Capitolo 8

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Il pavimento in parquet scuro della cucina,era tinto di macchie scarlatte di varie dimensioni. Insieme ad esse,c'erano residui di terra ed erba.

Le immagini mi scorrevano velocemente davanti agli occhi.

Dalle bocche dei due uomini provenivano solo lamenti e imprecazioni. Mentre la donna in tuta con uno chignon ingarbugliato e il viso cadaverico, si divideva tra i due armata di asciugamani,cercando di tamponare il flusso di sangue che continuava a zampillare dalle loro ferite.

Il ragazzo dai capelli rossi ormai incrostati di fango,si copriva con un ampia asciugamano la ferita sulla coscia destra. Indossava gli stessi vestiti della festa;solo che la maglia,una volta rossa,era nera e lercia e i jeans non erano da meno.
Il viso precedentemente terso, era un maschera di dolore. Le lacrime che uscivano dagli occhi gonfi e arrossati, lasciavano segni irregolari sulle guance inzaccherate.

Non riuscivo a credere che il ragazzo inerme che avevo difronte era lo stesso Josh adirato di poche ora fá.

Era seduto su una delle sedie in legno,sul fianco del tavolo rettangolare della cucina.
Su di esso,al posto del solito centrotavola in ceramica,c'era  Chris supino che urlava tra uno spasmo e l'altro.

Aveva uno squarcio sul lato sinistro che partiva dalla clavicola fino all'unirsi del collo massiccio.
I capelli erano arruffati con alcune foglioline attorcigliate in essi. Anche lui aveva della melma sicura su tutto il corpo.

Ma a differenza di Josh, i suoi occhi erano asciutti.

Chris era fatto cosí, poteva passare anche le pene dell'inferno,ma mai e poi mai si sarebbe fatto veder piangere. Mai.
Era lí steso, dolorante,con la mamma che gli tamponava il viso con un asciugamano umido. E lei che ripeteva un antico canto della sua vecchia tribú:

"Oh Grande Spirito,
Sfioralo con il Tuo Respiro!
Sfioralo con il Tuo Respiro!
Tu che gli hai donato la vita.
Donagli una lunga vita.
Proteggi i tuoi guerrieri...che il sole e la luna proteggano il loro cammino. Che la terra sia loro amica... "

Io invece ero sulla soglia della cucina, inerte e tremante.

Non sapevo cosa fare ne cosa dire.

Cos'era successo? Perché erano entrambi feriti?
E che diavolo ci facevano qui invece di essere al pronto soccorso?

Dovevo sapere. Dovevo fare qualcosa,quanto meno dare una mano.

Ma quando stavo per avvicinarmi la porta che dava sul retro della casa si spalancó bruscamente,mentre una voce possente ringhiò un -Figlio di puttana! - entrando.

Papá?

Ma che ci faceva qui? Doveva tornare domenica sera..

Mi sporsi per guardarlo meglio.

Portava un giubbotto nero in tinata con il maglione e i jeans,che erano stati strappati,con il fondo infangato come le timberland che portava ai piedi.
Sul viso squadrato,dov'era cresciuta una lieve barbetta, all'altezza dello zigomo sinistro aveva un lungo graffio non molto profondo.
E solo quando ebbe battuto i pugni sul ripiando della cucina,mi accorsi che portava una benda insanguinata alla mano destra.

Battette e ribattette con forza i pugni,ripetendo piú volte tra se e se "maledetto bastardo" .

-Ora basta Convel! Non credo che questo sia il momento adatto per rompermi la cucina! - gli ordinó mia madre impassibile, mentre passava degli asciugamani puliti ai ragazzi che continuavano a lamentarsi.

Mio padre serró la mascella e fece ricadere le braccia sui fianchi, ancora furente.

Basta! Non ne posso piú di questa situazione incasinata, voglio delle spiegazioni e ora!

Lycanthrope - Il segreto del lupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora