente crinato. Non reggerei l'uragano Ethan. Porterebbe troppo scompiglio nell'equilibrio e nella corazza che mi sono creata.
Probabilmente la mia testardaggine mi rende una preda ancora più succulenta. Il principino non sa affrontare un no, lui è fatto così. Lei sue non sono mai richieste, sono sempre delle affermazioni e degli ordini e se anche chiede è solo una finta perché da per scontato che tu sia d'accordo con lui. Mi esce un sospiro di sconforto. Ha detto che mi sposerà e lo farà. Adesso mi sono chiari tanti comportamenti che non riuscivo a spiegarmi negli anni passati. Uno del suo livello, più grande di me di diversi anni, come poteva anche solo guardarmi? Eppure quando sono entrata alle medie qualcosa in lui era cambiato, mi osservava e mi sentivo sempre sotto esame. Da piccoli giocavamo sempre insieme, visto il rapporto che c'era tra i nostri genitori, e mi ricordo che era un bambino simpatico. Non sempre, ovvio, dal momento che è sempre stato spocchioso. Però qualche volta aveva dei comportamenti che oserei definire dolci. Come quella volta al lago nella sua tenuta in Cornovaglia. Avevo sei anni e lui dieci, i nostri genitori ci avevano detto di non andare in quella zona della riva perché non era stata ancora ripulita. Noi ovviamente non avevamo dato ascolto e io inciampai in un rovo graffiandomi tutta e strappando il mio vestito bianco a fiorellini gialli. Ancora mi ricordo questi dettagli. Ovviamente scoppiai in lacrime e Ethan stava lì a guardarmi impassibile. Lui non piangeva mai. Sento ancora la sua voce da bambino che mi diceva perché piangi? Non ti sei fatta nulla, sei una frignona. Mi ricordo che piansi ancora più forte mentre gli gridavo sei cattivo! Non so se lo fece per pietà, fastidio o affetto, ma si avvicinò a me e accarezzandomi i capelli mi disse tranquilla, non ti sei fatta poi tanto male sono solo dei graffi e il vestito si ricompra. Mi sorrise pure e io smisi di piangere guardando quei grandi occhi verdi. Mi davano sicurezza e con un dito si avvicinò per togliermi le lacrime. Poi mi prese per mano e mi riportò a casa. Mia madre era una furia e stavo per scoppiare a piangere di nuovo, ma Ethan si intromise addossandosi la colpa di tutto. Si prese una sberla dal padre e una lavata di capo allucinante. Io restai a guardare la scena ad occhi sgranati, la sua figura era immobile, i pugni stretti e le labbra in una riga dritta. Gli occhi erano lucidi, ma non scese nemmeno una lacrima. Ricordo che prima di andare a dormire passai in cucina a prendere un cupcake ai mirtilli perché sapevo che era il suo gusto preferito. Corsi per le scale nella mia camicia da notte a piedi scalzi per non fare rumore e trafelata bussai alla porta di Ethan. Lui uscì dopo un po' stropicciandosi gli occhi perché stava dormendo. Mi guardò come a chiedere cosa facessi lì. Gli porsi il dolcetto e gli dissi grazie. Lui lo prese e passava lo sguardo da me al dolce, stupito. Mi alzai in punta di piedi per dargli un bacio sulla guancia e poi scappai via. Il giorno dopo non gli parlai nemmeno.
Penso che i miei problemi siano iniziati da lì. Sto sotto la doccia da non so quanto tempo, mi osservo le mani e effettivamente le mie dita sono diventate bianche e rugose per la troppa acqua ricevuta. Prendo il sapone e mi lavo velocemente, sfregando forte. Poi meccanicamente passo ai capelli, ma gli presto un po' più attenzione visto che non vorrei sembrare una balla di fieno. Spengo l'acqua e un senso di solitudine mi assale. Non mi ero resa conto che mi aveva fatto compagnia mentre ero avvolta dai miei pensieri. Esco e mi avvolgono nell'asciugamano lasciandomi cadere a terra. Mi appoggio al vetro della doccia, stringo gambe in un abbraccio e appoggio il mento sulle ginocchia. Cade qualche ultima lacrima, ma sono piuttosto tranquilla adesso. Forse sono consapevole del fatto che mi sto lanciando nel vuoto senza paracadute e che finirò davvero per innamorarmi perdutamente di quello scarafaggio. Se già non lo sono.
