Capitolo 26: I can't stop thinking

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Capitolo 26

Hayley
La domenica mi svegliai a causa dei raggi tiepidi del sole che filtravano dalla finestra e che, con mio grande disappunto, colpivano in pieno il mio viso dormiente. La sera precedente ero talmente sfinita dalla stanchezza da essermi completamente scordata di spostare le tende. Restai qualche minuto ad occhi chiusi, decisa a volermi riaddormentare nonostante la luce mi desse estremamente fastidio, tuttavia, quando realizzai che ormai era una causa persa in partenza, mi decisi ad aprire gli occhi.
La prima cosa che vidi fu la chitarra di Emma poggiata sull'apposito piedistallo nero e mentre osservavo le corde di metallo tese con occhi stanchi, mi ritornarono alla mente le immagini del mio sogno. Mia sorella popolava la mia mente persino nelle ore notturne, era come un fantasma che infestava i miei pensieri; lei era il mio punto fisso.
Posai gli occhi sul bracciale d'argento che mi aveva regalato Scott e osservai il modo in cui il plettro d'acciaio rifletteva la luce calda del sole, mettendo così in evidenza le lettere eleganti che vi erano incise e che componevano il suo nome. Sorrisi nel ripensare all'ammontare di plettri che Emma aveva perduto nel corso degli anni, per poi ritrovarli nei luoghi più disparati: all'interno delle sue all star; sotto i cuscini del divano in salotto e persino nei cassetti delle posate in cucina. Rammentavo ancora le volte in cui spalancava la porta di camera mia spinta dalla frustrazione e dalla rabbia, per poi cominciare ad ispezionare meticolosamente ogni angolo della stanza sotto i miei occhi sbigottiti. Era solita chiedermi dove avessi nascosto i suoi plettri, convinta che fossi proprio io a sottrarglieli; Emma non aveva mai accettato il fatto che fosse sbadata e smemorata tanto quanto lo era nostro padre.
Mi aveva sempre divertita vedere il corpo slanciato di mia sorella correre per ogni stanza della casa alla disperata ricerca di un plettro, in modo da poter suonare la sua chitarra e comporre testi di canzoni che le sentivo cantare fino allo sfinimento.
Sorrisi involontariamente a quel pensiero e chiudendo gli occhi mi sembrò quasi poter risentire la sua voce dolce e melodiosa riempire le pareti della mia camera, mi mancava udire quel suono tanto sublime quanto rilassante.
In quel momento sentii dei passi veloci e pesanti rimbombare a contatto con il pavimento di legno del corridoio, il suono fu successivamente seguito da quello della porta della mia stanza che veniva aperta. Mi rigirai nel letto, in modo da poter vedere chi avesse tanta fretta di svegliarmi e i miei occhi incontrarono quelli celesti e vivaci di Scott. Reggeva nella mano destra una spatola sporca di quello che immaginavo essere impasto dei pancake ed indossava un grembiule bianco macchiato in più punti.

" Buongiorno raggio di sole. Alzati e vieni in cucina, io e Robert abbiamo preparato la colazione " disse, agitando l'utensile che aveva in mano e sorridendomi sommessamente, prima di uscire dalla mia stanza.

Non ebbi nemmeno il tempo di rispondergli, mi lasciò sola nel mio letto con la mente ancora leggermente annebbiata dal sonno. Impiegai un ammontare di tempo piuttosto consistente, prima di trovare le forze di cui necessitavo per alzarmi dal morbido materasso e non appena misi piede nella cucina fui investita dal profumo dolce dei pancake misto a quello forte e deciso del caffè.
Scott era concentrato sulle uova che era intendo a far sfrigolare in padella assieme alcune fette di bacon che cominciavano ad assumere una colorazione scura ed invitante. Mio padre invece era intento a montare la panna, lo sguardo fisso sul recipiente di vetro dinnanzi a lui. Entrambi erano così concentrati su ciò che stavano facendo da non essersi minimamente accorti della mia presenza, così mi sedetti al bancone della cucina e mi presi qualche secondo per osservare le loro figure al lavoro.
Mio padre indossava una maglietta verde prato piuttosto spiegazzata ed un paio di pantaloni della tuta grigi, nell'osservarlo notai che sul suo viso era presente un principio di barba e che la luce del sole faceva luccicare la fede che portava al dito e che non aveva ancora trovato la forza e il coraggio di rimuovere.
Non mi sarebbe dispiaciuto se mio papà si fosse trovato un'altra donna, non ero così egoista da desiderare che passasse il resto della sua vita solo. Desideravo che conoscesse qualcuno in grado di renderlo felice, che lo facesse sorridere e che lo guardasse con lo stesso luccichio negli occhi che aveva mia madre ogni qualvolta posava lo sguardo su di lui. Speravo che presto il destino avrebbe fatto capolino nella vita di mio padre, in modo che lui potesse incontrare un nuovo amore.
Quando spostai la mia attenzione su Scott notai che il ragazzo stava canticchiando sottovoce la canzone che proveniva dal televisore che era impostato su un canale di musica. Il mio migliore amico muoveva la testa e i fianchi seguendo il ritmo e facendo così muovere i suoi capelli scuri che, come ogni mattina, erano spettinati e arruffati.
Ero sempre rimasta piuttosto sbigottita dall'ammontare di energia che possedeva Scott anche dopo una serata passata a bere alcol, lo invidiavo sotto questo punto di vista perché io, solitamente, spendevo la mia giornata post sbornia nel letto in stato comatoso a dormire e a guardare film senza voler neanche lontanamente sentire l'odore di cibo.

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