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Me ne stavo sul porticato con la tazza di cioccolata calda fra le mani, seduta su una di quelle vecchie sedie a dondolo un po'ammaccate. Aprii gli occhi dopo aver ricordato il vero e proprio inizio della nostra storia d'amore. Avevo paura di come potessi andare avanti senza quell'amore che mi manteneva con i piedi per terra. Mentre ci pensai sentii una fitta alla pancia, seguite da altre, e sorrisi visto che sapevo che erano i calci del bambino ormai cresciuto.

Joy aprì la porta e si appoggiò sull'altra sedia scricchiolante, mettendosi una coperta addosso. Il freddo stava sfumando per cedere il posto alla primavera che tanto adoravo ed erano ormai quasi sei mesi che portavo in grembo una vita a cui ancora dovevo abituarmi. Mi sentivo così fottutamente scoraggiata da tutto quello che avevo intorno e non sapevo fino a quando mi sarei sentita così. Pensavo a un domani e vedevo solo buio che mi circondava. Era tutto troppo confuso.

«Domani ho l'ecografia e si scoprirà il sesso» biascicai. «Ti va di accompagnarmi?»

«Sei sicura?» domandò con le lacrime agli occhi.

«Sei l'unica che mi è rimasta accanto, Joy... Mi ha detto di portare con me un famigliare, ma sai meglio di me che una famiglia non la ho più» trattenni un singhiozzo. «L'unico famigliare sei tu e non mi farei scrupoli a mettere la mano sul fuoco su di te. Mi stai aiutando così tanto.» finii il discorso e mi ritrovai delle braccia che mi circondavano il collo. La mia tazza venne subito appoggiata sul tavolino di vimini e la strinsi ancora più a me, mentre il pancione ci divideva.

«Sei stata importante per Calum e anche per me. Hai tutto quello che ci riamane di lui in te. Non ti lascerò in tutto questo» mi consolò.

Sorrisi e sospirai sentendo un altro calcetto. Joy se ne accorse e mise la sua mano calda sul mio ventre e dopo qualche minuto arrivò alla conclusione che sarebbe stato un maschio. E amavo l'idea di avere qualcuno che giocasse per casa con il suo volto bambinesco e perso nelle favole come lo era suo padre.

«Sai come lo chiamerai?» domandò, prendendo una scatola impacchettata da terra. «Ho fatto un regalo al mio nipotino»

Sorrisi prendendola e scartandola, facendo attenzione a non rompere interamente la scatola. Amavo i regali e quando trovai un completino color bianco come la neve mi venne da piangere. Era così candido al tatto e potevo immaginare già il profumo di mio figlio.

«Non so come chiamarlo, forse quando lo terrò in braccio per la prima volta lo deciderò» sorrisi, asciugando quelle lacrime frutto dell'emozione.

«È ormai tardi, cosa ne dici di andare a dormire? Domani mattina hai la visita e devi essere molto attiva» si preoccupò, dandomi una mano per alzarmi. La presi al volo, facendo cadere la coperta che Joy sistemò meglio sulla sedia. Entrammo e il calore della stufetta accesa mi fece rabbrividire.

Andai nella camera di Calum, prendendo una sua felpa larga e il mio pantalone della tuta. Prima di indossarli mi guardai allo specchio che si trovava sul pilastro della stanza. Il mio ventre schizzava fuori, così strano per qualcuno di così bassa statura. I miei capelli biondi erano disordinati e incorniciavano il mio viso pallido e paffuto. Immaginai Calum che mi stringeva la mano, abbassandosi all'altezza della pancia mentre la baciava e sorrisi. Sarebbe stata una famiglia fantastica e una vita meravigliosa se non fosse stato per l'incidente.
Per scacciare l'immagine, che mi stava portando all'orlo delle lacrime, indossai i miei indumenti, girovagando per la camera scura.

Il suo basso era poggiato lungo sulla scrivania piena di libri, non avevo il coraggio di spostare tutto quello dal suo posto, non riuscivo a vedere quella stanza come la sua senza quel disordine persistente.

Toccai la prima corda, poi la seconda, fino a farle finire tutte sotto il mio tatto. Mi mancava tanto quando mi cantava le canzoni sotto gli alberi del parco. Sbuffando, mi coricai sul letto matrimoniale. E chiudendo gli occhi trovai finalmente il sonno che mi avrebbe fatta riposare finalmente.

Il giorno dopo mi svegliai subito, eccitata per quello che mi aspettava. Vedere di nuovo quella piccola creatura mi metteva a mio agio. L'avrei protetto dal dolore a qualsiasi costo.

Aspettammo quasi un'ora in fila e cercavo di non muovere troppo il piede per non far notare il mio apparente nervosismo. Joy mi guardava tranquilla, cercando di trasmettermi quel sentimento di sicurezza che avevo perso più di quattro mesi fa. Quando ci chiamarono scattai dal posto in cui mi trovavo per entrare dentro quella stanza bianca.

Mi fece stendere sulla barella mentre il gel giaceva sul mio ventre gonfio. Quando vidi il mio bambino grazie al monitor, sorrisi ampiamente. Non capivo come mi potessi sentire così piena solo guardandolo.

Joy pianse tutta la durata dell'ecografia, mentre la ginecologa mi fece sentire il battito ritmico di mio figlio. Mia suocera quasi urlò quando disse che era un maschietto e io risi abbracciandola.

«Grazie, mamma» le sussurrai nell'orecchio. Perché lei per me era questo, qualcuno che mi aveva allevato nel momento del bisogno, che aveva compiuto piccoli passi al mio fianco e che aveva pianto quando anche io lo facevo. Il destino aveva in serbo per me la perdita dei miei veri genitori, ma in Joy ne vidi uno migliore di loro due insieme. Era una persona che ci sarebbe stata per sempre e non ne avevo dubbi.

Lei mi aiutava a camminare durante il buio della mia vita incompleta, era la torcia che usavo per vedere attraverso tutta l'oscurità che mi circondava. Era grazie a lei che ritrovai piano piano quel briciolo di speranza, ma ancora non era abbastanza.

Sehnsucht »calum.☀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora