Hurricane

Capitolo 3: Beacon High

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Capitolo 3

Hayley
Erano le sette di mattina ed ero appena uscita dalla doccia, lo specchio rifletteva il mio viso pallido e stanco, nonostante avessi dormito per un ammontare di ore più che sufficiente.
Fantastico, facevo invidia ai panda a causa delle occhiaie che mi circondavano gli occhi. Sbuffai rumorosamente e una volta indossata la biancheria cominciai ad asciugare i miei lunghi capelli castani, nonostante detestassi il suono emesso dal phon. La doccia, con mio grande disappunto, non mi aveva svegliata completamente, infatti mi sentivo ancora piuttosto assonnata. Talvolta mi chiedevo come fosse possibile che, nonostante dormissi parecchio, fossi perennemente stanca al punto che più di una volta mio padre mi aveva accusata di soffrire di narcolessia.

Una volta terminato di asciugare i capelli, mi preoccupai del mio viso passando uno strato di matita nera nella rima inferiore dei miei occhi, dopo aver coperto le occhiaie così da non indurre le persone a domandarsi se fossi imparentata con lo zio Fester della famiglia Adams. Mi misi il mascara in modo da mettere in risalto le ciglia che, ad ogni modo, erano già piuttosto lunghe e dopo aver osservato attentamente il mio riflesso nello specchio, uscii dal bagno.
La mia camera d'albergo era ancora immersa nel buio, dato che una volta svegliata non mi ero nemmeno preoccupata di scostare le tende dalla finestra così da permettere alla luce di illuminare la stanza. Sbadigliai rumorosamente ed accesi la luce, il letto era sfatto e ai suo piedi era abbandonata la mia valigia aperta nella quale, per altro, i vestiti erano raffazzonati dato che la sera prima avevo messo a soqquadro l'interno del bagaglio per trovare la trousse che conteneva i miei trucchi e i prodotti per il bagno. Mi avviai verso la valigia e ne estrassi i jeans chiari strappati sulle ginocchia, li indossai saltellando per la stanza e tentando di non perdere l'equilibrio finendo così per cadere al suolo. Una volta allacciato il bottone dei pantaloni, vi abbinai una maglietta nera a maniche corte sulla quale era stampato il logo degli AC/DC ed una felpa bianca.

Sapevo che mio papà, probabilmente, a quell'ora era già a lavoro o che, in ogni caso, vi ci su stava dirigendo quindi decisi di prendere lo zaino all'interno del quale mi ero preoccupata di riporre il necessario per il mio primo giorno di scuola e di uscire dalla stanza.
Durante il tragitto in ascensore verso la hall dell'albergo mi ritrovai a sperare che quella giornata sarebbe andata per il meglio, che sarei stata in grado di mantenere il controllo nel caso in cui qualcuno avesse messo alla prova la mia pazienza e che sarei riuscita a fare amicizia con qualcuno.
Mi sforzai di essere positiva, di allontanare il mio passato e di rinchiuderlo in un angolo remoto e polveroso della mia mente in modo che non potesse tormentarmi quel giorno.

Una volta uscita dal lussuoso hotel in cui alloggiavo, respirai l'aria inquinata di New York e nonostante anche in quella città fossero legati ricordi dolorosi mi sentivo a casa, ed ero felice di non trovarmi più a Los Angeles.
Dopo tanto tempo, mi sentivo finalmente libera. Mi trovavo lì per incominciare una nuova vita e quel mio primo giorno di scuola mi ero ripromessa di non guardare le lettere nere scritte in carattere elegante sul mio polso. Mi ero imposta di impedire al mio tatuaggio di far riaffiorare il passato, in modo che potessi avere un futuro.

La verità era che, finalmente, avevo trovato il coraggio di voltare le spalle ai miei ricordi e di scappare. Invece di chiudere un capitolo della mia vita, mi ero decisa a bruciare l'intero libro, soffermandomi a guardare le fiamme bruciare per poi iniziare a ballare intorno al fuoco.
Speravo vivamente che il passato non avesse la stessa capacità della fenice e che non potesse rinascere dalle proprie ceneri.
Lo speravo con tutta me stessa.