0:: in my veins

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Sospirai ancora alzandomi dalla panchina, sistemando il vestito nero con le mie mani minute e pallide. Gli occhi lucidi non mi facevano vedere le ballerine che portavo ai piedi e il gonfiore del mio ventre era quasi invisibile. La treccia che avevo era ancora posata sulle mie spalle, scompigliata. Taylor l'aveva abbellita con qualche margherita, ma ormai erano cascate quando corsi per sedermi perché già sentivo che stavo per crollare.

Il vento asciugava le mie lacrime e il freddo di metà autunno si faceva sentire sempre più spesso.
Inconsapevolmente, la mia mano si poggiò sul rigonfiamento e soffocai un urlo con un singhiozzo. Tirai il cappotto ancora di più verso di me, sentendo sempre più freddo e sapevo che non doveva essere così.
Incolpavo me stessa per tutto, sentivo di non avere altre speranze nella mia vita. Perché lui era andato via per sempre e non sarei riuscita a sopportare tutto quel dolore da sola. 

Camminai per il triste cimitero ricoperto di nebbia, le lapide incise sorgevano una dietro l'altra man mano che camminavo sulla stradina contornata da alberi maestosi.
Quando arrivai verso la sua lapide tutti ormai se ne erano andati. Parenti, amici, tutti quelli che l'avevano acclamato erano scomparsi come il nulla. Era così facile andarsene e voltare pagina, perché per me non lo era? Sentivo l'incessante voglia di scappare, ma perché non lo facevo?
Con il tempo mi sono data una risposta a questa domanda che mi ha tormentata fino alla fine dei miei giorni.
Era perché lo amavo e dimenticare quel sorriso era troppo doloroso per me. 

Due migliori amici non si dovevano amare così tanto come l'avevamo fatto noi, dovevano solo supportarsi nel male e nel bene. Ci impadronimmo di quello che non doveva essere nostro; di un amore sbocciato da lacrime che non dovevamo versare. Eravamo due tornado di emozioni diversi, lui triste e arrabbiato con il mondo e io solamente con tanta voglia di vivere e scoprire ciò che c'era fuori. Dovevo influenzarlo, ma alla fine... Mi influenzò con la sua tristezza perenne. E in quel momento capivo cosa significasse perdere una persona a cui avevi donato la tua vita.
Io e Calum eravamo solo amici, spinti dalla voglia irrefrenabile di salvarci a vicenda. Salvare lui dal baratro e salvare me dal fuoco con cui potevo scottarmi.
Io e lui, nessun altro contava quando eravamo insieme. Avvicinandoci ci rovinammo entrambi, accecati dalla voglia di riemergere e conquistare il mondo con le nostre armi migliori.
Ma a cosa serve combattere da sola quando tutto rema contro di te?

Smisi di provarci quando vidi la sua bara vuota calarsi nella terra per essere seppellita. Perché che mondo era senza di lui? Nessuno che valeva la pena vivere.
Ma io avevo qualcuno dentro di me, qualcuno che ci apparteneva, forse l'unico testimone dell'amore mio e suo che nessuno aveva documentato. Non era un amore degno di favole e neanche di racconti, ma era la nostra storia, l'unica di cui non mi sono mai pentita.
Il petto era in fiamme, scottato dal fuoco che l'amore fra noi due aveva sprigionato. Le mie vene ardevano perchè lui era dentro di esse.
Dovevo andare avanti senza nessuno, perché in questo mondo tutti si salvano da soli.


Sehnsucht »calum.☀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora