Prologo

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Londra, 12 settembre 1844

Dovevo scappare.
Dovevo lasciare la mia vecchia vita e sussurrare al vento la brezza della mia agonia.
Avrei dato tutto per poter dire di essere libera.
Mi ero ripromessa che nessuno mi avrebbe mai più manipolata.
Scesi le lunghe scale di marmo, feci attenzione a non scivolare nel mio vestito nero ricamato con rose di pizzo che risalivano fino al corpetto.
:"Signorina Evans" sentivo in lontananza pronunciare dalla mia balia, proveniente dalle mie stanze.
"Non posso fermarmi" mi dicevo "L' hai sempre aspettata, la fuga".
Appena finii di scendere le scale, corsi verso la porta d' entrata.
Appoggiai delicatamente la mano sinistra, con indosso un guanto di pizzo nero che arrivava fino all' avambraccio avente la fine ricamato con rose bianche, sul pomello della porta.
pensai " Manca poco e tutto quello che hai sempre desiderato si avvererà".
Ma appena provai ad aprire la porta, mi accorsi che era stata chiusa a chiave.
Adesso cosa avrei fatto?.
: "Duchessa, dove siete?" domandò mio padre dal soggiorno.
Non sapevo che cosa fare, se rispondere o nascondermi in qualche stanza aspettando.
: "Arya, vi ho sentita, dove siete?".
Oramai ciò che avevo sempre progettato era stato distrutto in tanti piccoli frammenti, non mi rimaneva altro che rispondere e fare finta che fosse stato solo un sogno spezzato a metà.
: "Sì, padre?" risposi facendo un piccolo inchino.
: "Cosa stavate facendo, forse scappando?" mi chiese con un tono di rimprovero.
Ero ferma, non sapevo che cosa rispondere e tantomeno che cosa inventarmi.
: "Allora, perché siete davanti all' entrata, per caso vi mancava l'aria per via dell' ansia?".
Ecco, questo sì che era un buon pretesto per poter annuire e far credere che non volessi scappare, ma bensì riprendermi dalla snervante oppressione giornaliera.
: " Caro padre, mi avete preceduta, come sempre, perché mi cercavate? È successo qualcosa?"
: "A dir la verità sì, mi stavo chiedendo se voi..." ma fu interrotto e a prendere parola fu la mia balia :"Signorina Evans, la chiamo da dieci minuti orsono, dov' era?".
Lei aveva preso il posto di mia madre, sei anni fa, quando morì.
Mio padre dal quel giorno cambiò, spiegandomi che ora era giunto il momento di crescere.
Non mi disse mai perché avesse perso la vita o se si fosse mai ammalata, accennandomi solo che non era giusto parlare di un discorso così delicato e sofferente.
La mia balia si chiamava Eilì, aveva quasi sessant' anni, ed era colei che mi preparava per le cerimonie, mi insegnava l'educazione e che mi faceva sempre sorridere nei momenti più bui della mia vita.
Avevo sedici anni e oggi avrei festeggiato insieme a tutta l' alta borghesia di Londra, il mio compleanno.
:"Perdonate per la mia noncuranza, ma stavo uscendo per prendere un po' d'aria." Risposi nel modo più gentile che potessi.
: "Ritornando al nostro discorso, vi dovrei parlare di una questione molto importante, mi fareste l' onore di raggiungermi nel mio studio?".
: "Certo, padre".
Doveva iniziare come la giornata dei miei sogni, ma si concluse come la giornata di tutti i giorni.
Lo seguii verso il suo studio.
L' ultima volta che entrai in quella stanza, avevo dieci anni, ed è stato lì che seppi di mia madre.
Quando morì non ci potei credere, ero rimasta senza fiato e l' unica cosa che riuscii a pronunciare fu : "L' unica mia speranza di salvezza, ora è morta".
Mia madre si chiamava Natalie, era bellissima, capelli biondi con due occhi verde smeraldo.
Tutti a Londra la invidiavano, poiché era sempre perfetta.
Io ero il suo opposto, avevo i capelli sul castano scuro e gli occhi azzurro oceano e non era nel mio interesse essere perfetta ogni giorno per essere invidiata da tutti.
Mi ricordo che quando aveva del tempo libero, mi portava nel nostro giardino di casa, mi faceva sedere e mi insegnava a respirare la brezza della natura.
Per me era stata una grande maestra di vita che mi aveva insegnato come affrontare la vita attuale.
Quando arrivai allo studio di mio padre, rimasi in piedi aspettando che lui mi dicesse :"Accomodatevi".
: "Arya, oggi è un giorno speciale e poiché compiete sedici anni, vi volevo dare un piccolo regalo che vostra madre aveva preparato per questo incommensurabile giorno...".
Mi misi le mani davanti alla bocca mentre i miei occhi, diventati oramai lucidi, erano colmi di lacrime.
Vidi mio padre chinare la testa in segno di rispetto.
: " Lo so, non è ancora facile per me parlare di vostra madre, ma vi volevo chiedere se lo potevate aprire quando sarete tornata nelle vostre stanze".
Feci di sì, con un cenno del capo.
Mi porse il regalo di mia madre, lo presi e dissi : "Padre avete finito?Mi posso alzare?".
: "Figlia mia, ancora un attimo, vi prego, visto che sta sera ci sarà il ballo in vostro onore e ci saranno molti ragazzi dell' alta borghesia, mi chiedevo se potevate prendere in questione la faccenda di un futuro marito ..."
: "Ma come vi permettete! Mi date il regalo di mia madre, e poi mi parlate di un mio futuro marito? Oggi dovrebbe essere il mio compleanno, non mi avete fatto nemmeno gli auguri e mi parlate di queste cose? Ho solo sedici anni, e... e non è che come tutte le femmine dell' alta borghesia di Londra, pensa già a maritarsi!" dissi infuriata, alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso l' uscita della porta.
: " Padre, sapete cosa mi chiedo ogni notte da dieci anni? Perché non siete morto voi quella notte?" me ne andai correndo e piangendo, verso le mie stanze.
: "Arya!" continuava a ripetere ad alta voce poiché mi ero rivolta a lui con parole senza ritegno, pudore ed educazione.
Mentre correvo su per le scale e arrivavo nell' ala est della casa, pensai "perché il mondo è così crudele? Che cosa ho fatto per meritarmi questa vita? Non ho fatto niente di male!".
Appena arrivai in camera mia , mi tuffai nel letto a baldacchino.
Mio padre per il mio nono compleanno, me lo regalò, si raccomandò di tenerlo bene e di non saltarci sopra visto che arrivava dall' Italia.
Scoppiai in un lago di lacrime, che tutta la servitù mi sentì.
Come ogni volta che cedevo alla mie brusche emozioni, arrivava Eilì che mi consolava e mi dava parole di conforto.
Si era seduta di fianco a me, mi stava spostando i lunghi capelli color ciliegio da una parte e sistemando la lunga gonna del vestito.
: "Arya che cosa è successo, avete di nuovo litigato con vostro padre? Lo sapete più di me quanto è sciocco..." mi disse con tono materno.
Mi sedetti di fianco a lei e le dissi : "Eilì, questa volta è diverso, mi ha detto che devo scegliere un futuro marito, stasera al ballo".

Il ballo sarebbe iniziato tra pochi minuti, ed io non ero ancora pronta.
La mia balia mi stava mettendo a posto i capelli e allo stesso tempo il vestito.
: "Siete perfetta, duchessa"esclamò.
Sentivo mille chiacchierii al piano di sotto.
Ero emozionata.
: "Un due tre, un due, tre, ve lo ricordate?"
: "Ma certo, mento alto e schiena dritta" dissi.
Oggi compievo sedici anni e come regalo mio padre, mi aveva concesso discegliere un marito!.
Uscii dalle mie stanze, mi diressi verso le scale e con un lento movimento appoggiai delicatamente la mano sinistra sul corrimano della scala.
Contemporaneamente feci un passo, due e tutti si girarono.