Un trambusto che proviene dalla mia camera mi sveglia dallo stato di catalessi in cui mi trovo; la porta del bagno si apre e appare la faccia visibilmente incazzata di Mery. Si blocca non appena mi vede per terra e subito mi prende le braccia per controllarmi i polsi. Ma davvero pensa che potrei tagliarmi le vene per così poco? Sollevata mi rivolge lo sguardo e mi inchioda con i suoi occhi azzurri.
"Stewart non farmi mai più una cosa del genere. Ci hai fatto prendere un colpo! L'americano qui mi ha chiamato stralunato pensando che ti fossi ammazzata in bagno visto che sono due ore e mezzo che sei chiusa qua dentro."
Aspetta una spiegazione e l'unica cosa che esce dalla mia bocca e un flebile mi dispiace. Il suo sguardo si addolcisce un po' e mi prende il viso tra le mani asciugandomi le lacrime con i pollici. Avevo ricominciato a piangere?
"Tesoro che è successo? Parlami, mi fai preoccupare."
"È stato quel verme a ridurla così, dopo che ha parlato con lui è come entrata in catalessi" sbotta Jace. "Se lo pesco in giro lo ammazzo di botte."
Mi giro a guardarlo e ha lo sguardo scuro. I riccioli biondi gli ricadono sul viso e vedo il ragazzaccio di Detroit finito in riformatorio per rissa a quindici anni. Non posso vederlo così, quindi mi alzò sorretta da Mery e lo abbraccio. Appoggio la guancia al suo petto e gli stringo la maglia sulla schiena. Le sue braccia rigide si sciolgono e mi stringono in un abbraccio forte. Stiamo in silenzio per un po' e inizio dire scusa, scusa, scusa in un sussurro.
"Voglio che mi parli bambolina, non sei da sola. I tuoi amici sono e saranno sempre qui per te. Non isolarti, non serve a nulla."
Lo dice con la voce rotta, ma io non riesco a parlare della tempesta che ho dentro di me. È troppo.
Mery si avvicina e mi guarda, una scintilla le attraversa lo sguardo. Mi ha già vista così. Precisamente otto anni fa. Tocca un braccio ad Ethan e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Lui annuisce e mi lascia andare uscendo silenziosamente dalla stanza. Senza dire nulla Mery mi prende per mano e mi fa sedere sul letto.
"Abbracciami Lexie, come hai fatto l'ultima volta. Senza parlare. Abbracciami tanto forte quanto è grande il disastro che hai dentro di te."
Allarga le braccia e io mi ci fiondo. Bagnandola tutta, la stringo forte per non so quanto tempo, ringraziando quel Dio in cui credo poco per avermi fatto un regalo così grande. Dopo qualche minuto, ora o secolo mi stacco e le sorrido.
"Non puoi immaginare quanto sia bello il tuo sorriso tesoro. Prima o poi me ne parlerai, di quello che ti ha detto Ethan, ma adesso cambiati. Ti portiamo a bere."
La guardo interrogativa e lei scoppia a ridere. La sua è sempre stata una risata contagiosa.
"Otto anni fa bastava un po' di gelato. Adesso abbiamo bisogno di tanta vodka. Più avanza l'età più gli anestetici devono essere forti."
La guardo e scoppio a ridere anche io.
"Hai ragione come sempre Mery."
"Oddio parli! Finalmente! Forza trova un vestito super sexy che stasera si va a fare casino!"
"Ehm, Mery io non ho vestiti super sexy. Non sono il tipo." Mi gratto la nuca imbarazzata.
"Non preoccuparti Stewart, te lo trovo io. Lascia fare a me."
Inizia a rovistare nell'armadio mentre mi asciugo i capelli e dopo un gridolino eccitato tira fuori un abito nero, stretto in vita, dalla gonna morbida e il corpetto in pizzo. Lascia la schiena in parte scoperta perché si allaccia dietro al collo e ha un'apertura a goccia sul seno. È abbastanza spinto come abito e mi pare un po' esagerato, ma Mery è irremovibile. Lei invece si mette un tubino rosso che le arriva al ginocchio. Le dona molto devo dire, si intona bene al suo biondo cenere. Finisco di sistemare i miei ricci, che stasera ricadono morbidi sulla schiena. Il vestito mi sta bene, ma non avevo dubbi, la nostra sarta sa il fatto suo. Mery si occupa anche di truccarmi anche se storco il naso. Ci mette una mezzora buona e penso mi abbia fatto una maschera di carnevale. Quando mi volto verso lo specchio, però resto piacevolmente sorpresa. Non ha esagerato con fondotinta e fard, e gli occhi contornati di matita fino a metà mi donano. Ha abbondato di mascara e le mie ciglia sembrano non finire mai. Il grigio dell'iride risalta molto e ho due occhioni da cerbiatta. La cosa che mi sconcerta è il rosso sangue che brilla sulle mie labbra. Non ho mai usato questa tonalità di rossetto, anzi non ho mai usato rossetti. Al massimo il burrocacao perché a Seattle fa freddo. Però mi piace e sorrido a Mery.
Lei saltella contenta e mi dice che sono adorabile. Vuole obbligarmi a mettere i tacchi ma non ci riesce. Infilo ai piedi degli stivaletti neri di pelle con le borchie e sono pronta per uscire. Lei sbuffa dall'alto dei suoi tacchi neri e io rido. I tacchi sono da abolire per me, non voglio rovinarmi i piedi.
Usciamo dalla camera e Jace ci sta aspettando appoggiato alla parete di fronte. Porta un paio di pantaloni neri eleganti e una camicia bianca sbottonata al collo. Con i piedi incrociati e fasciati dalle scarpe nere eleganti, la mano in tasca e la giaccia messa su una spalla sembra uscito da una rivista. I riccioli ribelli danno il colpo di grazia. Con la coda dell'occhio vedo Mery che si imbambola a guardarlo con la bocca semiaperta. Interessante. Approfondirò la cosa. Faccio il mio sorriso da gatta a Jace e gli dico:
"BigJ fai il modello e non ci dici nulla? La mia amica qui si sta sciogliendo, vedi di abbassare i tuoi livelli di testosterone."
Mery diventa viola e Jace sorride compiaciuto. Ancora più interessante.
"Oddio parla. Hai finito di fingerti muta Stewart?" mi chiede ironico.
"Ho ripreso la parola giusto per mandarti al diavolo."
"Sono contento che sei di nuovo tra noi. Mi sei mancata bambolina." Mi sorride affettuoso e ricambio.
Scrollo Mery che ancora è imbambolata nel suo angolo della vergogna e ci dirigiamo verso i garage. Stasera si esce in limousine.
Forse il mio stato d'animo dipende molto dall'astinenza da alcol. Mi piace bere in compagnia, alleggerisce i pensieri.
Saliamo in macchina e ci guardiamo complici, sapendo che torneremo a casa guardando il sole sorgere.
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Profumo di rose
RomanceVivere nell'oro non è sempre facile e Alexandra lo sa bene. Riuscita a scappare in America da sua madre e dal suo status sociale, dopo quattro anni è costretta a ritornare a Londra a causa della malattia di suo padre che va peggiorando ogni giorno...