Chapter Twelve.

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L'areoporto sembra scoppiare, la gente si accalca ovunque per dirigersi verso il proprio terminal, spesso e volentirei urtando altre persone.

Ma nonostante tutto mi piacciono gli areoporti; mi piace l'odore, il rumore, l'atmosfera, la gente che corre di qua e di la con le valigie, felice di partire, felice di tornare.

Mi piace vedere gli abbracci, cogliere la strana commozione dei distacchi e dei ritrovamenti.

Penso davvero che l'areoporto sia il luogo ideale per osservare *

E osservare, è una cosa che ho sempre fatto; fin da quando ero piccola, amavo guardare le persone e immaginarmi la loro storia.

Lo facevo ovunque, al parco, quando viaggiavo con i miei genitori, o anche dal medico. Mi bastava vedere delle persone per poter immaginare. All'inizio  lo facevo solo per combattere la noia, ma poi con il passare degli anni, ho imparato ad apprezzare ogni sfumatura che una persona si porta dietro.

Fortunatamente, non siamo tutti uguali, e ogni persona ha una storia da raccontare, e spesso, lo esprimono con la loro alternatività.

Non è detto che una persona che ama vestirsi con abiti costosi ed eleganti sia snob e con la puzza sotto il naso.

Non è vero che solo perchè un ragazzo è pieno di piercing e tatuaggi allora  è un deliquente senza futuro.

E se a uno piace vestirsi con abiti particolari allora non è strano.

Stanno solo esprimendo loro stessi, in modo che la gente possa capirli.

Ma la società di adesso fa davvero schifo.

La gente giudica a caso, senza conoscere e senza sapere.

"Rosie. Hanno chiamato il suo volo" dice El riportandomi al presente. Quel presente che implica Elise vicino a me.

"Arriverà a momenti" continua e alzo gli occhi al cielo.

"Lo so, El. Rilassati" le dico e vorrei davvero sapere dove diavolo è finito Tom. E' andato a prendersi un caffè mezz'ora fa e non è ancora tornato.

"Oh cielo. Il tuo ragazzo è morto?" le chiedo con un sorriso e lei ridendo mi da una gomitata.

"No, si starà solo preparando spicologicamente"

La fisso allibita senza capire. "Per cosa?"

"Non per cosa. Per chi. Ha paura di conoscere Elise" dice ridendo.

Rido con lei, perchè tutto ciò è altamente assurdo.

E' solo un'adolescente di quindici anni con troppo pepe in bocca. Nulla di più.

Forse, Ariel ha sbagliato a chiedergli di accompagnarci.

"Tutto questo è assurdo"

"Si" dice ancora ridendo "Ma sai anche tu che Elise è una tosta." e io annuisco.

Eccome se lo so.

Spesso le persone si lasciano condizionare dai suoi occhi azzuri e dai filamenti biondi sulla sua testa, che la fanno sembrare fin troppo angelica.

"Allora, dov'è la ragazza" chiede Tom correndo verso di noi tutto trafelato.

"Sta zitto Tom. Mi decocentri dal trovarla" sibilo facendo vagare lo sguardo alla ricerca di mia sorella.

Nonostante si sia scusato più volte per le sue parole, il fastidio per averle pronunciate è rimasto.

Non sono arrabbbiata con lui, ma voglio che soffra almeno un pochino.

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