Diventai quasi paonazza.
Feci attenzione a non cadere sul vestito.
Tutti mi guardavano e mi sorridevano.
"Arya, sii brava, cauta e molto cortese" mi continuavo a ripetere mentalmente.
Quando finii di scendere le scale mio padre mi porse il braccio per camminare,lo presi e andammo verso il soggiorno di casa nostra.
: "Siete meravigliosa"
: "Vi ringrazio, padre, non mi aspettavo così tanta gente"accennai perplessa.
Un giovane ragazzo, molto grosso di pancia, con capelli rossi e gli occhi marrone nocciola mi prese la mano e cominciò a ballare con me.
Non sapevo come dirgli che non era mio desiderio stare con lui, o quanto meno, con una persona a me non conoscente.
: "Sono Brian, conte della dinastia Jackson, voi dovreste essere..."
:"Arya Evans, giusto?" un ragazzo dai capelli castano chiaro e gli occhi azzurro celeste mi tolse dalle robuste braccia del conte per portarmi vicino a sé e ballare.
Timida risposi : "Sì, e voi chi sareste?" chiesi, quasi intimidita.
: "Jason, proveniente dalla dinastia Withmore" Disse ironicamente.
: "Non so se vi eravate accorta, ma continuava a fissarvi con insistenza, non che io...".
: "Oh, grazie...Jason, almeno mi avete salvata da una lunga conversazione noiosa e snervante".
Si avvicinò al mio orecchio e mi disse:"Vorreste ballare con me?"
: "Non lo stiamo già facendo?".
Era così bello, gentile e cordiale fino ad un certo punto... .
: "Potreste venire un attimo fuori con me?" mi chiese.
Non sapevo se annuire o fare finta di non aver sentito la sua esuberante proposta, poiché uscire in un posto esterno al palazzo con un ragazzo non era molto ligio da parte di una ragazzina.
Ma visto che non mi sembrava una persona brusca e altrettanto malvagia, annuii.
Sperai che nessuno ci notasse.
Ci sedemmo su una piccola sedia di pietre bianche, era buio e le uniche luci che ci permettevano di vederci l' un l' altra era la chiara luna piena che si rifletteva nella riva del fiume di Londra.
: "Duchessa, vi sembrerà una cosa strana, ma mi interesserebbe sapere che cosa vi ha regalato vostra madre per il vostro sedicesimo compleanno"
Cosa?Ma come si permetteva di chiedermi questioni intime e private?.
Non risposi.
: "Vi prego è importante".
: "Ma come vi permettete, prima mi portate fuori e poi mi chiedete del regalo di mia madre, non so chi lei sia, o chi pensa di essere, ma non mi sembra molto opportuno da parte mia e vostra..." risposi stupita.
: "Vede questa è una questione di vita o di morte, è difficile da spiegare"
: "Visto che è una questione di vita o di morte, parlate, PARLATE!".
: "Voi non capireste..."
: "Che cosa non dovrei capire? Comunque non l'ho ancora aperto, aspettavo la mezzanotte"
:"A quell' ora sarà troppo tardi, lo dovete aprire adesso, immediatamente!"
: "E voi chi sareste per impormelo?"
: "Io sono il vostro Guardiano e come è il mio dovere ve lo devo chiedere".
: "Un che cosa?": : "Un Guardiano, la faccenda è molto più complicata di quanto pensassi, con la morte di vostra madre e la forte depressione di vostro padre non avete potuto sapere e quanto meno imparare...dove lo avete posto?".
: "Nelle mie stanze, ma perché è così importante?".
Jason si alzò, gli presi la mano, lui mi guardò e mi aiutò ad alzarmi.
Non sapevo che cosa stesse succedendo, ma sentivo che potevo fidarmi.
Mentre ci incamminavamo per andare verso le mie stanze chiese :"Ora non posso spiegarvelo, ma qualcuno amministra o ha accesso alle vostre stanze?"
: "La mia balia...".
: "Dobbiamo correre!"

L' ultimo Respiro  {Breathed} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora