Chapter Eight

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LEGGETE SOTTO E' IMPORTANTE

Odio gli ospedali.

Ricordo che quando avevo nove anni passavo molto tempo in queste strutture.

Mia nonna aveva comabattuto per anni contro il tumore al cervello, ma purtroppo, questa battaglia l'aveva persa.

In quel periodo la mamma passava tutto il tempo possibile con lei, e non sapendo dove lasciarmi, visto che i nonni paterni vivono in Irlanda, mi portava con se.

Ricordo che quando se ne andò, le stavo facendo un disegno, seduta per terra vicino a una delle tante sedioline di plastica mentre i tacchi di mia madre picchiettavano senza sosta sul pavimento fin troppo lucido.

Un singhiozzo rompe i miei pensieri, e quando abbasso lo sguardo Ariel poggia la sua testa sulla mia spalla.

"Staranno bene Ariel. Ti prego stai tranquilla" la stringo a me cercando di consolarla, nonostante i medici non si decidano ad uscire da quella maledetta porta.

"E se invece dovesse essergli successo qualcosa di grave? Come faccio Rosalie? Non adesso" sibila, la voce troppo spezzata dal pianto per poter avere un tono normale.

Non rispondo ma la stringo il più forte possibile cercando di donarle tutto il mio affetto.

Siamo su queste scomode seggioline da quasi un'ora e nessuno si è degnato di dirci qualcosa.

Appena Ariel ha ricevuto la chiamata dall'ospedale ci siamo precipitate qua, prendendo la metro per poter arrivare il prima possibile.

"Vuoi qualcosa di caldo?" chiedo staccandomi un po' per poterla vedere in faccia.

"No gra-"- "Dov'è? Non mi importa se non ho un cazzo di documento dietro! E' mia sorella la ragazza in quella fottuta stanza!" urla una voce in fondo al corridoio.

Sia io che Ariel ci giriamo di scatto per vedere Matt, che litiga con un'infermiera al punto informazioni del piano.

Dietro di lui, intravedo la chioma bionda di Aaron.

"Ariel tu resta qua, io vado a chiamarli" le dico, alzandomi dalla seggiolina.

Mi stringo nella felpa nera- è stata la prima cosa che ho trovato- quando passo vicino a una finestra aperta.

"Matt" lo chiamo.

Si gira di scatto e mi corre incontro.

"Rosalie! Ti hanno detto qualcosa? E' già uscita? E Tom?" si passa una mano fra i capelli dal nervosismo.

"No non sappiamo nulla. Hanno chiamato l'ultima persona nel registro chiamate di Tom. E comunque non potrebbero dirci nulla. Sai per la privacy"

"Deve essere successo lo stesso. Appena mi hanno telefonato dicendomi che la macchina di Tom aveva avuto un incidente sono corso qua. Solo che una fottuta infermiera non mi vuole far entrare!" urla in modo che la povera donna lo possa sentire.

"Calmo amico." Aaron gli posa una mano sulla spalla, e i suoi occhi oceanici questa volta sono diversi, come se fossero avvolti da una patina, che non lascia traspirare la lucentezza.

"Come posso stare calmo? E'  la mia cazzo di sorella, porca troia!" gli occhi sono lucidi, ma non una lacrima riga la sua guancia.

"Lo so. Ed è anche la mia ragazza, e il ragazzo di Ariel è nella sua stessa situazione. Ma nessuno sta dando di matto. Andiamo a sederci e poi ci chiameranno" dice e lo trascina verso le seggiole.

Resto un momento incantata a fissare il vuoto, per poi seguirli e prendere posto vicino ad El, che almeno ha smesso di piangere.

Mando un messaggio a Camille, Perrie e Meg dicendo quello che è successo e di restare a casa, nel caso le avviseremo noi.

Sto per rispondere a un messaggio di mia madre quando Matt si alza di scatto dalla sedia e va verso il piccolo terrazzo che c'è vicino al bancone informazioni.

"Dovresti seguirlo, sai?" giro la testa verso Aaron, che ha i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa fra le mani.

"Non credo. Avrà bisogno di stare da solo"

"Rose, fidati di me. Lo conosco da sei anni, ed è troppo orgoglioso per chiedere aiuto. Ma adesso ne ha un disperato bisogno"

"Ma Ariel.." cerco di obbiettare qualcosa, mentre gioco con un filo scucito della felpa.

"Ariel dorme. E appena sapremo qualcosa vi verremo a chiamare."

Annuisco e mi alzo per raggiungere la terrazza.

L'orologio a muro segna le 5:45. Fuori è ancora buio e si gela.

Porto me mani nelle tasche e mi avvicno alla figura slanciata che guarda la città illuminata.

Sembra tanto un deja vu.

Solo poche ore fa, ero io quella che guardava Londra dall'alto.

"Matt" sibilo.

Ma lui non si gira. Rimane immobile, perso nei suoi pensieri più profondi.

Ed è quando vedo la sua schiena sobbalzare leggermente  che corro verso di lui abbracciandolo con tutta la forza che ho.

"Non la posso perdere Rosie. Non posso" ricambia la stretta e fa quasi male.

La sua presa è salda mentre nasconde il viso tra i miei capelli, ma nonostante tutto so che non sta piangendo.

"Non la perderai Matt. Te lo prometto"

Non so se posso realmente fare certe promesse, ma in questo momento darei di tutto per assorbire il suo dolore e farlo mio.

Farei di tutto per non vederlo ridotto così.

"E' troppo importante per me scheggia. E' la mia parte migliore" dice staccandosi leggermente.

E contro ogni logica sono io a mettermi a piangere.

Matt ridacchia, portandomi di conseguenza a sorridere con lui, nonostante il viso rigato dalle lacrime.

Mi appoggio al cornicione e cerco di darmi una cazzo di regolata.

"Non piangere, piccola Rosalie"

Si avvicina sempre di più a me, con una lentezza che non fa altro che mandarmi in iperventilazione.

La mia schiena è poggiata al muretto, e adesso il suo corpo è completamente sul mio, sovrastandomi con la sua altezza.

Matt porta le mani sui miei fianchi, attirandomi se possibile ancora più vicino a lui.

Il mio respiro accellera, e il mio stomaco sembra aver preso un biglietto di sola andata per le montagne russe.

Le sue mani salgono sul mio viso togliendo con i pollici le lacrime fresche, e la mia pelle si ricopre di brividi, che di sicuro non sono stati causati dal freddo.

"Non piangere" sussussa prima di chinare la testa e avvicinarla alla mia, facendo scontrare i nostri.

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