::4 skipping stones

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Camminai per quelle camere che ormai conoscevo come le mie tasche e mi fermai di fronte alla porta della stanza. La sua stanza.
Presa dalla paura, strinsi la maniglia più forte, ma decisi di abbassarla e sentire quell'odore di menta che sempre lo accompagnava. Menta e tabacco si alternavano in quel covo di ricordi così importanti per noi due. Ma in quel momento ero sola, con un bambino e voglia di andarlo a cercare fra l'Oceano Atlantico.

Ma lui non c'era più in questo mondo, dovevo incominciare a respirare con i miei polmoni e sentire il cuore battere per qualcun altro che non era lui.

La mia stanchezza era visibile dalle occhiaie che i miei occhi si portavano dietro e l'unica voglia che avevo era stendermi su quel letto a me tanto caro.
Trascinai le due valigie per la camera e le posai sulle sedie che c'erano sotto la scrivania. Mi stesi piano piano, nel mezzo. La sinistra era la sua parte, la mia era la destra. Ed era così straziante sentire che quella parte sarebbe stata vuota per sempre.
Stare in mezzo mi ricordava che c'era stato, ma non sentivo il senso di pienezza che si creava quando lo avevo al mio fianco.
La mia mano si posò gentilmente su quel gonfiore strano mentre lo accarezzavo.

«Ehi piccolo, siamo a casa di papà» sussurrai sorridendo come un'ebete. Dopo risi, dandomi della scema. «Sto parlando con una pancia, non ci posso credere. Non mi può neanche sentire. Sto impazzendo»

Ero sola e mi accorgevo di quanto mi mancasse quella risata così pura. Chiusi gli occhi, ricordandomi di tanti altri momenti, mentre le lacrime scendevano. Ma dovevo rimanere forte, in questo mondo ti schiacciano se ti fai vedere debole e io lo sapevo bene. Ero sempre quella che riusciva ad andare avanti dopo le batoste che prendevo per strada, ma in quel momento niente riusciva a distogliermi da quel dolore. Il mondo girava e io ero ferma in quella posizione rimangiandomi tutti quegli scusa che dovevo ancora dirgli insieme alla notizia del bambino che gli avevo così arduamente nascosto. Mi pentivo di non averglielo detto prima nonostante la paura, lui ci sarebbe stato, ne ero sicura.

Sentivo come se stessi nell'oceano dove lui annegò settimane prima. L'acqua mi sommergeva, fino ad annullare i miei sensi. Le emozioni erano fermate da quel fischio nelle orecchie che era troppo forte. Il mio cervello non rispondeva, così come i miei arti. Cercavo di andare su, salire a galla, ma qualcosa mi tirava verso il fondo e sono sicura che era la sua mano. Non voleva affondare solo, dovevo farlo io con lui.
Il respiro diventava flebile ogni volta, sentivo l'aria venir meno e le mie braccia che si dimenavano.
Tutti i suoni diventarono secondari, solo ascoltavo dei rumori provocati dalla cadute di pietroline, come se una ad una costruissero il muro che volevamo alzare intorno a noi, per rimanere soli e non essere feriti dagli altri.

Una fitta alla pancia mi fece ritornare di nuovo in me. Mi girai più volte, non c'era acqua, nessuna pietra sopra l'altra. Ero nella stessa posizione di prima, da sola. Senza lui.
Mi alzai di scatto quando sentii l'impulso di andare a vomitare. E sentii di cedere la mia anima con quei conati.
Gli effetti secondari della gravidanza si sentirono in quel poco tempo, mentre la mia faccia pallida veniva riflessa nello specchio.
Mi alzai strisciando sui muri, per ritornare in quella camera impregnata di tabacco.
Mi sedetti sulla sedia, poggiando una mano sulla mia fronte e guardando il vuoto in avanti quando un libro catturò la mia attenzione. Era buttato lì senza pudore, con pagine aperte, sottolineate con gli evidenziatori di più colori.

Non capivo di cosa parlasse fin quando non lessi il nome, letteratura tedesca. Corrugai la fronte, non sapendo che il mio fidanzato studiasse quella lingua. Anzi, sapevo che l'odiava, soprattutto quando la parlavo con il mio accento nativo troppo forte.
Il segnalibro era alla pagina centodieci, aperta da caratteri cubitali che citavano la letteratura romantica del tempo. Il termine Sehnsucht era sottolineato più volte e vicino c'era un post-it verde con la sua scrittura pasticciata.

"Il mio Sehnsucht è Skylynn. Non riuscirò mai ad averla come vorrei perché sono troppo codardo da allontanarla"

Arricciai il naso, leggendo la data risalente a quattro anni prima. Non stavamo insieme ancora, lui era sempre così tristemente amareggiato in quei tempi. Sorrisi sapendo che gli interessavo prima che tutto iniziasse.

La parola mi colpii e ricordai vagamente ciò che significava leggendo fra le righe macchiate di giallo.

"Forte desiderio di qualcuno o qualcosa che non si può ottenere".

Alzai lo sguardo, fuori dalla finestra. Gli uccelli volavano, il sole splendeva e io ero spenta, chiusa in una casa piena di ricordi per una sola persona.

E in quel momento realizzai che la mia Sehnsucht era la speranza, quella cosa che non avrei mai più riottenuto indietro. Che mi era stata tolta.

Calum, l'aveva lui, mi promise un per sempre non duraturo, abbiamo camminato su un filo sottile fino a quando è ceduto. Mi accorsi allora che mi stavo accasciando sul fondale insieme a lui e speravo di non svegliarmi di nuovo perché un'altra tempesta stava arrivando e la pioggia non sarebbe riuscita a lavar via quel sentimento di estremo smarrimento nella vita che stavo conducendo.

Sehnsucht »calum.☀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora